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 2007  dicembre 19 Mercoledì calendario

Non capisco ma obbedisco. Panorama 19 dicembre 2007. Ogni buon articolo su Anna Finocchiaro dovrebbe cominciare con un inno alle grazie della tizianesca senatrice ds

Non capisco ma obbedisco. Panorama 19 dicembre 2007. Ogni buon articolo su Anna Finocchiaro dovrebbe cominciare con un inno alle grazie della tizianesca senatrice ds. Minimo, dovrebbe dire che Annuzza è da 20 anni (da quanti è in Parlamento) il sogno di ogni uomo del palazzo. Non dovrebbe mancare un cenno al filo di perle che le adorna il collo tornito, agli occhi chiari dietro le lenti sapienti, alla chioma nera e selvaggia ma perfettamente ordinata, alla bocca vermiglia e imperiosa. Insomma, mettere in chiaro dall’inizio che protagonista dell’articolo è una cinquantaduenne con i controfiocchi. Bene, tutto questo il vostro cronista non può farlo perché sarebbe tacciato di maschilismo dalla severa senatrice. Lo ha detto in più occasioni con la sua voce profonda, innervata da lievi inflessioni siciliane. Una di queste dichiarazioni suona così: «Le donne subiscono una delegittimazione preventiva quando i media si soffermano sulla loro bellezza ed eleganza». Dunque, vuole che si parli dei suoi meriti, piuttosto che della sua travolgente muliebrità. Obbedisco, ma non sono d’accordo, poiché le due cose andrebbero benissimo insieme. Finocchiaro è di quelle femministe secondo le quali alle donne in politica sono preclusi i massimi traguardi. Anche se sono migliori, la lobby maschile a un certo punto le blocca. «Il fenomeno» ha detto «si chiama soffitto di cristallo: le donne vedono le cariche più alte, ma un soffitto di cristallo impedisce loro di salire». Annuzza parla per esperienza. Nessuna come lei è stata candidata ai massimi ruoli, perdendo ogni volta il treno. sempre lì lì per fare, ma non fa. Nell’aprile 2006, doveva diventare ministro dell’Interno. L’ha spuntata invece Giuliano Amato, il solito maschio. Il mese dopo, circolava il suo nome come capo dello Stato. «Ci vuole un segno di novità. Magari una donna» aveva bofonchiato Romano Prodi con quella sua aria ispirata che preannuncia il nulla. Così, al Quirinale è andato Giorgio Napolitano, ds pure lui ma con i pantaloni. E fin qui, passi. Ma la mazzata vera Annuzza l’ha presa quando le hanno scippato la segreteria del nascente Partito democratico che credeva di avere in tasca. Battuta sul filo da Walter Veltroni, Finocchiaro è rimasta di peste. Ed è qui che ha dimostrato di essere più vittima di se stessa che della maschia prepotenza, svelando quanta fragilità nasconda il suo cipiglio da valchiria. Annuzza teneva da morire alla leadership del Pd e si era mossa con anticipo. A febbraio, in un’intervista, prefigurava la sua creatura come «il partito delle donne e dei giovani. Con un leader fresco anche dal punto di vista anagrafico. E possibilmente di sesso femminile». Era il suo ritratto: ha femminilità da vendere e, quanto a freschezza, è un balsamo. Dimostra 40 anni, è pronta di lingua e agile di testa. Fece poi l’affondo a Firenze, nel congresso di aprile che sanzionò la confluenza dei Ds nel Pd. Salì sul podio e tenne il discorso della corona, interrotto da 21 applausi. I fassiniani, che non la possono vedere (in primis Anna Serafini, moglie di Piero Fassino), malignarono che gli urrà fossero opera di una claque di Massimo D’Alema, di cui Annuzza è pupilla. In realtà, aveva parlato da dea. «Faremo come Temistocle» disse al microfono memore degli studi classici nel liceo Cutelli di Catania «che affrontò per mare l’armata persiana anziché aspettarne l’arrivo ad Atene». Ossia, usciamo dalla cittadella ds e prendiamo il largo col nuovo Pd. Aggiunse altre cose incantevoli e quando concluse: «Stavolta non siamo incalzati dalla storia, stavolta proviamo a farla noi la storia. Io non ho paura» scoppiò un’ovazione che risuonò da Fiesole all’Arno. Fendendo la folla, D’Alema le andò incontro e le disse: «Tu sei in corsa, io no». Nel criptico linguaggio degli iniziati intendeva: «Non io, ma tu sei la mia candidata alla guida del Pd». Era la consacrazione. Annuzza arrossì e di piacere e perché arrossisce sempre se c’è di mezzo Max. Una volta che il vostro cronista le disse: «Dicono che lei sia amatissima da D’Alema» divenne prima rosa, poi rossa e replicò: «D’Alema non concepisce sentimenti del genere». Guai a chi le tocca Max. Se le fai osservare che è antipatico al cubo, replica secca: « una persona deliziosa». Questo per dire che Annuzza, dopo la benedizione dalemiana, aveva una certezza religiosa che la segreteria del Pd sarebbe stata sua. Fece perciò spallucce quando la compagna Livia Turco osservò acida: «D’accordo su una donna (Annuzza, ndr). Ma non strumentalizzata dagli uomini (D’Alema, ndr)» e si mise in attesa dell’incoronazione. In giugno, l’accordo su Veltroni alla guida del Pd fu raggiunto da Fassino, D’Alema e l’interessato in una manciata di ore. Finocchiaro fu tenuta all’oscuro di tutto. Lei, come il proverbiale giapponese nella giungla, stava impalata alle promesse di Max. Quando si sparse la notizia, Annuzza dichiarò sicura alla Stampa: «Io sono già candidata alla guida del Pd. L’eventuale presenza di Veltroni sarà una delle tante». Poi, colta da un presentimento, corse al partito e le crollò il mondo addosso. Era stata bidonata. L’indomani dichiarò: «Non mi candido più». Si è accucciata all’istante. Non un pugno sul tavolo né uno a D’Alema. L’opposto di quanto nelle stesse ore stava facendo la margheritina Rosy Bindi. Anche lei aveva pressioni per ritirarsi, ma se n’è infischiata, si è candidata alla segreteria Pd e al voto, in ottobre, ha acciuffato il 15 per cento dei voti. In conclusione, non è questione di soffitti di cristallo. Ci sono donne con gli artigli, tipo Bindi. Altre come Finocchiaro, atavicamente prone o, se volete, col comunistico riflesso di soggezione al capo. Nei mesi successivi, l’obbedienza di Annuzza agli ordini di scuderia è degenerata al punto da «prestare» a Veltroni il portavoce, Stefano Sedazzari, per aiutarlo nella campagna elettorale delle primarie. Questa creatura, apparentemente determinata, in realtà sottomessa, è una siciliana di Modica, catanese di adozione. Si è iscritta al Pci a 18 anni e ha seguito le orme del babbo magistrato, facendo per 7 anni il sostituto procuratore. Dall’87 è in Parlamento. Nel ”96, con spintarella dalemiana, è stata ministro delle Pari opportunità. Oggi è capogruppo dell’Ulivo a Palazzo Madama. felicemente sposata col ginecologo Melchiorre Fidelbo, suo primo fan. Fu lui a incoraggiarla a entrare alla Camera nonostante fosse incinta. In sua assenza, ha allevato le loro due figlie. Bella com’è, Annuzza ha dovuto respingere diversi lumaconi. Lo ha fatto con la fermezza che le è mancata con Veltroni. Ha accettato qualche libro dal ds Luciano Violante che l’ha iniziata alla narrativa ebraica. Ha amabilmente parlato di pandette con Gaetano Pecorella, legale del Cav. Li ha avvolti entrambi col fumo delle sue inseparabili Muratti. Se le chiedi se sia tuttora corteggiata risponde civetta ma ferma: «Alla mia età si è roba da amatori. Se inoltre hai raggiunto una certa autorevolezza, il cretino che prima si faceva avanti, ora non si azzarda». Poi, prende l’aereo e torna dal suo Melchiorre. GIANCARLO PERNA