Antonella Baccaro, Corriere della Sera 15/12/2007, 15 dicembre 2007
ARTICOLI SULL’ALITALIA USCITI IL 15/12/2007
CORRIERE DELLA SERA
ANTONELLA BACCARO
ROMA – Il velo è caduto sulle offerte per Alitalia. Trentacinque centesimi quella di Air France- Klm e un centesimo quella di Air One-Intesa Sanpaolo. Queste le due valutazioni, devastanti rispetto alla quotazione di Borsa di circa 80 centesimi per azione, emerse ieri che hanno fatto crollare il titolo a -12,9%, dopo numerose sospensioni.
Intanto il rinvio della scelta del concorrente con cui trattare, decretato da Prodi, induce le cordate a rafforzarsi. In particolare Air France, per dimostrare la non ostilità della sua acquisizione, starebbe pensando di aprire la compagine a un socio italiano, forse una banca. Potrebbe trattarsi di Unicredit che non conferma l’indiscrezione. Intanto il presidente di Confindu-stria, Luca di Montezemolo, che si è schierato per Air One, ha detto di auspicare «che su Alitalia si chiuda quanto prima».
Ieri è stata una delle giornate più drammatiche per Alitalia, apertasi con il dissolvimento, almeno per ora, della cordata «asiatica» facente capo al fondo del finanziere americano George Soros. La prima a smentire un coinvolgimento è stata la compagnia: Singapore Airlines che ha fatto sapere che la Singapore Holdings, di cui parlava il comunicato di Alitalia che ha ammesso l’esistenza della cordata, non esiste perché la compagnia si chiama Singapore Limited. Non solo. Anche i due advisor, Deutsche Bank e lo studio legale Orrick hanno detto che, effettuate le opportune verifiche preliminari, «non sussistono i presupposti e le condizioni » per aderire alla richiesta di consulenza. Sulla vicenda la Consob (organismo di vigilanza sulla Borsa) ha deciso di vederci chiaro, mentre si rafforza l’ipotesi che si sia trattato di un caso di «abuso di mercato». La vicenda resta misteriosa.
Ieri il vicepremier Francesco Rutelli ha preso le distanze dalle ricostruzioni che lo vedevano tra i sostenitori della cordata. D’altra parte ha ribadito la distanza dalle due cordate, affermando che «la nazionalità dell’offerta» non conta perché «l’interesse del Paese e dell’azionista può essere certamente assolto da soggetti non italiani».
L’attenzione generale si è soffermata però sulle offerte dei due maggiori concorrenti che pian piano stanno emergendo. A cominciare dalla parte economica. Air France vorrebbe acquistare Alitalia con 485,344 milioni, mentre Air One la porterebbe via con 13,867 milioni a fronte di una capitalizzazione in Borsa di 1,2 miliardi. Il colpo d’occhio è impressionante. E a nulla vale sapere che Air France starebbe pensando a un aumento di capitale di un miliardo e a circa 6,5 miliardi d’investimenti fino al 2015, di cui il primo da spendere subito in interventi di ristrutturazione (250 milioni per la flotta), mentre altri 450 milioni nel 2008.
Il meccanismo dell’offerta sarebbe differente per i due concorrenti. Air France dovrebbe scambiare azioni con Alitalia: forse una quota verrebbe mantenuta nelle mani di un socio italiano, una banca appunto.
Per Air One si prospetta un’Opa al prezzo indicato, e poi un primo aumento di capitale cash da oltre un miliardo e infine una terza operazione che fonderebbe le due compagnie.
In seguito alle indiscrezioni, Alitalia, su richiesta della Consob, ha precisato che la decisione non terrà conto solo dell’offerta economica ma anche della capacità di risanamento, della risoluzione delle criticità, della generazione di importanti sinergie e dell’entità delle risorse immesse.
CORRIERE DELLA SERA
DANIELE MANCA
Per Alitalia sono arrivate delle mini offerte. Poco importa che la parte economica sia solo un tassello di quelle proposte di acquisto. Quale che sia la loro complessità, le cifre che sono girate ieri e che hanno provocato il crollo in Borsa dei titoli della compagnia sono servite a far fare a molti un bagno di realtà sulle condizioni della società. Un bagno di realtà molto utile. Ma che mostra quanto tempo si sia perso a discutere sulle sorti della compagnia Alitalia. Accogliendo peraltro con fastidio le critiche di chi parlava chiaramente di fallimento per la società. Ieri con quelle mini offerte di Air One e Air France si è alzato il velo: altro che rilancio, quello di Alitalia sarà ormai, se mai si riuscisse a venderla, solo un tardivo quanto difficile salvataggio da un fallimento annunciato.
CORRIERE DELLA SERA
ANTONIO JACCHIA
MILANO – Dopo la missione italiana del presidente Jean-Cyril Spinetta volato a Roma alcuni giorni fa per consolidare l’offerta di Air France-Klm su Alitalia (e ricevere qualche garanzia in più) ora è la volta dell’Eliseo. Il presidente della Repubblica francese Nikolas Sarkozy (foto) potrebbe discutere la proposta presentata dalla compagnia di bandiera per Alitalia con il presidente del Consiglio Romano Prodi la prossima settimana a Roma. lo stesso Sarkozy che da Bruxelles per il vertice dell’Unione Europea, conferma la sua intenzione di incontrare il premier italiano e di mettere sul tavolo anche il nodo della difficile privatizzazione di Alitalia. «Non ne abbiamo parlato ma ci sarà occasione quando sarò a Roma la prossima settimana per rendere visita al Papa», ha spiegato il presidente francese. Sarkozy sarà nella capitale giovedì prossimo dove, in mattinata, sarà ricevuto da Benedetto XVI mentre in serata dovrebbe vedere Prodi a cena. Nella storia di Air France c’è una crisi a lieto fine. Il peggio, per la compagnia francese, risale agli anni Novanta, quando i debiti del vettore si sommavano all’offensiva sindacale e alla chiusura del governo socialista alla privatizzazione. Il predecessore di Spinetta, Christian Blanc, se ne andò sbattendo la porta. Spinetta fece una scommessa che ha vinto. Il matrimonio con Klm, che assicura ad Air France il controllo della nuova holding, significa la nascita della più importante compagnia aerea d’Europa e il primo vettore al mondo per ricavi. In cifre, utili operativi di 1,24 miliardi di euro (+32,5%), utili netti di 891 milioni (-2,4%) e un fatturato di 23 miliardi (+7,6%). I valori emersi dell’offerta di Air France (che detiene già un 2% di Alitalia) per rilevare dal Tesoro il 49% della compagnia italiana parlano di 35 centesimi per azione (per un totale di 485,344 milioni).
CORRIERE DELLA SERA
ENRICO MARRO
ROMA – Le offerte di Air One e AirFrance per Alitalia, un centesimo per azione la prima e 35 centesimi la seconda, sono «agghiaccianti», dice il presidente della commissione Bilancio del Senato, il riformista Enrico Morando (Pd). Ma sono anche la dimostrazione che non c’è altro tempo da perdere. «Queste offerte ci dicono che si valuta che l’azienda sia in una situazione disperata. Vengono al pettine i nodi di anni di gestione irresponsabile e di ricapitalizzazioni inutili. Ora siamo all’epilogo ».
Bisogna fare presto, dice lei. Ma governo e azienda hanno rinviato alla prossima settimana la decisione. Perché non si riesce a chiudere la partita?
«Perché è tornata in campo questa idea della "italianità", che mi ero illuso fosse tramontata dopo le vicende bancarie.
Ma adesso bisogna decidere, scegliendo il piano industriale più forte».
Quale?
«Per quello che si conosce, la proposta di Air France è più consistente, non solo per il valore dell’offerta, ma perché garantisce una solida partnership internazionale. Nel caso di Air One, invece, mi chiedo: una volta che le banche si dovessero ritirare, a chi lascerebbero il campo?»
Eppure la proposta di Air One gode del sostegno sindacale e di uno schieramento politico trasversale che va da An allo stesso Partito democratico.
«Credo che giochi la valutazione dei sindacati e di parte delle forze politiche di poter avere una maggiore presa sulla proprietà, se questa restasse italiana, come nel caso di Air One. Non dimentichiamo che noi siamo il Paese del capitalismo relazionale».
Come giudica il fatto che il Pd sia diviso sul futuro di Alitalia.
«Ci sono opinioni diverse e non ci sono state riunioni per mettere a punto una linea del partito. Ma ora credo che il nostro riferimento debbano essere Prodi e il ministro Padoa-Schioppa ».
Che sono per Air France.
«Ripeto: bisogna valutare il piano industriale ».
I sindacati minacciano lo sciopero sotto Natale.
«Li inviterei a non ripetere l’errore di assumere posizioni corporative, che nel corso degli anni hanno concorso alla crisi di Alitalia».
CORRIERE DELLA SERA
A.BAC.
ROMA – Hanno fatto la voce grossa. Hanno minacciato di lasciare tutti a terra a Natale. Dopo i tassisti, dopo i «padroncini », è toccato ai dipendenti di Alitalia offuscare le feste degli italiani. Ieri i sindacati dei trasporti di Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Sdl hanno deciso di passare alle maniere forti per reclamare una convocazione del governo sulla vicenda Alitalia. Ma l’agitazione è durata lo spazio di una mattinata. Richiamati, all’ordine dalle segreterie confederali, sottovoce, piano piano, gli stessi sindacati sarebbero già tornati sui loro passi.
A lanciare l’attacco alle ferie natalizie è stata la Filt-Cgil, tra i più agguerriti sulla vicenda Alitalia. «Se il governo e il consiglio di amministrazione dell’ Alitalia – ha affermato il segretario nazionale, Mauro Rossi – decideranno unilateralmente », senza cioè confrontarsi con i sindacati, «saremo costretti a una reazione durissima che non avrà il tempo di rispettare forme, discipline e garanzie di sorta». Le forme e le discipline sono quelle dettate dalla regolamentazione sugli scioperi che, per il periodo più sacro agli italiani, quello natalizio, prevede un divieto assoluto di scioperi dal 18 dicembre al 7 gennaio. Pena multe molto salate.
Il problema è che proprio il 18 dicembre è previsto il consiglio d’amministrazione di Alitalia durante il quale potrebbe essere reso noto il parere degli
adviser sull’offerte di Alitalia. Un parere che pare favorire Air France, il concorrente che i sindacati respingono con tutte le loro forze. Per l’occasione le sigle avevano organizzato un presidio davanti a palazzo Chigi per lunedì prossimo. Ma ieri, di fronte al rinvio deciso da Prodi non del consiglio di Alitalia, ma di qualsiasi decisione del governo, i sindacati hanno perso la testa. «Siamo assolutamente contrari all’ennesimo rinvio», ha detto Rossi: « l’ennesimo errore e l’ennesimo danno per l’azienda e un’altra occasione persa per il rilancio ».
La protesta ha subito fatto molto rumore, arrivando fino nelle segreterie dei sindacati confederali. «Metterci alla pari dei tassisti e dei Tir è fuori discussione » sarebbe stato il ragionamento ai piani alti del sindacato. Immediato l’ordine di richiamare la protesta, minimizzando: «Si sono fatti prendere la mano» è stata la garbata spiegazione. così la protesta è sfumata. Salvo a Fiumicino, dove i precari di Az Airport manifestavano sostenuti dalla Cub, il sindacato di base che ha fatto della battaglia per i lavoratori a termine la propria bandiera.
LA REPUBBLICA
ETTORE LIVINI
MILANO - Il prezzo ma non solo. Il braccio di ferro Air France ed Air One per la mano di Alitalia si sposta a un passo dal traguardo sui contenuti del piano industriale. Fattore che – come ha ribadito ieri la nostra compagnia di bandiera – sarà valutato «con particolare focalizzazione» nella scelta del futuro partner. Il percorso indicato dagli advisor di Maurizio Prato è piuttosto stretto. E sembra ancora una volta disegnare un identikit molto simile a quello di Air France: il futuro padrone di Alitalia, infatti, dovrà «avere risorse adeguate per risanare l´azienda, garantire sinergie con l´integrazione dei network e sviluppare un hub europeo».
A rafforzare la candidatura transalpina sono anche i primi numeri sull´offerta di Parigi, ritoccata nelle ultime ore dopo la rimonta di Air One. Cifre che sembrano allontanare lo spettro di un piano francese tutto lacrime e sangue, anche se la terapia per rimettere in rotta una compagnia che perde più di un milione al giorno non sarà in ogni caso, chiunque vinca, indolore. La partita – al netto del prezzo d´Opa e della solidità patrimoniale dei protagonisti a parte – si giocherà su tre voci: gli investimenti, i tagli agli organici e l´hub.
Gli investimenti. Air France avrebbe messo sul piatto 6,5 miliardi fino al 2015 contro i 4,3 miliardi al 2012 di Air One. I francesi sottoscriverebbero un aumento di capitale da 1 miliardo e investirebbero subito 250 milioni e altri 450 nel 2008. La società guidata da Carlo Toto sottoscriverebbe invece un aumento da 1,5 miliardi valorizzando con ogni probabilità in questa cifra anche le sue opzioni per l´acquisto di Airbus e il conferimento del business. Sul fronte della flotta, Parigi metterebbe a terra 20-25 aerei, i più piccoli e vecchi e girerebbe qualche velivolo a Volare destinata a diventare il low cost di riferimento per Malpensa. Poi sostituirebbe i B767 con i più moderni B777 aggiungendo 8 nuovi aerei a lungo raggio entro il 2015. Air One invece, oltre alle opzioni, aggiungerebbe 4 Airbus A 330 l´anno e entro cinque anni porterebbe a 220 aerei (dai 175 attuali) la flotta Alitalia con 40 mezzi intercontinentali.
I tagli. Air One – soluzione sponsorizzata dai sindacati – ha già annunciato che in caso di vittoria taglierà 2.700 posti in Az Fly e 1.600 in Az servizi. Di questi 2.300 verrebbero gestiti con ammortizzatori sociali. Il progetto transalpino invece, secondo indiscrezioni, sarebbe meno drastico di quanto temuto fino ad oggi. Gli esuberi sarebbero poco più di 2mila nella parte Fly (area in cui entrerebbero anche un migliaio di dipendenti della manutenzione) molti meno della versione originale del piano. Az Servizi verrebbe invece ristrutturata senza sacrifici occupazionali ma cercando partner con cui sviluppare i business, con Alitalia che manterrebbe una partecipazione del 30% circa nelle varie aree di attività.
Il nodo Malpensa. Air One ha promesso che ribilancerà i voli intercontinentali tra Fiumicino e lo scalo milanese, ribadendo però l´intenzione di continuare a considerare Malpensa un hub. Air France invece avrebbe presentato un piano strategicamente differente ma che «non penalizza assolutamente Milano», come insistono fonti vicine agli advisor transalpini. Qui – oltre a Volare – verrebbero mantenuti diversi collegamenti internazionali verso Nord America, Far East e America Latina. Mentre verrebbero valorizzate le tratte "business" con una rivisitazione dell´orario tarata sulle esigenze della clientela d´affari più tipica del Nord Italia. Con molti aerei in grado di portare già di prima mattina i passeggeri dalla Lombardia ai principali centri finanziari europei e altrettanti, in serata, per il rientro.