Dagospia 14/12/2007, 14 dicembre 2007
1 - SACCA’? IO LO CONOSCO BENE
Da www.gadlerner.it (il blog del bastardo)
’Gad, lavorando con me tu diventerai il nuovo Enzo Biagi. E farò del tuo amico Fabio Fazio il nuovo Pippo Baudo”. Così mi telefonava Agostino Saccà giunto da poco a Raiuno, dalla quale mi ero allontanato dopo una buona stagione di ”Pinocchio”. Feci fuoco e fiamme col direttore generale Celli perché le quattro serate settimanali della nuova edizione venissero trasferite nella Raidue di Carlo Freccero.
L’impulsività è sempre stata un mio difetto. Con il senno di poi, spalancai così un’autostrada a ”Porta a porta” che aveva solo un anno e l’azienda voleva ridimensionare. Ma il modo di fare ammiccante di Saccà, notoriamente messo lì dal centrodestra, e però in grado di esibire rapporti privilegiati con l’ambiente dalemiano, mi convinse definitivamente a girare al largo da una Raiuno sempre più centro di potere spregiudicato e trasversale. Pure Fazio preferì evitare la protezione di Saccà.
Saccà non è un manager formatosi direttamente alla scuola berlusconiana come Alessio Gorla o la più modesta Deborah Bergamini. E’ un navigatore stile Prima repubblica che a un certo punto ha trovato nel berlusconismo il riferimento politico-affaristico per fare carriera. Quando poi la carriera ha subito degli intoppi, è più che ovvio che abbia cercato una compensazione economica di quel suo allineamento.
Conosco più di un produttore di contenuti televisivi avvicinato da Saccà negli ultimi tempi per coinvolgerlo nel suo calabrese progetto Pegasus. Voleva mettersi in proprio, magari millantando una partecipazione Rai, di certo esibendo il coinvolgimento delle aziende di Berlusconi, e così rafforzando per via clientelare il suo potere in Calabria.
Gli sarà piaciuto da morire fare il ”consigliori” del Cavaliere nei suoi tentativi di portare da sinistra a destra qualche senatore di sua conoscenza. E come strizzatina d’occhio fra uomini, pure la raccomandazione di questa o quella ”starlette”: codice maschilista in vigore da sempre alla Rai, come denunciai dimettendomi dal Tg1 sette anni fa.
Non occorreva l’inchiesta di Napoli per sapere che genere di manager fosse Saccà, e starne alla larga. Il guaio della Rai è purtroppo che simili personaggi sono circondati da un’aura di potere, ti danno l’idea che con loro potrai lavorare, fare soldi, godere di protezioni trasversali. Per questo, ora che Saccà è indagato e si analizzano pure i suoi conti in Svizzera, prevale nel palazzo romano l’atteggiamento cinico: ma che c’è di nuovo? Bazzecole, così fan tutti…
Assuefatti all’intrallazzo, molti non sanno più riconoscere il limite violato della legalità.
Claudio Velardi
© Foto U.Pizzi
2 - SACCA’ STORY, DAY BY DAY
Sarà stato solo una ”gomma bucata”, Claudio Petruccioli dixit. Ma come copertone valeva almeno quanto uno stock completo di pneumatici Bridgestone da Formula Uno. Agostino Saccà è stato per almeno un decennio tra i più potenti dirigenti Rai, spigliatamente passato da sinistra a destra senza che si muovesse foglia. Direttore di RaiUno in epoca dalemiana (1998 -2000 ) e in epoca berlusconiana (2001 -2002 ), viene promosso da Silvio gran capo di Viale Mazzini il 14 marzo 2002 con la nomina a direttore generale. Tre giorni prima, in una memorabile intervista a Maria Volpe sul Corriere della Sera, titolata ”La direzione generale Rai è il mio sogno”, aveva candidamente dichiarato: ”Voto Forza Italia. Io e tutta la mia famiglia votiamo Forza Italia, ma questo è un fatto privato”.
Fu infatti Saccà, da direttore generale, a far arrivare Deborah Bergamini al Marketing Strategico, nel luglio 2002. Il 1 ottobre 2002 il buon Agostino si trovò a parlare in audizione parlamentare e non mancò di rivelare agli increduli onorevoli presenti lo stipendio di Santoro, zero su zero. Ma il suo di stipendio, pure richiesto, dimenticò di rivelarlo. Sempre a ottobre di quell’anno censurò l’ultima puntata di Blob dedicata interamente a Berlusconi (’per non avvantaggiarlo”).
Tra novembre e dicembre dovette fronteggiare i casi di Alda D’Eusanio e della (sfiorata) ospitata di Monica Lewinsky a Domenica In. A febbraio del 2003 ci fu la baraonda del festival e del dopofestival di Sanremo, con i pesanti scazzi con Pippo Baudo per la presenza della favolosa anatra muta Michelle Bonev, che per l’allora dg era praticamente una figlia (come avrebbe detto Baldapadre…).
Scriveva Marco Molendini sul Messaggero del 7 marzo 2003: ”Pippo, nel quotidiano confronto con la stampa, ha ostentato serenità, ha scherzato («se potessi truccare l’Auditel lo farei») poi ha finito per togliersi qualche dente. Ha fatto giustizia della maldigerita presenza al Dopofestival della "rivelazione" bulgara, Michelle Bonev, arrivata fino alla Commissione di vigilanza e accompagnata da richieste di sostituzione: «In quella sede il direttore generale spiegherà le ragioni e i motivi della sua presenza. una vicenda che, indubbiamente, ha suscitato delle perplessità di natura artistica anche in me, ma che non è uno scandalo così clamoroso»”. Come se non bastassero gli strali di Pippo, ci fu il giallo del contratto della Bonev, sparito in qualche cassaforte di Viale Mazzini. (E l’ultimo exploit della rumena insaccata è una fiction che aspetta da mesi di essere mandata in onda da Del Nox).
Il 22 aprile 2003 il buon Agostino viene spostato di casella. Basta stare in prima linea con la direzione generale, gli viene affidata la presidenza di Rai Fiction, la vera cassaforte di Viale Mazzini (per il 2006, la produzione raggiunge i 286 milioni e 969.850 euro, quasi 600 miliardi di lire). E lui nel nuovo incarico si adatta subito. Vanta contratti con produttori di tutte le aree: Barbareschi, Velardi, Bernabei (Minoli’s family), Di Lorenzo…
Ecco cosa scriveva Denise Pardo sull’Espresso del 19 marzo 2006: ”Nella classifica delle dieci società con i contratti più alti entrano quest’anno tre nuovi soggetti. C’è la Casanova che si porta a casa ben 15 milioni e 900 mila euro per ’Nebbie e delitti 2’ (7 milioni e 800 mila euro), ’Zodiac’(5 milioni 500 mila) e ’Percorsi’ (2 milioni e 600 mila). Presente nel piano 2005 con una sola produzione (’Giorni da leone’ 5 milioni circa), Casanova ha un socio unico ed è Luca Barbareschi, icona-rubacuori tv vicino ad Alleanza nazionale.
Luca Barbareschi
© Foto U.Pizzi
Ha scalzato la LDM nelle grazie del secondo partito della Casa delle Libertà con cui Agostino Saccà ha sempre flirtato, pur essendo elettore lui e i suoi cari di Forza Italia (così almeno nel 2001, quando era in predicato per la direzione generale), amico di Piersilvio Berlusconi e di casa a Mediaset. Alla LDM, società di Piero Di Lorenzo, lobbista di successo passato al business della fiction, Saccà voleva firmare, tempo fa, un contratto quadro di parecchi milioni, ma fu bloccato dal cda.
Di Lorenzo si può consolare. Nel 2005 ha avuto per ’Butta la luna’ 9 milioni e 780 mila euro e nel 2006 con ’ Il capitano 2’ incasserà altri 9 milioni e 200 mila euro. Così per gli amici del centro-destra. Ma un occhio di riguardo anche per gli altri, come l’ex spin doctor dalemiano e ora lobbista-editore - anche lui buon amico del salomonico Agostino - con un contratto firmato nel 2005, in predicato di andare in onda nell’autunno 2006.
Sulle scene del fiction-biz con ’Raccontami’, fa il suo debutto Claudio Velardi e la società ’Paypermoon’: 13 puntate, 11 milioni e 500 mila euro. Il boccone più grosso va alla Grundy del gruppo tedesco Bertelsmann guidata da Roberto Sessa - cinquanta milioni di euro - che produce da anni ’Un posto al sole’ l’apripista delle soap voluto da Giovanni Minoli (oltre 600 puntate nel 2006) e ’La squadra 8’ (26 puntate, costo 14 milioni e 158 mila euro). Ventiquattro milioni alla soap-melò ’Incantesimo’ da 60 episodi. Dodici milioni e 900 mila euro per ’Orgoglio 4’ della Titanus e 14 milioni e 300 mila alla Publispei di Carlo Bixio di cui 13 per il ’Medico in famiglia’.
E poi 24 milioni e 400 mila euro alla Lux di Ettore Bernabei, ex direttore generale Rai, amato in Vaticano, esponente del Grande Centro ombra, e dei figli Matilde e Luca, per ’Don Matteo 6’ (13 milioni e 900 mila euro), ’Chiara e Francesco’ (5 milioni e 170 mila) e ’Imperium’ (5 milioni e 170 mila)”.
Le trattative di ”core de papà” Saccà con la politica sono all’ordine del giorno. Come confermano le intercettazioni emerse nelle indagini a carico di Salvo Sottile, l’ex portavoce di Gianfranco Fini. Ecco uno stralcio dal Corriere della Sera del 22 giugno 2006:
Il pm contesta a Sottile un «favore» ricevuto dal direttore di Raifiction, Agostino Saccà per un suo amico «Enrico» («forse il produttore Enrico Pinocci»). Eccolo.
L’impegno di Saccà di valutare una proposta di Enrico è del 14 marzo 2005 alle 11.48.
Agostino Saccà
© Foto U.Pizzi
Sottile: «La cosa che... scusami Agostino, che mi interessa è che tu mantenga l’impegno con Enrico per una cosa. Fagliela fare. Una».
Saccà: «Si, sì, sì, sì ma lui».
Sottile: «Una».
Saccà: «Mi è piaciuto lui (...). Adesso stanno valutando le cose che mi ha portato». Sottile: «Eh».
Saccà: «Ancora non mi hanno fatto sapere nulla. Hai fatto bene a ricordarmelo. Perché sollecito la risposta delle valutazioni che mi sembrava anche come prima analisi buona, capito?».
Sottile «Eh, eh».
La promessa mantenuta si scopre il 21 aprile 2005. Con una sorpresa:
Sottile: «(...) Una cosa buona te la dico io».
Enrico: «Ah, mi fa’ piacere!».
Sottile: «Che... ho parlato col nostro amico».
Enrico: «Sì».
Saccà: «Sono andato a colazione e mi ha detto che... dice "no, guarda, siccome ti ho promesso lo cosa... la cosa la faccio! Stai tranquillo e siccome m... non è che ho margini per fare cose nuove in più».
Enrico: «Sì».
Salvatore Sottile con Antonio Marano
© Foto U.Pizzi
Sottile: «Allora, la tolgo... tolgo la cosa che doveva fare uno e la faccio fare a lui».
Enrico. «Eh, eh (ride)».
Sottile: «Senza che lo sappia naturalmente».
Enrico: «Perfetto».
Sottile: «E poi a chi gliela togli? "A quello che ha parlato male, no?" Ah, ah (risata), quello ce ne ha pure troppe...».
Enrico: «Perfetto! Ah ah (risata)».
Sottile. «Vedi, vedi, mentre tu stai a divertirti maiale schifoso».
Enrico: «(...) no ti giuro... mi ha scombinato Barbara oggi vaff... mi ha chiamato la D’Urso...»
Ma il vero marchio di fabbrica indelebile per il buon Agostino Saccà è la cacciata di Biagi e Santoro, dopo l’editto bulgaro di Berlusconi a Sofia. Ecco come concludeva Marco Travaglio un scambio di epistole con ”core de papà – Saccà il 14 luglio 2006: ”dal 2002, quando il dottor Saccà sentì l’esigenza di dichiarare al Corriere che lui votava Forza Italia con tutta la sua famiglia alla vigilia della sua nomina a direttore generale della Rai, e quando cancellò dai palinsesti ”Il fatto’ di Enzo Biagi e ”Sciuscià’ di Michele Santoro all’indomani del diktat bulgaro, non vedo l’ora che il mio canone non concorra più a stipendiare il dottor Saccà”.