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 2007  dicembre 13 Giovedì calendario

Sardo come un pilastro. Panorama 13 dicembre 2007. Oltre allo Spirito santo che lo ispira e a Gianni Letta che lo consiglia, Silvio Berlusconi ha in Beppe Pisanu il terzo pilastro della saggezza

Sardo come un pilastro. Panorama 13 dicembre 2007. Oltre allo Spirito santo che lo ispira e a Gianni Letta che lo consiglia, Silvio Berlusconi ha in Beppe Pisanu il terzo pilastro della saggezza. Pur essendo di 3 mesi più giovane, il settantenne Beppe è una specie di fratello maggiore del Cavaliere. "Sono un suo grande amico" ripete spesso. "Ma il più grosso regalo che possa fargli è una critica". Beppe ci tiene a non passare per uno yesman del Berlusca. Non è tra quelli che gli stanno attorno col sorriso ebete, né si sdilinquisce ogni volta che apre bocca. Si sa, per esempio, che non ha gradito la nascita precipitosa del Partito della libertà. Da democristiano di vecchia scuola avrebbe preferito meditate riflessioni e lunghi conciliaboli con gli alleati. Il Cav. lo ha spiazzato, c’è rimasto male, ma non ha detto una parola. Intanto, cerca di ricucire la Cdl che si è spaccata. Telefona a Gianfranco Fini col quale ha un feeling dai tempi del governo Berlusconi quando (lui al Viminale, l’altro alla Farnesina) si consultavano di continuo su terrorismo, immigrazione e compagnia. Con altrettanta discrezione, Beppe si fa vivo con quelli dell’Udc casiniana. In tutto questo, non c’è ombra di fronda né di polemica. Tanto è vero che, da quel democristianone che è, asseconda anche il nuovo corso berlusconiano. Così qualche giorno fa ha presentato un libro sul settennato di Carlo Azeglio Ciampi insieme a Walter Veltroni col quale ha amabilmente cinguettato spianando la strada alle future intese. Pisanu è un tipo così. Non ama gli strappi e adora conciliare gli opposti. A 30 anni era pappa e ciccia con i comunisti. A 60, da capogruppo di FI a Montecitorio, era il migliore alleato del presidente ds della Camera, Luciano Violante. Quando fu ministro dell’Interno dal 2002 al 2006, si comportò come un Buddha super partes. Fece il possibile per distinguersi dal predecessore Claudio Scajola e farsi benvolere dall’opposizione. Creò la consulta islamica e la cooptò al Viminale. La sinistra apprezzò. Al punto che, vinte le elezioni del 2006, l’Unione per bocca del suo filosofo, Massimo Cacciari, lo candidò alla presidenza del Senato. Non se ne fece nulla, ma l’attestato resta. Anche dopo Beppe si è tenuto a cavallo tra le due sponde battendosi perfino per i dico cari alla sinistra. Mentre la Chiesa e gran parte della Cdl erano contrarie, lui zitto zitto ha incontrato il cardinale Camillo Ruini. "I tempi sono cambiati, eminenza, e i dico il male minore" gli disse grosso modo. Il porporato rispedì Pisanu da dove veniva, ma la sua fama di moderato conciliatore uscì rafforzata dall’impresa. Beppe è di Ittiri, comune di 10 mila anime a 20 chilometri da Sassari. Dei sardi purosangue ha la taciturnità e l’aspetto nuragico che gli ha procurato il soprannome di Chizzos, cioè Sopracciglione. Mentre studiava agraria nell’università sassarese, vinse un concorso nazionale per il miglior tema sulla nascente Comunità europea. L’idea di un agrimensore dal cervello fino piacque a Francesco Cossiga, di 9 anni più anziano e già politico di qualche rilievo, che gli offrì la segreteria cittadina dei giovani dc. "Non posso. Devo laurearmi, se no i miei mi cacciano" replicò Chizzos con diffidenza rurale verso i perditempo urbani. Ciccio incassò, ma il giorno stesso Beppe fu convocato dal vescovo. "Devi prendere la segreteria dei giovani dc" gli disse il presule. "Ma io…". "Né ma, né se" gli intimò l’altro. Poiché Beppe militava nell’Azione cattolica, quello del porporato suonava come un ordine. Il giovanotto chinò la testa e tornò da Cossiga farfugliando: "Devo accettare la tua proposta, me lo ha comandato". "Il vescovo senza se e senza ma" ridacchiò il volpone. Beppe capì così che era stato Ciccio a organizzare la trappola e si arrese alle spire avvolgenti della democristianità. Terminò alla meglio i suoi studi sulle leguminose e iniziò la nuova carriera. Divenne il braccio destro di Cossiga, leader dei Giovani turchi, nome pomposo che si erano dati quattro gatti sassaresi in ricordo dei seguaci di Kemàl Atatürk. Come costoro avevano combattuto la gerontocrazia ottomana, così i turchi di Sassari si battevano contro Nino Campus, plenipotenziario di Antonio Segni, sultano dc dei luoghi e futuro capo dello Stato. Per tutti gli anni Sessanta, Pisanu si fece le ossa in Sardegna. Teneva comizi e presiedeva banchetti. Divenne noto, ed è tuttora ricordato, perché chiudeva gli uni e gli altri recitando i versi del repertorio vernacolare sardo che conosce a memoria dalla a alla zeta. Nel 1972 fu eletto deputato e si trasferì a Roma. Entrò nel giro della sinistra dc che puntava all’alleanza col Pci e faceva capo ad Aldo Moro. Ebbe la botta della sua carriera nel 1976 con la nomina di Benigno Zaccagnini a segretario del partito. Divenne il capo della sua segreteria in piazza del Gesù e si sistemò nella stanza accanto. Fu il numero uno della Banda dei quattro, più nota come Cricca di Shanghai con riferimento all’entourage di Mao Zedong. Erano costoro i pretoriani di Zac, buon uomo, ma inadatto al ruolo, che lo guidavano a piacere. Il quartetto era formato dal nostro Beppe, il cuneese Guido Bodrato, il bergamasco Luigi Granelli e il bresciano Franco Salvi. In realtà, c’erano anche altri sinistri, come il triestino Corrado Belci. In ogni caso, a cominciare da Zac, erano tutti tristissimi, da spararsi solo a guardarli. Salvi, che indossava addirittura il cilicio, aveva il nomignolo di Crisantemo. Era la cosiddetta "sinistra cipresso" che però i napoletani gavianei chiamavano "chiagni e fotti" per la disinvoltura con cui esercitava il potere. Furono Pisanu e la sua cricca a realizzare il compromesso storico col Pci dopo l’assassinio di Moro. Conclusa la fase sinistrorsa col ritiro di Zac nel 1980, Beppe entrò nei governi di Arnaldo Forlani e Giovanni Spadolini come sottosegretario al Tesoro. Qui, con la vicenda P2 e il crac del Banco Ambrosiano, ebbe la sua più grossa disavventura. Chizzos, per ragioni di sardità, era amico del gran maestro Armando Corona che gli presentò il piduista sardo Flavio Carboni che gli fece conoscere il piduista Roberto Calvi, presidente dell’Ambrosiano. Questo intrico di amicizie fece velo a Beppe. Rispondendo a un’interrogazione in aula sostenne che la banca godeva di ottima salute. Ma, 4 giorni dopo, Calvi fu trovato impiccato a Londra e si scoprì che l’Ambrosiano era un colabrodo. A Beppe non rimase che dimettersi con la coda tra le gambe. Due anni dopo però era di nuovo sottosegretario, stavolta alla Difesa e sempre in quota sinistra dc. Finché nel 1992 ruppe con Ciriaco De Mita che non lo candidò. Fu la sua fortuna. Chizzos trascorse i 2 anni di Tangentopoli come privato cittadino mentre la Dc crollava. Si fece un esame di coscienza e si rigenerò. Così nel ”94, libero del passato, si innamorò del Berlusca. Da allora sono passati 3 lustri e la metamorfosi di Beppe si è estesa ai figli. Due dei suoi tre rampolli fanno politica in Forza Italia. Uno è consigliere comunale di Sassari, l’altro è stato nella segreteria di Sandro Bondi. Sepolta la sinistra cipresso, i Pisanu sono rinati. GIANCARLO PERNA