Gabriele Romagnoli, la Repubblica 14/12/2007, 14 dicembre 2007
«La vita da single è un fenomeno in crescita dappertutto. Si tratta di un processo inarrestabile che sta trasformando profondamente la nostra società»
«La vita da single è un fenomeno in crescita dappertutto. Si tratta di un processo inarrestabile che sta trasformando profondamente la nostra società». Jean-Claude Kaufmann, sociologo della coppia e del quotidiano, studia i single da diversi anni. Al tema ha anche dedicato un brillante saggio intitolato C´era una volta il principe azzurro (Mondatori), un´inchiesta sulle donne che vivono da sole, ma che non smettono di sognare una vita di coppia. «Da quasi cinquant´anni, i single sono in crescita dappertutto. Non si tratta quindi di una tendenza effimera e superficiale, ma di un vero è proprio movimento di fondo, che naturalmente assume caratteristiche specifiche nei singoli paesi», spiega lo studioso francese. «La coppia come modello di riferimento della società sta scomparendo. L´epicentro di questa trasformazione sociale è l´Europa del Nord, probabilmente perché l´autonomia dell´individuo ha sempre avuto un ruolo importante nella tradizione protestante. Senza dimenticare che in quei paesi la qualità dei servizi pubblici ha progressivamente liberato le donne dalle responsabilità familiari». Come spiega il diffondersi di questo fenomeno? «Credo che dipenda innanzitutto dal progressivo diffondersi dell´individualismo. Oggi, ciascuno di noi si colloca al centro della propria esistenza. Decidiamo da soli della nostra vita, costruendoci innanzitutto come individui autonomi. Vogliamo essere noi stessi, liberi e indipendenti, come per altro c´insegna l´educazione che riceviamo. Solo in seguito, dopo essere riusciti ad affermarci in quanto individui, ci poniamo il problema di far entrare gli altri nella nostra vita, ma senza rinunciare a noi stessi, alla nostra libertà, ai nostri ritmi, alle nostre abitudini. Vorremmo qualcuno capace di adattarsi perfettamente a noi, senza rimettere in discussione il nostro universo. Ma la vita di coppia è fatta anche di compromessi, in cui per forza rinunciamo a qualcosa di noi stessi e della nostra identità. I single invece non vogliono rinunciare a nulla». la paura della famiglia tradizionale? «La relazione dei single alla famiglia è molto contraddittoria, dato che essa resta per loro molto importante. Tutti i single sognano di fondare una famiglia, ma senza fare concessioni. Il che evidentemente rende molto difficile l´eventuale realizzazione. La situazione cambia quando ci si pone il problema dei figli, specie per le donne, le quali sono disposte a ridimensionare la loro identità autonoma per diventare madri». Il diffondersi della condizione single è legata al trionfo della società del benessere? «Per vivere da soli, occorre essere economicamente indipendenti. Un secolo fa erano i più poveri a vivere da soli, perché non possedevano i mezzi per fondare una famiglia. Ciò vale ancora oggi per le persone ai margini della società, quelle che non lavorano, non possiedono nulla e vivono in strada. A parte questi casi, però, è vero che i single si ritrovano soprattutto tra i ceti benestanti e con i livelli d´istruzione più alti. Soprattutto le donne, più sono diplomate, più tendono a vivere da sole. Negli ambienti popolari, i giovani non appena hanno un lavoro, provano a fondare una famiglia. Oggi i single sono equamente ripartiti tra uomini e donne. Gli uomini soli sono statisticamente più presenti nelle campagne, le donne invece in città». La progressiva secolarizzazione della società ha favorito il fenomeno? «Ciò ha contato soprattutto nei paesi dell´Europa meridionale, come l´Italia o la Spagna, dove la presenza della cultura religiosa del matrimonio era un freno a questo stile di vita. Come pure va tenuta presente la crisi delle relazioni tra uomini e donne. Gli uomini aspirano a una vita familiare tranquilla e senza conflitti, mentre le donne desiderano una tensione maggiore nella vita di coppia. Domandano agli uomini maggior impegno e coinvolgimento, da qui l´impressione di non riuscire trovare l´uomo all´altezza delle loro aspirazioni. Non a caso molte donne dichiarano di essere single non per una vera e propria scelta, anche se poi magari decidono coscientemente di rimanere in tale condizione, dato che non vogliono ritornare alla vita di coppia a qualsiasi prezzo». I single sono l´espressione di una società dominata dal narcisismo? «La condizione del single è quella di un individuo che continua a immedesimarsi nella giovinezza, una realtà dove l´avvenire appare aperto e ricco di prospettive. Oggi è sempre più difficilmente accettare la fine della giovinezza, soprattutto per gli uomini, che possono rinviare questo delicato momento fino ai cinquant´anni. In questa prospettiva, c´è evidentemente chi diventa prigioniero del proprio narcisismo, crogiolandosi nella condizione dell´eterno adolescente. Per le donne, il momento della resa dei conti arriva prima, tra i trenta e quarant´anni, quando sono costrette a interrogarsi sulle scelte da fare, soprattutto in funzione di una possibile maternità. In quel periodo, le donne sole attraversano una fase piena di contraddizioni, interrogativi e desideri contrapposti». La società si mostra tollerante oppure implicitamente condanna la scelta dei single? «La società si esprime con un doppio discorso. Da un lato, proclama la libertà e la tolleranza, lasciando a ciascuno la libertà di vivere come desidera. Dall´altro però, seppure velatamente, considera i single come persone non del tutto nella norma. Come se in fondo, nonostante tutto, agisse ancora una norma nascosta, quella della vita in coppia, a cui tutti gli individui dovrebbero conformarsi. I single che non rispettano questa norma sono chiamati indirettamente a giustificarsi. Lo vedono ad esempio nello sguardo degli altri, quando sono da soli al cinema o al ristorante. Insomma, subiscono una forte pressione sociale che li spinge e rientrare nella norma e a fondare una coppia. Per questo, vivere da single è anche un battaglia, specie a partire da una certa età».