Claudio Bressani, La Stampa 13/12/2007, 13 dicembre 2007
CLAUDIO BRESSANI
GARLASCO
Tre minuti di funzionamento, dalle 9,36 alle 9,39. Tre minuti durante i quali sarebbe stata eseguita un’unica operazione: l’apertura di un file contenente l’immagine di una donna seminuda. E’ tutta qui l’attività del computer portatile di Alberto Stasi la mattina del 13 agosto, giusto quattro mesi fa, quando è stata uccisa la sua fidanzata Chiara Poggi e quando lui ha detto di essere rimasto a casa a scrivere la sua tesi di laurea in Economia. Queste almeno sono le conclusioni della consulenza tecnica sul notebook del giovane, consegnata ieri mattina dai carabinieri del Ris di Parma al pm di Vigevano Rosa Muscio. Alle 9,39 il portatile sarebbe stato spento, per essere poi riacceso circa mezz’ora più tardi, alle 10,15. Ma da quel momento in memoria non è stata trovata traccia di alcuna operazione fino alle 12,30, quando il pc è stato definitivamente spento. Il file della tesi quel lunedì mattina non sarebbe stato neanche aperto, non risultano salvataggi. Dunque Alberto avrebbe mentito, il suo alibi non regge.
La difesa però si prepara a contestare la validità di questo esame, che non considera «ripetibile», e l’utilizzabilità dei risultati. L’avvocato Angelo Giarda lo va ripetendo da settimane: «Non sappiamo cosa c’è dentro quel pc, aspettiamo di avere in mano la relazione per fare le nostre valutazioni. Bisognerà vedere in che modo e quando sono stati fatti gli accessi, perché ogni volta che si attiva un computer si determina un’alterazione alle registrazioni precedenti». In altre parole una consultazione inappropriata potrebbe aver modificato i dati contenuti in memoria e quindi «bruciato» la prova. Ma da questo punto di vista gli inquirenti sembrano più tranquilli di qualche settimana fa. Nel pc sono state trovate le tracce del lavoro alla tesi svolto la sera prima del delitto: se l’esame avesse cancellato quelle del 13 agosto, lo stesso sarebbe dovuto accadere con quelle meno recenti.
Ma nel computer di Alberto - e nella relazione del capitano del Ris Aldo Mattei - c’è molto più degli orari di accensione e funzionamento. Alla ricerca di spunti per un possibile movente a carico di quello che resta l’unico indagato, è stata passata al setaccio una notevole mole di files, centinaia di foto e filmati, personali e scaricati da internet. I tecnici hanno scandagliato i siti visitati, i messaggi di posta in entrata e in uscita e le conversazioni in chat. Nulla è filtrato sui risultati di questo lavoro, ora a disposizione del pm.
Ieri in Procura è arrivato anche il tenente colonnello Luciano Garofano, comandante del Ris di Parma, che ha consegnato una relazione a propria firma contenente una ricostruzione della dinamica del delitto. L’ufficiale individua tre fasi: la ragazza è stata dapprima aggredita in cucina ed è scappata verso l’atrio, dove è stata raggiunta, gettata a terra e nuovamente colpita alla testa, per essere poi trascinata per i piedi verso il telefono. Qui Chiara è rimasta esanime per alcuni minuti. Quando ha dato segno di riprendersi, il killer l’ha finita e gettata giù dalle scale.
Intanto si è appreso che la scorsa settimana la difesa, con due suoi consulenti, ha effettuato un nuovo sopralluogo nella villetta di via Pascoli. Sono state analizzate le orme di scarpe sporche di sangue lasciate dall’assassino: avrebbero una misura inferiore al 41-43 indicato dall’accusa e dunque non sarebbero di Alberto, che calza il 42.
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