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 2007  dicembre 11 Martedì calendario

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Putin incorona Medvedev. Il Sole 24 Ore 11 dicembre 2007. MOSCA. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha fatto la propria scelta, indicando come successore alla prossima presidenza russa il 42enne Dmitrij Medvedev, primo vicepremier e presidente del colosso Gazprom. Formalmente la candidatura di Dmitrij Medvedev è stata presentata ieri a Putin da un blocco di quattro partiti pro-Cremlino, con a capo Russia Unita, ma le apparenze non hanno ingannato nessuno. «Lo conosco molto da vicino da più di 17 anni - ha detto il presidente - in tutti questi anni abbiamo lavorato fianco a fianco, perciò appoggio pienamente e completamente questa scelta». Il nome è stato fatto, ma la presentazione formale di Medvedev, come candidato unico di Russia Unita, avverrà al congresso del partito il 17 dicembre.
Medvedev non era l’unico in corsa per la successione. Con lui, nella lista dei possibili candidati comparivano anche l’ex ministro della Difesa e attualmente vicepremier, Serghej Ivanov, visto da molti come leader dei "falchi" al vertice del Cremlino. Da qualche tempo si faceva anche il nome del nuovo presidente del Consiglio dei ministri, Serghej Zubkov, un falco che in precedenza aveva gestito la guardia di Finanza.
La scelta di Putin ha fatto tirare un sospiro di sollievo all’opinione pubblica russa, e alla comunità degli affari straniera: per molti osservatori Medvedev è un liberale popolare tra la gente grazie alle proprie competenze per i programmi di sviluppo sociale e umanitario del Paese. Molto positiva è stata la reazione dei mercati: gli indici delle borse Micex e Rts di Mosca sono cresciuti rispettivamente dell’1,68% e dell’1,95%, toccando nel corso delle sessioni di ieri i nuovi massimi storici di 1952,23 punti e di 2333 punti. Il titolo di Gazprom ha guadagnato il 2,68 per cento.
Senza nemmeno aspettare una nomina ufficiale, la Chiesa ortodossa russa ha subito benedetto la scelta di Putin: «In questo periodo difficile - ha detto un portavoce del Patriarca Alessio II - la Russia ha bisogno di un intellettuale che baderà alla rinascita spirituale del Paese». Medvedev è un amico di lunga data di Putin. Dopo essersi laureato nel 1987 nella stessa facoltà di legge dell’Università statale di San Pietroburgo (ex Leningrado), dove si era laureato Putin, Medvedev, prima di trasferirsi a Mosca, ha lavorato come consulente presso il Comitato per le relazioni esterne del municipio, presieduto da Putin.
La nomina di Medvedev ha messo la parola fine a voci e supposizioni su chi sarebbe stato il successore di Putin, generando invece una ridda d’ipotesi sul futuro politico del presidente uscente. Una delle possibilità potrebbe essere legata all’ipotesi di riunificazione tra Russia e Bielorussia - dopodomani Putin si recherà a Minsk dal presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko - con l’elezione di un nuovo Parlamento e di un nuovo presidente. Molti politici, tra cui il leader del Partito comunista Ghennadij Zjuganov, hanno detto ieri che il candidato numero uno per la presidenza russo-bielorussa potrebbe essere Vladimir Putin.
Vladimir Sapozhnikov


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Un amico dell’Occidente. Il Sole 24 Ore 11 dicembre 2007. il volto più presentabile, giovane e filo-occidentale della Russia putiniana. Dmitrij Medvedev candidato al Cremlino nel 2008 è rispettato all’estero e lascia al presidente uscente la gestione degli equilibri di potere interni. Un ambasciatore di Putin per il mondo, all’ombra di Putin per la Russia.
Affidandosi alle grossolane esemplificazioni di metafore estreme, sul Cremlino si poserà una colomba. Avrà le sembianze giovanili di un avvocato nato 42 anni fa a San Pietroburgo, businessman dell’energia e manager della politica. Se non ci saranno nuovi, imprevisti eppure possibili colpi di scena sarà, dunque, Dmitrij Medvedev il successore di Vladimir Putin alla presidenza della Federazione russa. Lo ha impalmato Putin stesso con una mossa che sembra l’ultima, ma non necessariamente è l’ultima. Da qui al 23 dicembre (quando l’elenco dei candidati sarà chiuso) e fino al 2 marzo (giorno delle votazioni) c’è tempo sufficiente per nuove impennate nella saga infinita della Russia che cambia per non cambiare. Ma è improbabile. Le parole di Putin, ieri, sono state precise nel disegnare un’investitura completa e non soltanto un passo in più nel teatrino della politica russa.
Un’investitura che significa molto. Scegliere Dmitrij Medvedev equivale, infatti, a giocare la carta più occidentalista fra quelle sul tavolo. Non solo perché il suo nome vuole dire Gazprom, ovvero la prima impresa del Paese in costante internazionalizzazione, ma per altri due buoni motivi. Dmitrij Medvedev è figlio della Russia, non dell’Unione Sovietica avendo avuto meno di trent’anni quando cadeva il Muro di Berlino; Dmitrij Medvedev non proviene né dal Kgb né dal successivo Fsb, né da qualsiasi altro apparato di sicurezza. il volto più presentabile della Russia putiniana e per questo, ultimamente, le sue quotazioni erano in ribasso. Le trame in pieno svolgimento, dal braccio di ferro fra Nikolaj Patrushev, capo dell’Fsb e il capo dell’antinarcotici Viktor Cherkesov, fino all’arresto del vice ministro delle Finanze Serghej Storchak, passando per la denuncia del finanziere Shvartsman sugli intrighi di Igor Sechin vice capo dell’Amministrazione di Putin, sembravano relegare Medvedev nelle retrovie della corsa per il Cremlino. Un effetto ottico.
 accaduto il contrario e ad agevolarlo crediamo sia stata proprio la violenza delle manovre scatenate in questi mesi dagli apparati dello Stato. Un duello senza esclusione di colpi fra i diversi clan di siloviki - termine che definisce i gruppi legati agli apparati di sicurezza - avrebbe avuto conseguenze profondamente destabilizzanti per la transizione russa e si sarebbe concluso con un vincitore. Con l’emergere, quindi, di un candidato forte per la presidenza. Quello che Vladimir Putin più teme. Per evitarlo c’era una sola cosa da fare: individuare una figura rispettata all’estero e, al tempo stesso, fuori dai giochi interni più delicati. Un ambasciatore di Putin per il mondo, all’ombra di Putin per la Russia. La scelta di Medvedev soddisfa entrambe queste esigenze lasciando al presidente uscente il compito di controllare e gestire gli equilibri interni a rischio di implosione. Ormai, nella Russia di oggi, la sovrapposizione fra incarichi politico-amministrativi e affari è assoluta. Le corporazioni pubbliche fanno capo a centri di potere all’interno del Cremlino e il dominio di una sull’altra spezzerebbe equilibri fragili. Putin lo sa e ne ha visto materializzarsi le conseguenze nelle ultime settimane. Per questo ha agito in relativo anticipo (il "nome" era atteso per il 17 dicembre in occasione di una conferenza ad hoc di Russia Unita) e ha agito con decisione lanciando un segnale in più alla platea interna ed esterna: se un pezzo dello Stato deve affermarsi sugli altri, può essere solo Gazprom.
Al mosaico russo che aveva avuto nella nomina a premier di Viktor Zubkov la prima tessera, nel plebiscito elettorale per Putin il secondo importante passaggio e ha ora in Medveded il profilo del successore, restano almeno tre incognite. Quali politiche adotterà il presidente designato sui grandi temi politici internazionali, dai Balcani, allo Scudo spaziale, fino all’Iran? Quali reazioni scateneranno i perdenti - l’intero entourage dei siloviki a cominciare dall’altro vice premier Serghej Ivanov - per tutelare i propri interessi? Quale ruolo istituzionale Vladimir Putin inventerà per garantirsi il ruolo di Padre della Patria che verrà? Quest’ultimo è l’interrogativo più delicato dell’acrobatico passaggio che divide la Russia e impegna Putin. Dmitrij Medvedev è, come abbiamo visto, candidato affidabile per il presidente uscente, ma anche lui, una volta assiso al Cremlino, sarà solleticato dalla tentazione del potere assoluto. Una sirena che Vladimir Putin conosce molto bene.
Leonardo Maisano