Vanity Fair 20/12/2007, pagina 167., 20 dicembre 2007
La scarpa è servita. Vanity Fair, giovedì 20 dicembre ingresso di Spencer House, una casa del Settecento costruita per un antenato di Lady Diana, è vuoto e freddino, nonostante il camino bruci carbonella a più non posso
La scarpa è servita. Vanity Fair, giovedì 20 dicembre ingresso di Spencer House, una casa del Settecento costruita per un antenato di Lady Diana, è vuoto e freddino, nonostante il camino bruci carbonella a più non posso. Poi, man mano che si procede, un salone dopo l’altro, l’atmosfera si fa calda e accogliente. Quadri importanti alle pareti, tappeti consumati dal tempo per terra, mobili scricchiolanti: tutto è terribilmente inglese e terribilmente decadente. Mai decadente, però, quanto il motivo per cui stasera sono finita qui: partecipare come osservatrice alla riunione del Club Swann, una sorta di circolo itinerante di uomini facoltosi e fissati per le scarpe. Non feticisti di calzature femminili, sarebbe troppo banale. Questi sono maniaci delle loro scarpe. PREZZO BASE 700 EURO Dal 1992, i circa 150 associati del Club Swann si incontrano periodicamente per cenare tutti insieme in un luogo ameno (il debutto fu all’Hotel Crillon a Parigi) e, dopo il dessert, si schierano intorno a una tavola imbandita come per un altro ricevimento, tovaglia di fiandra bianca e ciotole d’argento. Si tolgono le scarpe, infilano un paio di guanti di gomma e cominciano a lucidarle: con appositi prodotti ma anche con qualche goccia di champagne. Non si tratta, va da sé, di scarpe qualsiasi, ma di calzature scandalosamente preziose e, dicono i loro proprietari, comode come pantofole o sneakers. Si chiamano Berluti: se comprate già pronte costano dai 700 euro in su, se realizzate su misura hanno un prezzo base di 3.300 euro e possono richiedere da sei mesi a due anni di attesa. Però, dicono i cultori, possono durare anche cinquant’anni e venir tramandate di padre in figlio. All’origine di tutto c’è un artigiano italiano, Alessandro Berluti, che iniziò a diffondere il verbo della scarpa esclusiva a Parigi, a inizio ”900, nei giorni dell’Esposizione universale. Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti di Parigi e Berluti è diventato, nel 1993, un marchio che fa parte della holding del lusso LVMH. Ma, a tenere salda la tradizione, è la discendente Olga Berluti, una signora sui sessant’anni che ci accoglie alla Spencer House vestita di bianco e paillettes, con un paio di pantofoline rigate di origine libanese ai piedi. Sposata con uno psichiatra canadese, niente figli, conosce bene gli uomini, i suoi raffinati clienti, per i quali è consigliera di moda, medico (pare che le Berluti facciano miracoli contro posture sbagliate e mal di schiena) e consulente sentimental-calzaturiera. Racconta: "Una volta un cliente, che aveva appena divorziato, mi disse: avrei dovuto capire subito che non era la donna per me. Aveva certe scarpe da puttana…". Olga ha una sua teoria rispetto alla differenza tra i sessi: "Per le donne le scarpe sono uno strumento di seduzione, per gli uomini sono un fatto culturale". WARHOL LE VOLEVA COL TACCO Insomma, altro che le Manolo Blahnik idolatrate dalle single sciamannate di Sex & the City! Le Berluti, che oggi contano su tremila clienti abituali, rappresentano qualcosa che trascende la moda, sono pezzi unici di design ad alto contenuto storico. In passato, sono state indossate da uomini come François Truffaut ("abitava di fronte al negozio, a volte veniva persino ad aiutarmi a servire i clienti", racconta Olga), da Yves Saint Laurent, Pablo Picasso e da Andy Warhol, il quale andava a Parigi apposta per farsi fare degli stivaletti con sette centimetri di tacco. Al nonno di Olga, Warhol non piaceva, lo considerava uno "zazou", un buzzurro, racconta la brillante Madame Berluti, che si fa d’improvviso molto meno loquace quando le chiedo se è vero che anche Papa Giovanni Paolo II, a suo tempo, sarebbe stato un cliente. La signora non conferma né smentisce, ma taglia corto e il mistero del Vaticano resta aperto. PARIS HILTON CHI? A parte Olga e poche altre intruse, come me, le donne alla cena di Spencer House sono in netta minoranza. una serata che celebra il portatore sano di testosterone, il dandy con le scarpe di velluto decorate da piume (non delle Berluti, che son tutte in pelle) ma provvisto d’intelletto, l’uomo di potere con un tocco di classe fuori dall’ordinario. Tra i presenti, c’è un Lord ultraottantenne piegato sul bastone e accompagnato da un giovane attendente che somiglia a Eddie Murphy. C’è un trentenne italiano che lavora nella City. Ma ci sono anche: un miliardario del Bangladesh, un businessman che vive negli Emirati, un re degli immobili londinese, qualche altro Lord, un designer o due. Al momento della cerimonia, Olga, che è molto piccina, sale su una pedana e prende posto al centro della tavolata, come fosse la maestra di una classe di discoli che finalmente hanno trovato un bel gioco. Lucidano, spazzolano, rilucidano. Cera, champagne, straccio, finché in quelle tomaie ci si può specchiare. Uno di loro, a bassa voce, dice: "Certo, se fossero delle donne a restare a piedi nudi, la scena sarebbe più sexy". Probabile, però queste Berluti sono roba da maschi. Olga ne ha create pochissime per le donne, una delle eccezioni è Sophie Marceau: gliene fece un paio in occasione di un film. Domando a Madame se sarebbe disposta a realizzare delle scarpe per Paris Hilton. Mi guarda perplessa e risponde: "Mi dispiace, ma non so chi sia". Paola Jacobbi