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 2007  dicembre 12 Mercoledì calendario

ARTICOLI


IL SOLE 24 ORE 12/12/2007
Piero Ignazi
La doppia anima della sinistra radicale. La costituzione de La sinistra-L’arcobaleno, federazione di Rifondazione, Verdi, Pdci e Sinistra democratica, sembra invertire la direzione di marcia seguita fin qui dalla storia della sinistra italiana. Pietro Ingrao, acclamato domenica come padre nobile del nuovo partito, era talmente consapevole dell’irrequietezza e della litigiosità della sinistra italiana – un tempo quella socialista poi quella estrema – da aver formulato un solo, significativo auspicio dal palco della riunione fondativa alla nuova Fiera di Roma: «Unitevi». E Fausto Bertinotti, mentre echeggiavano le note di "Bella ciao", ha sintetizzato l’evento con l’espressione «una bellissima giornata». Animano la Sinistra-Arcobaleno Franco Giordano, Oliviero Diliberto, Alfonso Pecoraro Scanio e Fabio Mussi.
Ma la storia della sinistra italiana è fatta di innumerevoli scissioni. Incompatibilità teoriche, scomuniche ideologiche, irrigidimenti sulla purezza rivoluzionaria, ma anche faide personali e tatticismi di bassa lega hanno piagato la vita del socialismo e del comunismo italiano. Non è vero che il Pci fosse un monolite: al suo interno scoppiavano assai di frequente forti contrasti; il fatto che si concludessero invariabilmente con l’espulsione dei dissidenti serviva a salvare la faccia, ma non per questo la diaspora dei "rivoluzionari" o dei "revisionisti" si arrestava. Se questo movimento avveniva sottotraccia, per quell’incapsulamento ideologico e fideistico che faceva digerire tutto agli ex-compagni pur di non danneggiare la causa del proletariato e della rivoluzione, come ci ha magistralmente descritto Arthur Koestler nel suo Buio a Mezzogiorno, nel mondo socialista invece era tutto palese, aperto, e quindi più distruttivo. A rileggere le vicende del socialismo italiano, dalla scissione saragattiana di palazzo Barberini (1947) in poi, per almeno un decennio ci si perde in un labirinto di sigle e formazioni che si scindono, si accorpano e si dividono ancora. Lo stesso fenomeno, in scala molto più ridotta, si ritrova lungo tutti gli anni 70 quando la ventata neo-marxista produce una infinità di gruppuscoli "rivoluzionari", tutti rigorosamente alla sinistra del Pci: Potere operaio, Partito comunista marxista-leninista, Lotta continua, Manifesto, Pdup , Movimento lavaratori per il socialismo, Avanguardia operaia, per non citare che i più noti. Il progressivo isterilimento politico-ideologico della sinistra extraparlamentare, e la concorrenza nel mondo giovanile del Partito radicale prima e dei Verdi poi, hanno portato quelle formazioni politiche a un processo di aggregazione "residuale" in un unico contenitore, Democrazia Proletaria, al fine di mantenere un minimo di visibilità.
La nascita di Rifondazione comunista dalla costola cossuttiana del Pci, al momento della sua trasformazione in Pds, offre un rifugio sicuro agli ultimi epigoni della stagione movimentista degli anni 70. I successi elettorali di Rifondazione e la sua solidità organizzativa (nei primi anni reclutava più di 100mila iscritti suddivisi in più di 2mila sezioni) avrebbero potuto sedare le inquietudini ideologiche. Invece no: fin da subito il partito si rivela irrequieto, in parte riproponendo antiche fratture ereditate dalle precedenti esperienze dei leader (Cossutta ex-Pci contro Magri ex-Pdup, ad esempio), in parte lasciando libero corso alle variegate espressioni della sinistra antagonista. Un quadro che viene ulteriormente arricchito, e frammentato, all’inizio degli anni 2000, dall’apertura del partito ai movimenti, dai pacifisti ai no-global. Con una tale cacofonia, peraltro mai sanzionata all’interno, in linea con la grande apertura e tolleranza praticata dal partito, diventa quasi irresistibile riprendere l’antica strada delle divisioni: nel 1995 con l’uscita del gruppo dei Comunisti italiani poi confluiti nei Ds, e nel 1998 con la scissione che dà vita al Partito dei comunisti italiani (Pdci) di Cossutta, Diliberto e Rizzo. A completare cronologicamente il quadro arriva infine la "non adesione" al Partito Democratico da parte di una cospicua minoranza dei Ds guidata da Mussi e Salvi che promuovono il gruppo di Sinistra democratica.
Il soggetto politico nato domenica scorsa è, tuttavia, un (ulteriore) ircocervo italico. Non perché sia implausibile l’aggregazione di componenti paleo-comuniste, movimentiste, antagoniste ed ecologiste. Di esperimenti simili se ne sono visti anche in altri Paesi, dall’Olanda al Portogallo, ma con esiti poco brillanti. Piuttosto è la collocazione politica che differenzia la formazione di Diliberto, Giordano, Mussi e Pecoraro Scanio. Si tratta infatti di partiti che, benché si collochino all’estrema sinistra, sono tutti al Governo. Laddove si è compiuto un passo analogo, come in Germania con la fusione tra il vecchio Pds di Gregor Gysi e il Wasg di Oskar Lafontaine, si trattava di due partiti all’opposizione e antagonisti rispetto al fratello maggiore socialdemocratico. Tanto che la loro indisponibilità a trattare con gli altri partiti (peraltro ricambiata anche dalla Spd) ha fatto naufragare ogni ipotesi di un governo rosso-rosa-verde dopo le elezioni del 2005. In più, e questo è un aspetto rilevante, i Grünen tedeschi di Joschka Fischer non hanno nemmeno preso in considerazione l’ipotesi di aggregarsi alla nuova formazione, ritenendo la propria agenda politica "post-materialista" ben lontana da quella arcaicizzante di Die Linke. Quindi in Germania si configura una sinistra di opposizione tuttora divisa tra una componente (Die Linke) tutto sommato tradizionale e indisponibile al compromesso e una (i Verdi) più moderna e già arricchita dall’esperienza governativa.
Lo stesso quadro si ritrova in Francia. L’esperienza della gauche plurielle degli anni del governo Jospin, poi tenuta in vita a fatica dopo la sconfitta alle presidenziali del 2002, non comprendeva tutta i partiti a sinistra del partito socialista. Vi erano esclusi trotzkisti e massimalisti di vario colore. Come in Germania, la sinistra radicale si suddivide in una piccola ma agguerrita fazione estremista e irriducibile a logiche coalizionali e in un raggruppamento "governativo" che comprende il vecchio, consunto Pcf, i Verdi e altri piccoli movimenti. In Italia troviamo qualcosa di inedito: La sinistra-L’arcobaleno raccoglie tutta la sinistra radicale ma è tutta al governo e, anzi, si proclama tutta "governativa". Nulla a che vedere con i toni di Lutte Ouvriére o della Linke.
Come ricordava giustamente tempo fa Tommaso Padoa-Schioppa, l’accettazione, per quanto protestando ed obtorto collo, di tanti provvedimenti di rigore finanziario e di messa in ordine dei conti pubblici da parte di tutta la sinistra estrema è un fatto unico nella politica europea. La costituzione del nuovo soggetto politico rinforzerà questo atteggiamento responsabile o solleciterà nuove avventure massimaliste?


IN ITALIA:

Fausto Bertinotti
Il presidente della Camera, nato nel 1940, è stato segretaro di Rifondazione comunista dal 1994 al 2006.

Al Governo
Pietro Ingrao. Nato nel 1915, è stato presidente della Camera. Leader della sinistra Pci, transita nel Pds e nel 2004 entra in Rifondazione. Padre nobile della sinistra, è stato accolto da una standing ovation all’assemblea della Cosa rossa

Fabio Mussi. Nato a Piombino nel 1948, figlio di operai, normalista compagno di corso di D’Alema. Cursus honorum nel Pci-Pds-Ds. Ministro dell’Università, non ha aderito al Pd ed è stato tra i fondatori di Sinistra democratica di cui è leader

Oliviero Diliberto. Nato a Cagliari, 51 anni, iscritto alla Fgci tredicenne. Nel 1991 aderisce a Rifondazione, nel 1998 guida la scissione del Pdci perché contrario alla sfiducia a Prodi. ministro della Giustizia del Governo D’Alema. Oggi guida il Pdci

Alfonso Pecoraro Scanio. Nato a Salerno, 48 anni. Al liceo è tra i radicali di cui è presidente campano. Nel 1985 passa ai Verdi, nel 2001 presiede la Federazione dei Verdi. Nel 2005 è candidato alle primarie dell’Unione. ministro dell’Ambiente

ALL’ESTERO:

Arlette Laguiller. Nata nel 1940, è dal 1973 segretaria nazionale di Lutte Ouvrière, partito francese di ispirazione trotzkista.

All’opposizione
Olivier Besancenot. Nato nel 1974, è il principale esponente del partito trotzkista francese, Ligue communiste révolutionnaire (Lcr). stato candidato alle presidenziali del 2007 dove ha ottenuto il 4,08 per cento dei voti

Marie-George Buffet. Candidata alle ultime presidenziali per il Partito comunista francese (Pcf), ha ottenuto appena l’1,9% dei voti. Nata nel 1949, è stata segretaria nazionale del partito del 2001 al 2007

Oskar Lafontaine. Nato nel 1943, dal 1995 al 1999 è presidente dell’Spd tedesco. Nel 2005, abbandona l’Spd e fonda il Wasg (ex socialdemocratici ed ex sindacalisti) che si fonde con la Pds per diventare Die Linke (di cui è oggi presidente)

Gregor Gysi. Nato nel 1948 a Berlino, tra il 1989 e il 1993 è presidente del partito Sed-Pds. Ha contribuito all’accordo con il Wasg di Lafontaine (2005). Dopo le elezioni di due anni fa è diventato capogruppo del nuovo partito al Bundestag


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IL SOLE 24 ORE 12/12/2007
Beda Romano
«Linke» unisce Est e Ovest. FRANCOFORTE. L’arrivo di Die Linke sulla scena politica tedesca ha provocato due anni fa un terremoto. Il movimento capeggiato da Oskar Lafontaine e Gregor Gysi ha costretto tutti i partiti a ripensare i propri programmi, rivedere le priorità, ridefinire gli equilibri interni in vista delle prossime elezioni federali nel 2009. Die Linke è stato fondato ufficialmente nell’estate del 2007, con un congresso a Berlino. Nei fatti, però, il movimento della sinistra radicale aveva già visto la luce nel 2005 quando due organizzazioni firmarono un accordo elettorale per presentarsi unite al voto nazionale del 2005.
A differenza degli altri partiti tedeschi, Die Linke è un movimento post-unificazione. Riunisce il partito ex comunista della Pds, radicato nella Germania Est fin dai primi anni ’90, e «L’alternativa elettorale e la giustizia sociale», un’organizzazione fondata in anni recenti a Ovest.
Il Wasg raggruppa socialdemocratici delusi, sindacalisti radicali ed ex comunisti. Guidato da Lafontaine, egli stesso un ex presidente dell’Spd, il movimento riflette delusioni e frustrazioni di parte dell’elettorato di sinistra provocate dalle riforme introdotte tra il 2003 e il 2005 dall’allora Governo socialdemocratico-verde.
I tagli al welfare state voluti dall’Esecutivo del cancelliere Gerhard Schröder hanno spaccato la socialdemocrazia tedesca, diviso il sindacato e rafforzato la Pds nei Länder orientali. L’Spd ha subito un calo del numero dei suoi membri, la fuga di alcune personalità di spicco e l’emergere in seno al partito di correnti alternative. La crisi dell’Spd si è tradotta nella nascita di Die Linke, che nelle elezioni federali del 2005 ha riscosso l’8,7% dei voti. La sinistra radicale tedesca ha obiettivi chiari: governare la globalizzazione, reintrodurre elementi di welfare, lottare contro il neoliberalismo.
I sondaggi danno al partito il 10-12% delle intenzioni di voto: un successo impossibile da ignorare. Die Linke ha costretto l’Spd a rivedere il programma, reintroducendo il concetto di "socialismo democratico" e rinnegando in parte le riforme del cancelliere Schröder.
L’ultimo congresso di Amburgo è terminato con una svolta a sinistra della socialdemocrazia, nel disperato tentativo di recuperare voti. Con un’Spd spostata a sinistra, i democristiani del cancelliere Angela Merkel stanno occupando il centro, cavalcando anche loro temi sociali (come per esempio la questione degli stipendi esosi dei dirigenti d’azienda).
Beda Romano


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IL SOLE 24 ORE 12/12/2007
Attilio Geroni
A gauche resta Trotzki. PARIGI. A sinistra del Partito socialista resta poco dopo le elezioni (presidenziali e legislative) del 2007 ed è questo uno dei tanti problemi della gauche francese, che è uscita da questo doppio appuntamento con un consenso ai minimi storici. Il candidato all’Eliseo del Partito comunista francese, Marie-George Buffet, ha ottenuto nel maggio scorso solo l’1,9% dei voti, il peggior risultato mai registrato a livello nazionale nella storia del Pcf. Alle politiche di giugno le cose sono andate leggermente meglio ma i comunisti, per esistere ancora come gruppo parlamentare all’Assemblea Nazionale, hanno dovuto far numero con un deputato non iscritto al partito e con quattro deputati Verdi, sotto l’etichetta di Sinistra democratica e Repubblicana.
Record negativo alle presidenziali anche per i Verdi, con il peggior risultato degli ultimi 40 anni per il candidato Dominique Voynet. Il partito ecologista è in crisi profonda dopo che tutte le forze politiche, incluse quelle di centro-destra, hanno fatto della salvaguardia ambientale una loro priorità. A differenza della Germania i Verdi non hanno mai condiviso responsabilità di governo, con l’eccezione proprio della Voynet, ministro dell’Ambiente dal 1997 al 2001 e in occasione della tavola rotonda che ha ridefinito le priorità di politica ecologica della Francia per i prossimi vent’anni, hanno avuto un ruolo marginale rispetto a quello delle Ong.
Ancora più a sinistra, le cose sono andate meglio per il portavoce della Lega comunista rivoluzionaria Lcr (trotzkisti), il postino Olivier Besancenot, buon quinto alle presidenziali con oltre il 4% dei voti. Da allora, su una piattaforma fortemente anticapitalista, operaista e protestataria, ha guadagnato ulteriormente consensi raggiungendo una popolarità simile a quella di Ségolène Royal. Il suo tentativo è di prendere nettamente le distanze dalla sinistra socialista, ancora in preda agli sbandamenti della doppia batosta elettorale, e tentare un avvicinamento con l’altra forza politica trotzkista del Paese, Lutte Ouvrière, guidata da Arlette Laguiller, recordwoman di candidature presidenziali, sei consecutive, dal 1974 al 2007. Gli scioperi dei ferrovieri e la campagna contro il calo del potere d’acquisto sono argomenti che hanno favorito la sua politica oltranzista e di netto rifiuto al progetto riformista di Sarkozy.


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