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 2007  dicembre 09 Domenica calendario

«Noi sindaci al fronte sicurezza». Il Sole 24 Ore 9 dicembre 2007. La "giusta distanza" non è una regola semplice da applicare quando in gioco c’è la sicurezza dei cittadini che ti votano, ma Mauro Fecchio ne ha fatto la sua bussola

«Noi sindaci al fronte sicurezza». Il Sole 24 Ore 9 dicembre 2007. La "giusta distanza" non è una regola semplice da applicare quando in gioco c’è la sicurezza dei cittadini che ti votano, ma Mauro Fecchio ne ha fatto la sua bussola. A 38 anni è sindaco di Correzzola, un paese di quasi seimila anime a ridosso del grande delta di Adige e Po, in provincia di Padova: 5.600 abitanti, per la precisione, e 280 immigrati regolari. Qui, tra i pioppi e la nebbia della frazione di Concadalbero, Carlo Mazzacurati ha ambientato il suo ultimo film, «La giusta distanza», storia di Hassan, meccanico tunisino stimato e integrato, risucchiato nel vortice delle paure collettive sugli extracomunitari e accusato di omicidio. Nella finzione cinematografica sarà la trasgressione alla regola della giusta distanza – che lo vorrebbe né indifferente né troppo coinvolto nei fatti di cui scrive – a portare un giovane giornalista a scoprire l’innocenza dell’immigrato Hassan. Nella vita reale, invece, la giusta distanza può servire a guidare le scelte del sindaco di Correzzola, soprattutto quando si parla di immigrazione. «L’importante – dice – è conservare equilibrio tra i due estremi: l’enfatizzazione dei problemi e il restar fermi. I polveroni mediatici non risolvono nulla ma aumentano le paure della gente. Qui ci sono molti immigrati cinesi che lavorano sui telai dei piccoli laboratori lasciati dagli italiani, ma abbiamo anche i muratori rumeni e gli operai extracomunitari delle fabbriche di carpenteria. Per carità, il problema della sicurezza esiste, ma io l’ordinanza di Cittadella, che subordina per gli stranieri la concessione della residenza alla disponibilità documentata di un reddito e di una casa decorosa, non l’ho condivisa: il sindaco non può sostituirsi allo Stato». Ragionamenti di sinistra? Per nulla. Perché Fecchio guida una giunta composta da Alleanza nazionale e da una lista civica. A Correzzola all’opposizione c’è Forza Italia, ma anche tutti i partiti che sostengono il Governo di Roma. E sono in tanti a pansarla come lui tra i sindaci dei 574 piccoli e medi Comuni del Veneto dove vivono circa 3,7 dei 4,7 milioni di abitanti della regione. Sono i primi cittadini che non finiscono sui giornali, che non bucano i teleschermi e che fanno del pragmatismo la parola d’ordine. A San Giovanni Lupatoto, 114 chilometri di auto da Correzzola, in provincia di Verona, un altro sindaco, Fabrizio Zerman, fa del ragionamento e dell’equilibrio il suo punto di partenza. Alla testa di una lista civica alleata con Forza Italia, Lega Nord, An, Udc e una componente di verdi, Zerman è quello stesso sindaco che due mesi fa ha vietato ai dipendenti comunali di fare la pausa caffè per non dare una cattiva immagine alla cittadinanza. Ma sull’immigrazione esordisce controcorrente: «Io pongo l’accento sul problema dell’integrazione. Chi arriva qui, spesso non si adegua alle leggi e ai nostri comportamenti ma sarebbe irrealistico mettere la testa sotto la sabbia: con loro dobbiamo aprire un dialogo. Purché abbiano i regolari permessi, naturalmente». A San Giovanni Lupatoto, 23mila abitanti, circa il 10% della popolazione è immigrato e il sindaco non nasconde che il problema della sicurezza esista ma sulle ordinanze di alcuni Comuni veneti che hanno alimentato le polemiche di questi giorni, Zerman è altrettanto netto: «Alcune sono fondate, altre no. Mi pare che ci sia stata una certa accentuazione dei problemi sulla spinta dell’emotività pur di andare sotto i riflettori. Le difficoltà ci sono, c’è stata troppa tolleranza e lo Stato ci dà forse pochi poteri, ma la risposta di alcuni sindaci mi sembra sia stata un po’ troppo sopra le righe. Bisognerebbe coordinarsi di più, senza spettacolarizzazioni, perché questo è un problema di tutti». Già, la spettacolarizzazione. Quella che rischia di creare false aspettative nei cittadini pubblicizzando iniziative dall’efficacia tutta da dimostrare. un pericolo che Doriano Mancin, 56 anni, sindaco di Porto Viro (Rovigo), a capo di una maggioranza che accanto a una lista civica vede insieme Forza Italia, socialisti, Udc e indipendenti con l’appoggio della Lega Nord, ventila come concreto. «Certo – esordisce – alcuni cittadini hanno paura per qualche furto che c’è stato, ma qui siamo un’isola felice, con 300 immigrati su 14.500 abitanti. Come sindaco devo avere equilibrio e non creare allarmismi, ma l’attenzione, quella deve sempre essere alta». Cinque anni fa Mancin si distinse per un’ordinanza che vietava la sosta sul territorio comunale ai nomadi: oggi sul fronte dell’immigrazione dice che «sicurezza e integrazione devono andare di pari passo». A Porto Vigo sono stati aumentati i dipendenti nella Polizia municipale e si attendono dallo Stato i fondi per installare videocamere di sorveglianza nelle strade cittadine. Perché anche questa è una misura concreta per aumentare la sensazione di sicurezza. Lo sa bene Maria Gomierato, 58 anni, sindaco di Castelfranco Veneto, 31mila abitanti in provincia di Treviso. «Più che seguire la strada delle ordinanze stiamo cercano di fare qualcosa di concreto», chiosa il sindaco, che da otto anni amministra la cittadina attraverso una lista civica di centro, con tutti i partiti tradizionali (dalla Lega al nuovo Pd) all’opposizione. «Da tre anni abbiamo piazzato 30 videocamere e ora ne aggiungiamo altre 20. Abbiamo illuminato il più possibile strade e piazze, impedito soste e accessi impropri ai nomadi, intensificato la collaborazione con Polizia ferroviaria e Carabinieri e dalla scorsa settimana è stata avviata una sperimentazione, quella del carabiniere di quartiere, unica in tutta la provincia di Treviso». Più poteri ai sindaci? Per Maria Gomierato le leggi sulla concessione della residenza, se applicate con severità, funzionano: le super ordinanze, insomma, non servono. Anche nel regno della concia, Arzignano in provincia di Vicenza, 25mila abitanti, il 18% dei quali stranieri, il sindaco Stefano Fracasso, 43 anni, non vede di buon occhio le ordinanze come quella di Cittadella. «Certo - sottolinea – gli strumenti concessi ai sindaci non sono sufficienti, da soli, ad arginare i problemi legati all’immigrazione ma è anche sbagliata questa "sindrome da municipalità" secondo la quale il sindaco deve fare tutto, perché crea false aspettattive». Fracasso, alla testa di una maggioranza di centro-sinistra, plaude alla «posizione sensata» del governatore veneto Giancarlo Galan ed elenca le misure adottate dalla sua giunta: sopralluoghi e verifiche sugli alloggi degli immigrati, sequestro dei prodotti dei commercianti ambulanti irregolari, verifiche continue dei documenti di identità, gestione dei microconflitti. Punta il dito sulla Bossi-Fini: «Sta succedendo di tutto, anche che gli stranieri chiedano permessi di soggiorno come badanti in famiglie di altri extracomunitari, che chiaramente non possono permettersi di pagare un collaboratore familiare. Lo Stato dovrebbe essere più presente e dare un segnale forte, ecco quello che ci vuole». Sulla stessa linea di Fracasso è il sindaco di Chioggia (quasi 52mila abitanti in provincia di Venezia) Romano Tiozzo, leader di una maggioranza di centro-destra: «Le regole ci sono, bisogna farle rispettare senza caccia alle streghe. Noi sindaci dobbiamo tutelare la sicurezza dei cittadini e dobbiamo farlo con gli strumenti che abbiamo, come i controlli ferrei quando un immigrato chiede la residenza. quello il momento della verità: senza requisiti, niente residenza. Punto e basta. il nostro dovere ma, per carità, noi non siamo poliziotti». Angelo Micuzzi