Vari, 13 dicembre 2007
DICIASSETTESIMO GRUPPO DI ARTICOLI SUL CROLLO IN BORSA COMINCIATO IL NOVE AGOSTO 2007 (GRUPPO AAAJCW, MUTUI SUBPRIME)
Il Foglio 7 dicembre 2007.
Tassi compassionevoli. Il presidente George Bush ha annunciato che il ministro del Tesoro, Henry Paulson ha raggiunto un accordo con le principali banche e istituzioni finanziarie, in base al quale il governo congela i tassi di interesse sui mutui immobiliari subprime per cinque anni, in relazione agli aumenti di tassi variabili che si sono verificati rispetto al tasso di partenza, in modo da alleviare l’onere del servizio annuo del debito. L’onere relativo ai maggiori interessi, che ora non saranno pagati, non viene cancellato ma rimandato al futuro. Inoltre i debitori in difficoltà potranno anche scegliere di adire a un’istituzione privata o pubblica che allunghi la durata del loro debito, riducendone l’onere annuo di interessi ed ammortamenti. E’ da supporre che questi interventi saranno facilitati da accordi fra i creditori dei subprime loans e questi istituti, in quanto in tale modo i creditori evitano la perdita temporanea dei maggiori interessi derivante dal congelamento dei tassi. Un presidente repubblicano che interviene a favore dei cittadini a basso reddito che avevano comprato casa indebitandosi e che ora rischiano di perderla perché il costo delle rate è aumentato, non corrisponde all’immagine generale che viene data del sistema capitalistico americano, soprattutto quando al potere ci sono i conservatori. Ma sta di fatto che ciò avviene negli Usa e non in Gran Bretagna, dove al potere ci sono i laburisti e dove la crisi dei mutui immobiliari sta generando insolvenze diffuse fra i cittadini a minor reddito. In Gran Bretagna sino ad ora la Banca centrale è intervenuta per salvare dal dissesto la banca Northern Rock che aveva ampliato i suoi mutui immobiliari oltre i livelli di sicurezza. E ora ha abbassato di un quarto di punto il tasso di interesse, per alleviare le sofferenze del sistema bancario, non quelle dei mutuatari. Il provvedimento di Bush e Paulson aiuta, indirettamente, anche le banche e la Borsa degli Usa in quanto riduce le insolvenze sui mutui e quindi riduce i coefficienti di rischio dei prodotti finanziari che li contengono accrescendone il valore. Ma i principali beneficiari sono gli utenti delle banche, non queste ultime. Una lezione da tener presente.
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IL SOLE 24 ORE 09/12/2007
Luigi Zingales
Subprime, piano Bush dettato dal marketing. Annunciata con gran fanfara, la proposta del presidente Bush per affrontare la crisi dei mutui è stata subito bollata come un piano di salvataggio a spese della collettività (che negli Stati Uniti, a differenza dell’Italia, costituisce un insulto). Ad esaminarla bene, però, questa proposta lungi da essere un piano di salvataggio, sembra puro marketing: un tentativo della Casa Bianca di essere percepita come attiva su questo fronte, senza però interferire con le regole di mercato.
Articolato su vari punti, il piano consiste in una serie di parametri per facilitare la rinegoziazione dei mutui a rischio di default. Durante l’euforia del mercato immobiliare, molte famiglie acquistarono una casa troppo costosa per il loro livello di reddito. Questo fu reso possibile dai famigerati mutui subprime, con tassi di interesse iniziali molto più bassi di quelli di lungo periodo. Nel prossimo anno e mezzo il tasso più elevato dovrebbe scattare su circa 1,8 milioni di mutui, forzando molti di questi debitori in bancarotta.
Di fronte a questa situazione i creditori non hanno molte possibilità. Se si riprendono la casa per vie legali finiscono per perdere, anche nelle migliori condizioni di mercato, tra il 40 e il 50% del valore dell’immobile a causa del deterioramento della casa nel periodo dello sfratto. Alternativamente, possono ridurre il costo del mutuo, sperando che il debitore continui a pagare. In questo modo perdono solo sul differenziale di tassi.
Il piano della Casa Bianca fornisce delle linee guida su come questa rinegoziazione debba avvenire. Se il debitore non è indietro nei pagamenti da più di sei mesi, il piano prevede un congelamento dei tassi per cinque anni. Tale congelamento, però, non è automatico, ma deve ottenere il consenso del creditore. Viene spontaneo domandarsi, quindi, quale sia il contributo del piano, visto che i creditori che acconsentono a questo piano avrebbero probabilmente rinegoziato i loro crediti in ogni caso. Nella migliore delle ipotesi, la funzione del piano Bush è di velocizzare queste rinegoziazioni dando delle linee guida.
Nella peggiore delle ipotesi, si tratta di un tentativo della Casa Bianca di farsi vedere attiva su un fronte che sta diventando sempre più caldo, soprattutto in un periodo elettorale.
Con 1,8 milioni di famiglie a rischio di essere sfrattate e con il 60% delle famiglie americane a rischio di vedere il valore della propria casa diminuire, l’argomento si presta alla demagogia. Nonostante Wall Street sia la sua seconda fonte di finanziamenti, nelle sua campagna presidenziale Hillary Clinton si è lanciata contro il mondo della finanza responsabile di aver indotto la gente ad indebitarsi eccessivamente. La sua proposta, molto più aggressiva, prevede un blocco immediato degli sfratti e due miliardi di dollari pubblico a sostegno delle famiglie più bisognose.
Che perfino un presidente ideologicamente contrario ad interferire sul mercato, che si trova alla fine del suo mandato (e quindi senza alcune interesse elettorale diretto), si senta in dovere di apparire come interventista dimostra la fragilità dei meccanismi di mercato.
Perché il mercato funzioni, chi sbaglia deve pagare: i creditori che sono stati troppo generosi nella concessione dei prestiti e i debitori che sono state troppo aggressivi nell’acquisto dell’abitazione. Quando a dover pagare sono in troppi, però, la tentazione di cambiare le regole del gioco diventa insostenibile, anche in un Paese come gli Stati Uniti dove la santità dei contratti è assoluta. il paradosso della democrazia: nei momenti di crisi tende a sovvertire le regole del mercato, incurante dei costi di lungo periodo che questo comporta.
Nel settore bancario è risaputo che le banche più grosse (come la britannica Northern Rock) non vengono mai lasciate fallire (una regola nota come «too big to fail»), perché le pressioni politiche in senso contrario sono insostenibili. Questa crisi ci dimostra che esiste anche la regola del «too many to fail». Quando lo stesso errore è compiuto da troppe persone insieme, come nel caso dei mutui subprime, la pressione ad intervenire diventa egualmente insostenibile. Se manca la disciplina del mercato ex post, per evitare abusi è necessaria qualche forma di regolamentazione ex ante. Tutta la legislazione prudenziale nel settore bancario inclusa Basilea 2 nasce come risposta al «too big to fail». Il rischio del «too many to fail» evidenziato dalla crisi dei mutui subprime rende necessaria una regolamentazione del settore dei mutui. Questa è probabile anche se i Repubblicani dovessero mantenere la Casa Bianca. Ma diventa una certezza con un presidente democratico.
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Il Sole 24 Ore 9 dicembre 2007.
Dino Pesole
Mini salvagente per i mutui in difficoltà. ROMA. Tra le modifiche dell’ultim’ora, inserite nel pacchetto di emendamenti alla Finanziaria faticosamente concordati dalla maggioranza e dal Governo, vi è anche l’istituzione di un Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, da attivare presso il ministero dell’Economia. L’emendamento è della parlamentare dell’Udeur, Federica Rossi Gasparini e stanzia 10 milioni l’anno sia per il 2008 che per il 2009. A quanti abbiano stipulato un mutuo, e non siano più in grado di versare le relative rate, è concesso di sospendere il pagamento per un massimo di 18 mesi. La richiesta di sospensione potrà essere chiesta per due volte, poi scatterà nuovamente l’obbligo al versamento delle rate. Il Fondo interverrà per far fronte ai costi delle procedure bancarie e degli onorari notarili, necessari per sospendere temporaneamente il pagamento delle rate.
La durata del mutuo viene contestualmente prorogata in relazione alla durata della sospensione. Al termine, si tornerà agli importi e alla periodicità previsti dal contratto, a meno che non sia intervenuta la rinegoziazione del mutuo. Sarà un regolamento dell’Economia, di concerto con il ministro per le Politiche sociali, a fissare i dettagli per la concreta operatività del Fondo. Tra le clausole di esclusione dalla richiesta di sospensione temporanea del pagamento figurano i casi in cui sia stato avviato un procedimento esecutivo «per l’escussione delle garanzie».
L’altra novità in materia di mutui è a firma del Governo, e punta a facilitare «la circolazione giuridica dei mutui ipotecari e degli immobili su cui gravano le relative ipoteche». Si punta in tal modo a rafforzare il dispositivo del pacchetto Bersani. Sono escluse per il cliente penali e oneri di qualsiasi natura in caso di surrogazione, «che comporta il trasferimento del mutuo, alle condizioni stipulate con il cliente e la banca subentrante». Al cliente non potranno essere imposte «spese o commissioni per la concessione del nuovo mutuo, per l’istruttoria e gli accertamenti catastali». Inoltre, il creditore originario e il debitore potranno pattuire la variazione delle condizioni del contratto di mutuo, senza spese. La ricontrattazione del mutuo non comporta oneri aggiuntivi e non implica il venir meno dei benefici fiscali per l’acquisto della prima casa.
L’ultimo emendamento reca la firma del stesso relatore Michele Ventura e fissa nuove norme per il recupero di immobili nei centri storici e per agevolare gli enti locali nel recupero del patrimonio culturale.
Tra le modifiche accolte anche una proposta che è stata avanzata dall’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, nell’ultima stesura, riformulata rispetto al testo predisposto in precedenza. Vi si stabilisce che gli istituti di credito «debbano offrire a tutti i clienti che hanno stipulato mutui con le banche stesse un piano di ristrutturazione delle relative rate in modo da ridurre significativamente l’impatto sulle rate dei mutui dell’incremento dei tassi di interesse». Nella versione originaria si prevedeva che in assenza di ristrutturazione dei piani di mutuo le banche non potessero usufruire di aliquote fiscali ridotte. «Abbiamo modificato il testo originario - ha spiegato il sottosegretario all’Economia, Alfiero Grandi - perchè si sarebbe trasformato quasi in un ricatto per le banche. Ritoccato questo punto, abbiamo poi dato il nostro ok».
L’emendamento prevede poi che i piani di ristrutturazione per il pagamento del mutuo dovranno essere concordati con le associazioni di consumatori, di investitori e di altri soggetti portatori di interessi collettivi e dovranno essere individuati da un decreto del ministero dell’Economia.
Nel complesso, si tratta di un pacchetto di misure che va nella direzione di "alleggerire" il costo del caro-mutui, anche se la strada maestra continua a essere quella di un intervento diretto da parte degli istituti di credito, nei confronti dei clienti che manifestino palesi difficoltà a onorare le rate dei mutui. l’effetto del notevole incremento del tasso interbancario Euribor, cui sono agganciate le rate dei mutui a tasso variabile, intervenuto da quando la Bce ha intrapreso la strada dell’aumento del costo del denaro. Iniziative sono state attivate da UniCredit e Mps, per la rinegoziazione gratuita dei mutui a tasso variabile e l’allungamento del periodo di ammortamento, mentre un altro gruppo di banche, tra cui Intesa Sanpaolo, consente di allungare la scadenza del mutuo fino a 40 anni ai clienti con mutuo indicizzato.
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IL SOLE 24 ORE 09/12/2007
Dino Pesole
Negli Stati Uniti l’effetto subprime colpisce anche gli enti di carità
La crisi subprime si abbatte anche sugli enti caritatevoli statunitensi. Il «Washington Post» sottolinea infatti le difficoltà in cui si trova Capital Area Food Bank, una vera e propria banca «antifame» della capitale (nella foto la first lady Laura Bush durante un’iniziativa a sostegno dell’istituto). Le scorte della banca, che fornisce beni di necessità agli indigenti, sono infatti drammaticamente al di sotto dei livelli dello scorso anno. La ragione del calo delle scorte deriva da una combinazione di fattori: da un lato, la diminuzione delle donazioni; dall’altro, la crisi economica che ha colpito gli Stati Uniti, e il numero crescente di americani che hanno perso le loro abitazioni per la crisi subprime, ha provocato un aumento nel numero dei bisognosi. La contrazione dell’offerta e il balzo della domanda hanno portato dunque le banche antifame ad avere sempre meno da offrire agli americani più poveri.
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LA REPUBBLICA 14/12/2007
ROMA - Le banche centrali non rassicurano i mercati. Così per le borse è un giorno nero: in Europa vanno in fumo circa 204 miliardi di euro, la maggior perdita delle ultime tre settimane. Ovunque sembra prevalere la delusione, dopo la maxi iniezione di liquidità effettuata da un pool di istituti guidati da Federal Reserve e Bce per contrastare gli effetti della crisi dei mutui facili Usa, i cosiddetti subprime. Finiscono col segno meno tutti i listini del vecchio continente - Milano perde l´1,67%, Londra il 2,7%, Parigi il 2,6 - e, prima ancora, quelli asiatici. Reagisce al ribasso anche Wall Street che poi recupera nel finale di seduta.
I titoli più colpiti sono i bancari. Gli operatori temono che arriveranno presto altre svalutazioni da parte delle banche (ieri è toccato a Lehman Brothers) ferite dai contraccolpi dei subprime; sono preoccupati per le sorti della crescita economica, ribaditi ancora dalla Bce nel suo Bollettino. Eurolandia ha un´economia solida - si legge nel testo - ma per il futuro ci sono «rischi al ribasso» ( il Pil 2008 è previsto tra l´1,5% e il 2,5%, in calo rispetto ai precedenti 1,8% e 2,8%). In più l´inflazione si manterrà «a livelli significativamente superiori al 2% nei prossimi mesi» (dopo i rincari di pasta e pane, potrebbe toccare alla carne), e Francoforte si dice «pronta a contrastarla» con la leva dei tassi. Anche «i progressi nel risanamento dei conti pubblici fatti dai paesi con residui squilibri di bilancio sono generalmente deludenti». Quest´anno miglioramenti a livello Ue ci sono stati, grazie anche al «venire meno di significativi fattori temporanei di accrescimento del disavanzo in Italia» (la sentenza della Corte Ue sulla detraibilità dell´Iva per l´auto aziendale nel 2006), ma per il 2008 prevale «l´incertezza», specie dal lato delle entrate.
Timori, scenari, ma anche nuovi dati. Gli operatori guardano al risultato inaspettato dei prezzi alla produzione Usa, cresciuti a novembre del 3,2%, il maggior rialzo degli ultimi 34 anni. Non trascurano il dato spagnolo sulle costruzioni residenziali, crollate ad agosto del 40% rispetto allo stesso periodo del 2006: sono a rischio 500 mila posti. In questo contesto, le autorità monetarie per forza di cose sono in stretto contatto. Lo stesso ministro Tommaso Padoa-Schioppa parlerà oggi alla Borsa di Londra, dopo un colloquio con il governatore inglese Mervyn King. Ieri, invece, era in Banca d´Italia con il governatore Mario Draghi ad ascoltare una lezione di Stanley Fisher, titolare della Banca d´Israele, tutta dedicata all´urgenza di riformare le istituzioni di Bretton Woods (Fmi e Banca Mondiale) dando più voce alle economie emergenti e ridimensionando il peso dell´Europa: passa anche da questo versante la necessità di migliorare il sistema.
Per adesso, il piano anti-crisi delle banche centrali produce solo un effetto: un lieve calo (da 4,947% a 4,938) del tasso Euribor a un mese, usato come riferimento per i mutui a tasso variabile.
(e.p.)
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Il Sole 24 Ore 13 dicembre 2007
Riccardo Sorrentino
Iniezione globale di liquidità. Una decisione rivoluzionaria. Mai vista prima. La Federal Reserve, la Bce e la Banca nazionale svizzera hanno annunciato ieri, una serie di iniezioni coordinate di liquidità in dollari per andare incontro alle difficoltà che molte banche potrebbero incontrare, come di consueto, con la fine dell’anno e la chiusura dei bilanci. Le autorità monetarie di Gran Bretagna e Canada si affiancheranno con iniezioni in valuta locale.
un’operazione di tipo nuovo, complessa e sperimentale. Mostra l’ampiezza del contagio della crisi dei subprime, che richiede interventi coordinati e globali, l’inefficacia delle misure finora adottate, e anche le debolezze del mercato monetario Usa, distorto da regole e privilegi. stata annunciata inoltre il giorno dopo l’ultima riunione annuale delle Banche centrali coinvolte, quella della Fed, e quindi non segnala nulla dal punto di vista della politica monetaria: è semplice "manutenzione", sia pure straordinaria, del mercato monetario.
Negli Usa. La Fed lancerà negli Stati Uniti quattro aste: lunedì 17 e giovedì 20, da 20 miliardi di dollari ciascuna, e poi il 14 e 28 gennaio, con ammontare da definire.
Le operazioni cancellano momentaneamente una distorsione del mercato monetario americano (che favorì nel ’91 clamorosi abusi da parte della Salomon Brothers). Negli Usa soltanto 21 privilegiatissime banche hanno accesso alle aste - anche quelle straordinarie dei mesi scorsi! - lanciate per iniettare o drenare liquidità al tasso dei Fed Funds, oggi al 4,25 per cento. Alle corrispondenti operazioni della Bce hanno accesso invece centinaia di istituti.
Le altre aziende di credito americane devono pagare di più. Le migliori possono chiedere fondi al tasso di sconto, oggi al 4,75%, anche se possono consegnare in cambio un range più ampio di titoli a reddito fisso: è la discount window, che non garantisce l’anonimato e lascia trapelare quindi eventuali situazioni di difficoltà. Per quelle ancora meno solide sono previsti strumenti diversi.
Le operazioni lanciate ieri - che sono sperimentali - gettano un ponte tra questi diversi mercati. Le banche che hanno accesso al tasso di sconto potranno partecipare a queste aste, consegnando titoli ammessi alla discount window. Il tasso sarà fissato dall’incrocio tra domanda e offerta, ma con un minimo pari all’overnight indexed swap che misura la media dei tassi ufficiali attesi dal mercato. Il costo del denaro potrà quindi essere più basso del tasso di sconto, e più vicino a quello sui Fed Funds.
Non è una novità da poco, anche perché la nuova procedura potrebbe diventare definitiva. «L’esperienza acquisita da questo programma temporaneo - ha spiegato la Fed - sarà utile per valutare la potenziale utilità di aumentare gli attuali strumenti di politica monetaria». In sostanza, si deciderà se realizzare con asta - anonima! - anche le operazioni sulla discount window. Non sarebbe la fine delle distorsioni, ma in ogni caso un passo avanti.
All’estero. L’operazione non si concluderà negli Stati Uniti. La Fed fornirà dollari alla Banca centrale europea (20 miliardi) e alla Banca nazionale svizzera (4 miliardi) attraverso reciproche linee di swap - scambi di valuta - che dureranno sei mesi e quindi hanno, spiega Marco Annunziata di Unicredit, un valore strutturale, non legato solo alle difficoltà di fine anno.
Le due autorità monetarie europee potranno così realizzare iniezioni di dollari, e non solo di euro e franchi, negli stessi giorni della Fed. Potranno così ridurre ulteriormente le tensioni presenti sui loro mercati interbancari - l’Euribor a tre mesi si avvicina ormai al 5% - scatenate anche da una forte, e non esaudita, domanda di liquidità in dollari. Non a caso la Bce accetterà, in cambio, tutti i titoli di Eurolandia da lei generalmente ammessi alle aste.
Saranno invece effettuate in valuta locale le iniziezioni della Banca d’Inghilterra e della Banca del Canada, ma con un range più ampio di titoli rispetto al normale. La Banca del Giappone e la Banca di Svezia non aderiranno invece al "concerto" perché considerano i loro mercati in ordine.
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LA REPUBBLICA 20/12/2007
Simon Nixon
Benché la maggior parte degli hedge fund guarderà con soddisfazione al 2007, essendo riuscita a superare senza troppi danni la stretta creditizia, l´anno prossimo le difficoltà potrebbero aumentare. La sfida cruciale sarà la capacità di reperire capitali a condizioni competitive, se non a qualsiasi condizione, data la maggiore onerosità dei finanziamenti per le stesse banche e il moltiplicarsi delle richieste di chi vorrebbe accaparrarsi gli scarsi mezzi di cui dispongono. La maggior parte degli hedge usa i finanziamenti per rimpinguare i rendimenti e nel settore il valore medio del ricorso all´effetto leva è poco inferiore al doppio dei patrimoni gestiti, ma ci sono forti differenze a seconda delle strategie usate. Sebbene le strategie long-short basate sul bilanciamento di posizioni d´acquisto e vendita (le più diffuse) vi ricorrano poco, numerosi fondi specializzati in arbitraggi ne fanno un uso massiccio. Questo tipo di finanziamento generalmente è offerto dagli intermediari detti prime broker, con l´apertura di linee di credito o finanziamenti a pronti contro termine (molti con scadenza sotto i 90 giorni) su determinati titoli o portafogli. Inoltre, spesso le banche possono modificare a piacimento gli importi delle garanzie, i tassi d´interesse o l´ammontare dei finanziamenti.
Fino ad agosto la concorrenza tra i prime broker era così intensa che per gli hedge non era difficile reperire finanziamenti consistenti a condizioni molto appetibili (in genere pochi punti base sopra il Libor), con cui le banche guadagnavano poco o nulla ma stavano lo stesso al gioco, nella speranza che i prime broker portassero comunque lavoro o di guadagnare qualcosa con il rialzo dell´azionario. Oggi queste aspettative si sono molto ridotte dato che il tasso trimestrale in dollari del Libor supera di quasi 75 punti base i Fed funds. In particolare gli intermediari e operatori di Borsa (broker dealers), che si procurano i fondi all´ingrosso, hanno le loro difficoltà finanziarie e devono scaricare sui clienti i maggiori oneri. I rendimenti degli hedge ne saranno penalizzati, mentre alcune banche potrebbero trovare modi più redditizi di impiegare i loro scarsi capitali, e chiudere in tutto o in parte i rubinetti.
Ad agosto gli hedge hanno avuto un presentimento quando numerosi prime broker hanno aumentato le garanzie, ma poi le banche hanno continuato a coccolarli, anche perché ci vuole tempo prima che il maggior costo dei capitali si trasmetta da un capo all´altro della catena. Inoltre le banche temono di farsi una cattiva nomea abbandonandoli e, ciò che è ancor più importante, hanno prestato agli hedge i quattrini per comprare titoli in difficoltà, sgravando gli stati patrimoniali delle stesse banche ed evitando loro perdite massicce. Se si fosse interrotto questo gioco di squadra gli hedge avrebbero dovuto scaricare molti titoli sul mercato creando altri scompensi, ma le banche non potranno continuare ad assecondare i fondi in eterno. L´anno prossimo, quando le strategie che richiedono un ampio uso dell´effetto leva e di investimenti in titoli illiquidi si troveranno in affanno, gli hedge che vi ricorrono dovranno cercare di procurarsi finanziamenti a lungo termine. Mesi fa, Citadel ha raccolto 500 milioni di dollari sull´obbligazionario, mentre il fondo londinese Cqs si era premunito assicurandosi finanziamenti "lunghi" prima della stretta creditizia. Non tutti hanno avuto tale preveggenza, e ora potrebbe essere troppo tardi.
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