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 2007  dicembre 10 Lunedì calendario

I «predestinati» tra i carabinieri. Il Sole 24 Ore 10 dicembre 2007. Per un giovane capitano, conoscere a trent’anni la carriera che farà nei successivi trenta può esser piacevole

I «predestinati» tra i carabinieri. Il Sole 24 Ore 10 dicembre 2007. Per un giovane capitano, conoscere a trent’anni la carriera che farà nei successivi trenta può esser piacevole. Specie se nella sfera di cristallo appaiono le greche da generale. Ma che dire se alla stessa età, il nostro capitano sa perfettamente che per lui si prospetta una lunga, lunghissima permanenza nei gradi più bassi degli ufficiali superiori, senza alcuna speranza di andare oltre (rimettendoci anche un bell’aumento di stipendio)? La risposta è scontata: gli scapperà la voglia d’impegnarsi e, con tutta probabilità, passerà gli anni "trascinando la sciabola", come nei romanzi di Lermontov. Monomanie da militari, si potrà dire. Sta di fatto che l’Arma dei carabinieri - istituzione cardine e abituata a contare su ufficiali fortemente motivati - è da qualche tempo alle prese con i disagi e le tensioni causati da un meccanismo che consente, di fatto, ai giovani ufficiali di prevedere fino a quale grado della carriera arriveranno. Disagi che si esprimono con richieste di congedo, oltre che con la demotivazione. Ma anche tensioni. Confermate da alcuni episodi, come una recente rissa in pubblico fra due tenenti colonnelli impegnati nella prova per l’ammissione all’Ismi (ex Scuola di guerra), passaggio chiave per il grado superiore. Il problema riguarda gli ufficiali fra i 30 e i 50 anni (capitani, maggiori e tenenti colonnelli, il 62% del totale). Ed è legato, in gran parte, agli effetti perversi del diabolico congegno che governa i passaggi di grado. Una norma stabilisce che chi non passa da tenente colonnello a colonnello in "prima valutazione" dovrà aspettare due anni e, se non passa neppure in seconda, dovrà attendere altri sei (in molti casi, praticamente a fine carriera). E il punteggio per i passaggi come viene assegnato? In base ai titoli acquisiti: la frequenza del corso Ismi; i comandi territoriali svolti nelle grandi città (Roma, Milano, Napoli); gli incarichi "delicati" al comando generale. Se poi si aggiunge che la "selezione" comincia già nel passaggio da capitano a maggiore, allora si intuisce come il destino degli ufficiali dei carabinieri sia scritto fin dai primi anni di servizio. Alcuni - certo meritevoli - sono avviati verso i massimi gradi, già in età in cui è un po’ difficile prevedere le qualità professionali a termini così lunghi. Gli altri, quelli in fondo alla fila, non possono mai risalirla. «Neppure se conseguono importanti successi operativi», racconta, fra gli altri, Vittorio Santoni, ex comandante dei Ros di Torino e in prima fila nella lotta al terrorismo internazionale, che si è congedato dopo che gli era stato richiesto di fare il periodo di comando territoriale a Gorizia e Rovigo. Il problema non viene negato dal Comando generale, dove si sta pensando a una revisione delle norme. Ma un confronto diretto e i dati sull’andamento dei congedi degli ufficiali sono stati cortesemente negati. La norma che ha innovato il meccanismo delle valutazioni per il passagio di grado è il Dlgs 298/2000 (che richiama il Dlgs del 30 dicembre 1997 e il Dm Difesa 571/93). Un sistema (articolo 31 del Dlgs 298) che ora è a regime, dopo un rodaggio di sei anni. Le Commissioni di avanzamento, che valutano i titoli e assegnano i punteggi, sono di fatto scelte dal Capo di stato maggiore dell’Arma. I passaggi chiave sono due. Il primo, da capitano a maggiore, lo è perché in base ai punteggi ottenuti si determina una nuova graduatoria (mentre fino a quel momento sono determinanti solo i risultati di accademia e quelli per il servizio svolto) in cui entrano considerazioni altamente discrezionali (lo provano proprio le differenze di pochi centesimi di punto). Dopo la prima valutazione se ne svolge un’altra dopo un anno e una terza dopo quattro anni. Ma sono i primi posti nella graduatoria di prima valutazione quelli che contano: da quel momento, sarà chi li occupa a essere scelto per gli incarichi più prestigiosi, soprattutto l’ammissione all’Issmi (Istituto superiore di Stato maggiore interforze) e quindi ad acquisire punteggi sempre più elevati in vista del secondo passaggio chiave. Che è quello da tenente colonnello a colonnello (dopo alcuni anni nel grado di maggiore). I tenenti colonnelli devono fare un periodo di comando provinciale (me ora le cose stanno cambiando, perché questo incarico è previsto per i colonnelli) e anche qui, ovviamente, fra un comando e un altro c’è una differenza enorme in termini di visibilità e di punteggi. Possono anche frequentare l’Issmi (se non lo hanno già fatto). E, dopo cinque anni, venire valutati per la prima volta per il passaggio a colonnello. Con un cospicuo aumento di stipendio (sui 400-500 euro) che, dati gli emolumenti corrisposti agli ufficiali, diventa una discriminante pesante. Un tempo la differenza era, in termini economici, assai meno rilevante. La seconda valutazione avviene dopo altri due anni e la terza dopo ulteriori sei. Ma a questo punto è matematicamente impossibile farcela. Ecco perché i capitani che partono bene sanno già che diventerannno sicuramente colonnelli e forse generali mentre chi non riesce ad agguantare i primi posti nella valutazione a maggiore sa già che resterà sempre indietro. «Le brillanti operazioni, infatti contano quanto una bella scrivania – dice Santoni – e il punteggio assegnato è sempre a discrezione. Ad esempio, se un capitano ha svolto servizio in zone a rischio e ha arrestato un boss mafioso o un grosso latitante, nel passaggio al grado di maggiore consegue 8 punti mentre il parigrado responsabile di un qualsiasi ufficio nel Comando generale ne consegue 10». La meritocrazia, insomma, può anche diventare un paravento all’eccesso di dicrezionalità. E non evita il rischio di demotivare molti, troppi ufficiali. Saverio Fossati