La Stampa 10/12/2007, pag.29 Angelo Raffaele Meo, 10 dicembre 2007
SE RIFKIN GONFIA L’IDROGENO
La Stampa 10 dicembre 2007. Sono sempre stato un grande ammiratore del noto economista Jeremy Rifkin. In particolare, ho apprezzato la profonda analisi critica della società post industriale, della new economy, delle crisi energetiche e dell’inquinamento ambientale. Per questa ragione, oltre al dovere istituzionale, ero in seconda fila lunedì scorso, in occasione della solenne inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Torino, ad ascoltare la sua prolusione.
La teoria che ha esposto in quella circostanza, la sintesi di uno studio più approfondito svolto per l’Unione europea, è interessante e per molti aspetti affascinante. L’era dei combustibili fossili - carbone, petrolio, gas naturale - si avvia alla conclusione come conseguenza naturale dell’esaurimento di quelle preziose risorse. La recente impennata del prezzo del petrolio è un chiaro segno del prosciugamento dei pozzi che potrebbero svuotarsi nell’arco di un paio di decenni. Inoltre, la combustione di carbone e petrolio ha notevolmente incrementato il tasso di anidride carbonica nell’aria, aumentando la temperatura media della Terra e innalzando i livelli di inquinamento ambientale.
La soluzione di questo insieme di problemi impone una nuova rivoluzione industriale basata su tre fondamenti. In primo luogo, l’energia necessaria all’umanità sarà prodotta prevalentemente utilizzando le risorse rinnovabili come l’acqua a valle delle dighe, la forza del vento e delle maree, il calore del Sole, la combustione di biomasse. In secondo luogo, la grande rete mondiale di distribuzione dell’energia elettrica sarà più fortemente integrata nelle sue varie componenti e sarà oggetto di un processo continuo di analisi, modellazione e controllo. Così, in ogni momento, sarà possibile identificare le aree dell’utenza più affamate di energia e i soggetti produttori in grado di rispondere alle esigenze. In terzo luogo, il modello tradizionale di distribuzione dell’energia basato su pochissime sorgenti - le grandi centrali elettriche - e una grande moltitudine di consumatori dovrà essere sostituito da un modello in cui ogni consumatore, anche il più piccolo, potrà divenire in certi momenti della giornata erogatore di energia. Così, ad esempio, un privato potrà installare alcuni pannelli solari sul terrazzo della sua abitazione e produrre energia elettrica da iniettare nella «intergrid», ossia la nuova grande rete di distribuzione.
Ovviamente occorrerà superare molte difficoltà tecnologiche, industriali ed economiche, ma anche io, come Rifkin, ho fiducia. Rimane un punto importante che desta la mia perplessità, ed è il ruolo dell’idrogeno. L’idrogeno - ci spiega Rifkin - sarà lo strumento per immagazzinare energia nelle ore in cui non serve e poi veicolarla verso l’utenza nelle ore di maggiore richiesta. Ad esempio, l’energia prodotta dai pannelli solari potrà essere convertita in idrogeno che sarà successivamente bruciato per produrre energia elettrica. L’auto all’idrogeno potrebbe svolgere proprio questa funzione, ossia convertire l’energia termica immagazzinata nell’idrogeno in energia elettrica da iniettare in rete. Rifkin ha calcolato che, se soltanto il 25% degli automobilisti utilizzasse il proprio veicolo come impianto elettrico, si potrebbero eliminare tutte le centrali elettriche della Ue.
I colleghi innamorati dell’idrogeno mi hanno spiegato che sono disponibili le soluzioni tecniche per eliminare gli ossidi di azoto molto tossici prodotti dalla combustione dell’idrogeno. Tuttavia, rimane una grande perplessità. La termodinamica dimostra che la maggior parte dell’energia termica immagazzinata nell’idrogeno diventerà calore e soltanto una parte minoritaria diventerà energia elettrica. L’energia prodotta dai pannelli solari dovrà essere immagazzinata in altri dispositivi, come, ad esempio, nei volani che sono attualmente in fase di avanzato sviluppo da parte dei miei colleghi energetici del Politecnico. Inoltre, anche se gli amici miei e dell’idrogeno mi hanno tranquillizzato, continuo a temere che un giorno la mia auto faccia la fine che fece nel 1937 il dirigibile Hinderburg della Zeppelin.
Angelo Raffaele Meo