La Stampa 10/12/2007, pag.13 MARCO ZATTERIN, 10 dicembre 2007
L’Ue non riconquista l’Africa. La Stampa 10 dicembre 2007. LISBONA. Ci si sono messi in ottanta e hanno fatto quello che potevano
L’Ue non riconquista l’Africa. La Stampa 10 dicembre 2007. LISBONA. Ci si sono messi in ottanta e hanno fatto quello che potevano. Europa e Africa tenteranno ora di riscrivere le loro relazioni sulla base di un’inedita strategia «alla pari», sfruttando l’accordo in otto punti sulla cornice del piano d’azione destinato a metterla in pratica. Eppure, il primo vertice bilaterale dopo sette anni lascia l’amaro in bocca per le contraddizioni di un rapporto ancora in alto mare. Misurano la distanza i toni duri con cui il presidente senegalese Wade ha bocciato gli Ape, i nuovi accordi commerciali proposti da Bruxelles. «Noi tutti li rifiutiamo», ha tuonato. Oltre le parole della diplomazia, si confermano così le divergenze sulla gestione delle crisi, la governance e i diritti elementari. Lo prova il fatto che non si trova un africano disposto a contestare il dittatore dello Zimbabwe Mugabe che, nell’inattesa immunità, si è tolto anche lo sfizio di dare degli «arroganti» ai quattro paesi - Germania, Svezia, Danimarca e Olanda - che in plenaria lo hanno accusato di avere distrutto il suo paese. Il bilancio del summit non sorprende. Più vicini, ma ancora lontanissimi, divisi dal reddito e dalla storia. Tutti contenti nella facciata, saturi di problemi appena fuori dal palazzo, nonostante le 31 intese firmate ieri che porteranno 8 miliardi di aiuti nel continente nero. «Ci sono disaccordi - sottolinea il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Alpha Oumar Konaré - e nessuna rottura». L’ex premier maliano è stata la voce più frequente nel richiedere pari opportunità politiche ed economiche, obiettivo perseguito senza scrupoli nel tirare in ballo lo schiavismo e i genocidi. «Pronti a parlare di mercato - ha detto alla fine -. però occorre esser certi che per le risorse africane il prezzo sia appropriato». E’ l’avanguardia negoziale, anche perchè gli accordi economici si trattano a livello regionale e la Commissione Ua non ha voce in capitolo. Un segnale, più che altro. Per questo fa breccia l’offensiva di Wade con il suo «no» agli Accordi di partenariato economico che Bruxelles giudica una scelta obbligata. A fine anno scade il regime delle preferenze comunitarie (le condizioni privilegiate per i prodotti africani bocciate dal Wto) e si deve concepire una nuova generazione di intese. L’obiettivo è creare nel medio termine uno spazio di libero scambio, attraverso gli Ape. «Non lo vogliamo - ha assicurato il senegalese -. Parliamone ancora». Con lui il presidente sudafricano Thabo Mbeki, certo che «non sia nell’interesse dell’Africa». Se ne discuterà già in febbraio, prossima tappa del negoziato d’affari. Nel frattempo gran parte degli stati - come Costa d’Avorio, Kenya e Tanzania - ha siglato le intese di transizione. Nel tirare il bilancio del vertice portoghese l’Europa e l’Africa delle istituzione seminano miele a palate. Normale, ma guai a fidarsi. La situazione sul terreno contrasta con le dichiarazioni di giubilo. Le promesse di collaborazione sul controllo delle migrazioni non placano gli sbarchi sulle coste mediterranee. Il Darfur resta in attesa della forza ibrida e degli elicotteri. L’economia cresce, la povertà dilaga. La Cina, rapida e visibile, occupa spazi importanti di business, li scippa all’Europa. La violazione dei diritti umani pare diminuire, però resta una piaga che offende. Il sanguinario Mugabe è stato il più fotografato a Lisbona. E fare qualcosa? «Nessuno deve imporre la soluzione - risponde il ghanese John Kuofour, presidente dell’Unione africana -, deve crescere all’interno del paese. Ci vorrà tempo per tornare alla normalità». Inutile chiedergli di più. MARCO ZATTERIN