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 2007  dicembre 10 Lunedì calendario

”Troppa simpatia verso gli assassini”. La Stampa 10 dicembre 2007. COURMAYEUR. Può darsi che l’annus horribilis della cronaca nera ci racconti un’Italia diversa, quasi nascosta nei suoi misteri dietro al suo dolente velario

”Troppa simpatia verso gli assassini”. La Stampa 10 dicembre 2007. COURMAYEUR. Può darsi che l’annus horribilis della cronaca nera ci racconti un’Italia diversa, quasi nascosta nei suoi misteri dietro al suo dolente velario. Giancarlo De Cataldo, magistrato e scrittore di successo, l’autore de «Romanzo criminale» e «Nelle mani giuste», protagonista in questi giorni del festival noir di Courmayeur, lo intravede negli eccessi che segnano tutte queste storie, da Garlasco a Perugia, dai vari episodi di bullismo a quelli di figlicidio, come se un minimo denominatore comune tenesse sempre insieme vicende apparentemente così lontane fra di loro. «Il fatto è che in ogni delitto che ci affascina - spiega - c’è un punto che entra in sintonia, che entra in contatto con le nostre paure. Questo accade quando il delitto coinvolge i nostri rapporti con gli altri, la famiglia, i vicini di casa, le nostre abitudini. Poi, attorno a tutto questo, c’è un’esagerata attenzione mediatica, un interesse oppiaceo per la cronaca nera». Ma non è forse vero il contrario, che prima ce n’era troppo poca? E perché oppiacea? «Perché non scava nelle ragioni sociali dei delitti, ma ne stravolge la storia soffermandosi su particolari sbagliati. Non sono i media che creano i delitti, però di certo li enfatizzano in modo eccessivo, sproporzionato». In che senso? «La rivelazione di qualsiasi verbale, anche di quelli che non hanno nessun valore processuale, le interrogazioni ossessive degli esperti, la incredibile creazione di correnti di giudizio, di veri e propri partiti, fatta sulla base di primi elementi di indagine che non saranno decisivi nel proseguio delle indagini. Non dimentichiamo che nel nostro ordinamento gli imputati possono mentire, ritrattare, dire tutto e il contrario di tutto, senza che questo sia motivo di sanzione. Le loro dichiarazioni, quando vengono smentite, non hanno più valore. Tutto questo accade anche perché noi viviamo in un momento in cui il nostro processo è in crisi: una serie di leggi e di abitudini sbagliate l’hanno depauperato, ridotto a un meccanismo tortuoso, poco efficace. Così viene sostituito da un processo virtuale pericolosissimo, quello spettacolare inventato dai media». Ora accade anche sempre più spesso che gli imputati non confessino mai. Perché? «Per due motivi. Il primo, tecnico procedurale. Parlare non conviene. Ogni avvocato fa gli interessi del suo cliente e nel farlo non può non consigliargli di non tacere. Il secondo motivo è che la confessione segna l’assunzione di responsabilità, l’ammissione di una colpa. E’ il momento della catarsi. Ma questo accade in un contesto in cui il delitto porta esecrazione, orrore. Io sono colpevole, e me ne rendo conto anche perché il mondo mi guarda male perché sono un assassino». Sta dicendo che gli omicidi godono quasi di una sotterranea e diffusa complicità? «Ho l’impressione che alcuni gruppi sociali li guardino con simpatia. L’assassino viene indotto a pensare che farla franca è anche giusto. Lo sa chi sono gli unici che confessano oggi? Gli extracomunitari e i poveracci, gli ultimi, gli emarginati, quelli già esclusi dalla società, e che per questo non godono di alcuna comprensione». E quali sono le cose che colpiscono di più nella nuova cronaca nera? «Vedo che i fatti di sangue riguardano gli affetti, la famiglia. I delitti sono sempre dominati dalla passione e dai soldi, come diceva Balzac. Ma oggi predomina la passione. Poi è aumentata moltissimo la violenza nei confronti delle donne. Sembra cresciuta nel maschio la paura dell’altro sesso, il timore di perdere privilegi. Infine, l’altro fatto importante è che la famiglia pare diventato un luogo fortemente criminogeno. E’ rimasto il nucleo più solido e protettivo. Ma proprio dentro i luoghi solidi e protettivi possono scattare meccanismi di aggressività nei confronti di quelli che ti sono più vicini. Oscar Wilde diceva: tutti uccidono le persone che amano. Per citare un esempio estremo, un giovane schizofrenico ammazzerà più facilmente la madre, che è l’unica persona che si è occupata di lui». E il ruolo della società in questo contesto com’è cambiato? «E’ una società più ignorante». In che senso? «Perché ignora l’altro. E’ una società anaffettiva». PIERANGELO SAPEGNO