La Stampa 09/12/2007, pag.21 GUIDO RUOTOLO, 9 dicembre 2007
Io, Rudy e Amanda Il diario di Raffaele. La Stampa 9 Dicembre 2007. Perugia. 7 novembre Sento le grida dei galeotti Il primo giorno da detenuto
Io, Rudy e Amanda Il diario di Raffaele. La Stampa 9 Dicembre 2007. Perugia. 7 novembre Sento le grida dei galeotti Il primo giorno da detenuto. E’ duro l’impatto con il carcere. Raffaele scrive al padre e alla sorella: «Caro papà e sorellina principalmente, e a tutti quelli che leggono queste righe. Vi scrivo da una cella di isolamento umida e fredda, ci sono spioncini in ogni angolo della cella da dove gli agenti possono guardare anche quando fai i bisogni nel bagno. Il letto è fatto di spugna industriale, la televisione non funziona... Sto cercando di ammazzare il tempo e intanto sento le voci e le grida dei galeotti che giocano a biliardino, suppongo, anche se non l’ho mai visto / Stavo pensando che appena sarò fuori vorrei fare le mie scuse più grosse e sentite ai genitori di Amanda: sono totalmente distrutti e sconvolti». 12 novembre Non so fare del male Raffaele appare molto più riflessivo di quanto si possa immaginare. Nei primi giorni di detenzione la vita è dura, il ragazzo che doveva laurearsi comincia a guardarsi dentro. Una settimana dopo l’arresto: «Penso a tutti gli amici dell’Erasmus che mi sono vicini, che mi hanno conosciuto e sanno che una caratteristica mia che qualche volta può essere un difetto, è la mia totale incapacità di fare del male, ed è proprio qui che si creano i vari livelli della mia personalità che cerca in tutti i modi di difendersi portando un coltello in tasca e sacrificando tanti anni a imparare e a rischiare in uno sport come il kickboxing / La mia personalità è un insieme di tanti pesi e misure, adottati per trovare la tranquillità e la pace nella vita di tutti i giorni fatta di battaglie e piccole conquiste». 13 novembre Ho dimenticato le preghiere C’è anche lo spazio per la ricerca di una spiritualità perduta: «In questi giorni, e anche settimane fa, mi sono accorto che sia la vicinanza di Amanda e sia la catastrofe del carcere mi hanno fatto perdere totalmente la mia dedizione giornaliera alla preghiera... il problema non è che ho perso la fede ma che una miriade di fatti e cambiamenti hanno preso d’assalto la mia vita e mi sono trovato totalmente impreparato e perso in un contesto che reputavo fuori dalla realtà / Fuori guardo le nuvole e comincio a far finta di disegnare il cielo, cercando una risposta a me, a questa vita, al destino. Sembra tutto così misterioso... impercettibile... Come un punto di luce intensa in un tunnel completamente oscuro.. seguo la luce, la speranza, no, quella non la perdo mai...». 16 novembre Mi ha preso il panico Raffaele, vive in tempo reale una storia che non sembra appartenergli. Riflette sulla sua vita, prova a darsi delle spiegazioni. Quel giorno, è il 16 novembre, le novità della inchiesta riguardano il dna di Meredith e di Amanda sul coltellaccio della sua cucina: «Ieri sera in televisione ho visto che il coltello che avevo in casa (quello da cucina) ha tracce di Meredith e di Amanda (latenti)... mi è salito il cuore in gola ed ero anche in panico totale perché pensavo che Amanda avesse ucciso Meredith e avesse aiutato qualcuno nella impresa. Ma oggi ho visto Tiziano (il suo avvocato e padrino, ndr) che mi ha tranquillizzato: mi ha detto che quel coltello non può essere stato l’arma del delitto...». 17 novembre Quella volta con Mez, in cucina Torna sullo stesso argomento: «Il fatto che ci sia del dna di Meredith sul coltello di cucina è perché una volta, mentre cucinavamo insieme, io, spostandomi in casa con il coltello da cucina in mano, l’ho punta sulla mano e subito dopo le ho chiesto umilmente scusa, ma lei non si era fatta niente / Continuo a svegliarmi la mattina con facce accusatorie che mi fissano come un assassino... che cazzo di storia assurda... Nessuno dei tre (in carcere c’era ancora anche Patrick, ndr) c’entra un cazzo in questa storia....». Vita da detenuto, visite mediche, di controllo: «Mi chiamano dall’infermeria e leggo sulla cartella clinica che mi hanno diagnosticato attacchi di panico e che mi dovevo far rivedere. Sia Amanda che Patrick sono tranquilli, quindi questo mi tranquillizza in quanto se nessuno dei due ha fatto niente, figurati io... Chiedo pietà per la mia persona infangata e distrutta dai media e dagli investigatori...». 18 novembre Il messaggino di papà Quasi due settimane di detenzione. Gli investigatori e gli inquirenti stanno smontando pezzo pezzo il suo alibi. Non è vero che la notte «dei morti» Raffaele era a casa sua. Non è vero che alle 11 di sera suo padre lo ha chiamato. «Mi sembra un film horror. Ripensando e ricordando mi è venuto in mente che quella notte papà mi ha inviato un messaggio sms di buona notte, per essere indiscreto (sapendo che ero con Amanda), poi il giorno dopo Amanda mi ripeteva che se non fosse stata con me, a quest’ora sarebbe morta e in effetti ripensando e ricostruendo mi sembra che sia rimasta sempre con me... l’unica cosa che non ricordo esattamente è se si sia allontanata in prima serata per qualche minuto, e sono convinto che non può avere ammazzato Meredith e poi ritornare a casa». 20 novembre L’hanno preso, finalmente E’ il giorno dell’arresto di Rudy: «Oggi finalmente hanno preso il vero assassino di questa storia che ha dell’incredibile. E’ un ivoriano di 22 anni, spacciatore. E l’hanno trovato in Germania. Papà l’ho visto contento e sorridente, ma io per il momento non sono contento...». Diceva Raffaele: «Mi sembra un film horror...». Adesso scrivono tutti. Scrive Azouz Marzouk, il tunisino di Erba, dal carcere di Vigevano. Scrivono i protagonisti del giallo di Perugia. Amanda e Raffaele, in particolare, sono molto proliferi: Patrick non ha avuto tempo, forse perché non aveva nulla da raccontare. E adesso assaggia l’ebrezza della scrittura anche Rudy «il baro». Un paio di lettere, per il momento. A quel che si sa, nessuno di loro è riuscito a cedere i diritti d’autore a rotocalchi inglesi o americani (gli italiani devono essere evidentemente tirchi), anche perché i loro scritti alla fine finiscono nel fascicolo processuale. In queste settimane, Raffaele Sollecito ha riempito pagine e pagine di diario. Giorno dopo giorno ha raccontato il suo punto di vista sulle «verità» investigative che emergevano, sulle tracce di dna e le impronte digitali scoperte in via della Pergola 7. Questi appunti sono anche qualcosa di più e di diverso. Raffaele parla di sé e del suo mondo, e si rivolge al padre, alla sorella e agli amici, offrendo anche spunti di indagine sulla sua personalità. Colpisce, soprattutto, che le sue «verità» - i suoi dubbi su Amanda, il suo dichiararsi innocente - le consegni alla scrittura, avendo opposto la facoltà di non rispondere al pm Giuliano Mignini, che voleva interrogarlo. E’ come se non avesse gradito di ripiombare nel mondo reale, aggrappandosi con tutta la sua forza a un copione immaginario di una storia che purtroppo è reale: la notte dei «morti», quel corpo sgozzato di Meredith, una giovane studentessa inglese. 1. Raffaele Sollecito con Amanda Knox davanti alla casa del delitto nei giorni immediatamente successivi l’omicidio di Meredith Kercher: i fidanzati hanno ritrattato le loro prime deposizioni; 2. Il 6 novembre, giorno dell’arresto per concorso in omicidio e violenza sessuale con Amanda e Patrick Lumumba, poi scagionato; 3. Il padre di Raffaele, noto medico urologo di Bari; 4. Un’immagine tratta dal blog di Raffaele: il ragazzo indossa un lenzuolo e impugna una mannaia; 5. Con la fidanzata in un negozio di intimo 48 ore dopo l’assassinio: lei acquista un perizoma e gli promette «sesso forte». GUIDO RUOTOLO