Sergio Romano, Corriere della Sera 13/12/2007, 13 dicembre 2007
Ho notato che i vincitori delle elezioni nei vari Paesi del mondo si dividono in due categorie: quelli graditi agli occidentali e quelli sgraditi agli occidentali (potrei anche dire agli Stati Uniti e a Israele)
Ho notato che i vincitori delle elezioni nei vari Paesi del mondo si dividono in due categorie: quelli graditi agli occidentali e quelli sgraditi agli occidentali (potrei anche dire agli Stati Uniti e a Israele). Nel primo caso si accetta la legittimità del responso popolare, nel secondo caso no. Non era legittimo il risultato delle elezioni in Algeria perché aveva vinto il Fis (Fronte islamico della salvezza), così Milosevic non era un parlamentare eletto bensì un dittatore, così non sono valide le elezioni in Palestina perché ha vinto Hamas, così le elezioni in Ucraina sono valide se vince Yushchenko, ma non lo sono più se vince Yanukovic. Non so chi avrebbe dovuto vincere le ultime in Russia perché si rinunciasse a denunciare brogli; forse ci si sarebbe accontentati di un risultato più modesto. Ma non può essere che Putin abbia dei meriti avendo fatto uscire la Russia da una situazione disastrosa? Antonio Fadda antoniofadda2@ virgilio.it Caro Fadda, I l vizio a cui lei allude ha dato origine qualche anno fa a un neologismo molto efficace: «doppiopesismo ». un’abitudine particolarmente diffusa in Italia, dove l’amico è sempre perdonabile e il nemico sempre criticabile. Ma nel caso della Russia occorrerebbe parlare piuttosto di una generale diffidenza. Vladimir Putin piace a Silvio Berlusconi, ma il suo sistema politico gode in Italia di poche simpatie. Non piace alla sinistra ex comunista, perché il leader russo è pur sempre un esponente della generazione che ha affossato l’Unione Sovietica. Non piace alla sinistra democratica e progressista, perché tratta i suoi oppositori molto bruscamente. Non piace ai moderati e alla destra, perché non esita a servirsi del petrolio e del gas per affermare gli interessi della Russia in Europa. Non piace ai filo-americani perché si oppone con molta fermezza ai progetti militari di Bush in Europa centro-orientale. E non piace infine a tutti coloro che hanno sempre guardato alla Russia con sentimenti di paura e ostilità. Questa somma di pregiudizi, allergie e idiosincrasie ha avuto l’effetto di condizionare la nostra analisi della situazione russa. Non abbiamo capito, ad esempio, le ragioni per cui Putin ha potuto contare in questi anni sulla fiducia di una grande maggioranza della società russa. Non abbiamo capito che la lotta contro gli oligarchi fu salutata dai russi come una salutare crociata contro gli avventurosi uomini d’affari che avevano conquistato a poco prezzo, negli anni Novanta, le maggiori risorse naturali del Paese. Non abbiamo capito che il consolidamento del potere del Cremlino era visto dai russi come una giusta reazione all’anarchia feudale che si stava gradualmente instaurando nel Paese. Non abbiamo notato che i salari medi del cittadino russo sono passati dall’equivalente di 81 dollari mensili all’equivalente di 550 e che il livello di povertà, secondo calcoli americani, è passato dal 27% al 15%. Non abbiamo osservato che alcuni esponenti dell’opposizione (il campione di scacchi Garry Kasparov, in particolare) sono personaggi politicamente fragili, privi di consistenza e di seguito politico. E non abbiamo prestato attenzione al fatto che certe iniziative internazionali di Putin, giustificate dalla politica unilaterale degli Stati Uniti, venivano salutate in Russia come legittime manifestazioni di orgoglio nazionale. Esiste tuttavia un problema a cui anche gli estimatori di Putin dovrebbero prestare attenzione. Sapevamo che Putin avrebbe vinto. Ma era davvero necessario «stravincere » mettendo in campo mezzi polizieschi e repressivi che hanno inutilmente nuociuto all’immagine del leader? probabilmente utile al Paese che Putin, anche se con un diverso cappello, conservi il potere. Ma il leader sembra deciso a creare un regime fortemente autoritario e preferire il modello cinese a quello delle democrazie occidentali. Credo che i russi meritino più democrazia di quanto Putin sia disposto a concedere.