Affari & Finanza La Repubblica 10/12/2007, pag.1 LEONARDO COEN, 10 dicembre 2007
Cremlino spa, dove arrivano i tentacoli di Putin. Affari & Finanza La Repubblica 10 dicembre 2007
Cremlino spa, dove arrivano i tentacoli di Putin. Affari & Finanza La Repubblica 10 dicembre 2007. Chi va a scartabellare tra i listini della Borsa di Mosca per scoprire quale è la holding più potente del paese, penserà di aver fatto centro al primo colpo individuando facilmente gli andamenti azionari della Gazprom, il colosso dell’ energia. E poi anche quelli di Severstal, tra le prime tre conglomerate dell’ acciaio del mondo. O della Norilsknickel, il leader globale della produzione di metalli non ferrosi. Invece si sbaglia. Il vero potere economico e finanziario della Russia si nasconde dentro le mura del Cremlino, tra i corridoi e le stanze degli uffici presidenziali. Una struttura che dovrebbe essere l’ apparato tecnico della presidenza federale, ma che in realtà è diventata qualcosa di più e di determinante: il think thank in cui si decide tutto, in sostanza, il luogo delle decisioni inappellabili. Nel bene e nel male, dipendono da Putin e dai suoi più stretti collaboratori i settori chiave dell’ energia, dell’ industria, del commercio e della finanza russi. La Kremlin spa è ormai il cuore e il nodo cruciale del capitalismo reale russo nato sulle ceneri del socialismo reale sovietico. Un processo di concentrazione da parte del Cremlino quale mai si era visto sinora e che ricorda tanto, nella rigida "verticale del potere", quella dell’ Urss. Tutto questo è avvenuto negli ultimi otto anni, da quando cioè dentro il Cremlino si è insediato l’ uomo degli apparati di sicurezza, l’ ex spia del Kgb Vladimir Vladimirovic Putin, congedatosi dal servizio col grado di tenente colonnello nel 1989, di rientro dalla Germania dell’ Est, all’ indomani del crollo del Muro di Berlino. Una manovra accerchiante: durante i due mandati della presidenza di Putin, un gruppo di funzionari dell’ Fsb i servizi segreti federali che hanno sostituito il Kgb ha consolidato il suo potere economico costruendo un nuovo tipo di corporate state, un apparato politicoamministrativo strettamente connesso alle grandi imprese, via via rimesse nell’ orbita dello parastato. Gli oligarchi, soprattutto dopo il processo contro Mikhail Khodorkovskij l’ ex boss della Yukos che volle contrastare Putin foraggiando i partiti dell’ opposizione hanno dovuto sottomettersi a questa regola del gioco, in cui libero mercato e dirigismo economico vanno di pari passo. Del resto, le spie comandano non solo al Cremlino, ma anche in tutto il moloch dell’ amministrazione federale. Secondo la sociologa dell’ Accademia delle scienze Olga Kristhtanovskaja, un quarto degli alti funzionari del paese sono siloviki, che in russo significa "uomini di forza", provengono dalle file dell’ Fsb o dalla polizia o dalle Forze Armate. La percentuale sale a tre quarti, se si aggiungono le persone affiliate ai servizi. Cosa vuol dire? Che Putin ha creato attorno a sé una sorta di legione compatta e omogenea, soprattutto gente indottrinata dalle accademie militari e dai corsi speciali di spionaggio. Professionisti addestrati al silenzio, alla discrezione, alla segretezza. A concepire piani senza lasciar trapelare nulla. Insomma, si è formato uno stato nello stato. Che ha ripreso nelle sua mani il controllo di quasi tutte le leve di comando, risucchiando nell’ orbita del Cremlino aziende e banche, con il pretesto che stavano diventando o erano già d’ interesse strategico. La Gazprom alla fine degli anni 90 aveva una gestione goffa e parassitaria. Una delle prime cose che Putin ha fatto è stata quella di smantellare la vecchia squadra dirigenziale e sostituirla con due tra gli uomini a lui più fedeli: Alexei Miller e Dmitri Medvedev. Il primo divenne l’ amministratore delegato, col compito di raccogliere gli asset e di rilanciare l’ azienda dinamicizzandola, lanciandola alla conquista dei mercati di consumo. Miller ha avuto carta bianca e il pieno appoggio di Putin. Gazprom è diventata con lui l’ arma più potente delle ambizioni geopolitiche russe. Mosca ha il rubinetto dell’ energia di cui l’ Europa è assetata. Oggi Gazprom è il più grande produttore di gas del mondo e fattura 30,1 miliardi di dollari. A salvaguardare l’ impresa ci ha pensato Medvedev, che ha elaborato alcune normative che hanno permesso alla squadra manageriale di Miller di recuperare ciò che era stato disperso dallo staff eltsiniano. Sia Miller che Medvedev sono di Pietroburgo, come Putin. Il quarantacinquenne Miller, in particolare, si è laureato all’ Istituto superiore economico e finanziario di Leningrado, mentre Medvedev ha studiato presso la stessa facoltà di legge, sempre a Leningrado, frequentata dieci anni prima, da Putin. La loro amicizia fu cementata dalla frequentazione e dal lavoro in comune sotto il sindaco Anatolij Sobtchak, il grande tutore del giovane Putin. Che sarebbe diventato primo vicesindaco e responsabile dei rapporti economici municipali con l’ estero. Secondo alcune indiscrezioni dell’ epoca, Putin stesso ebbe qualche problemuccio per via di loschi contratti relativi a forniture di generi alimentari scambiati con materie prime. Ma tutto finì nel calderone degli stravolgimenti politici degli anni Novanta e poi Putin aveva comunque fama d’ essere un funzionario severo, esigente e corretto. Fu in quel periodo che Putin scoprì e sfruttò le sue capacità manageriali, soprattutto per quanto riguardava l’ organizzazione del lavoro e del personale. Era uno che accoppiava qualità decisionali e un lavoro di preparazione accurato, questo frutto dell’ esperienza precedente nel Kgb, quando doveva elaborare dossier e spedirli alla Lubianka, il quartier generale dello spionaggio sovietico. Con Miller e Medvedev avanza una generazione di abili e devoti yesmen. Hanno una caratteristica in comune: non sono dei dilettanti allo sbaraglio o dei politici prestati all’ economia. Sono tra i più brillanti laureati dei loro corsi universitari, spesso hanno aggiunto ai loro curriculum corsi all’ estero, qualcuno addirittura perfezionandosi nelle prestigiose università americane. Padroneggiano l’ inglese, e non solo. Sergej Ivanov, 54 anni coetaneo di Putin nonché suo concittadino è l’ attuale vice premier. Generale di corpo d’ armata, ha un background nell’ intelligence del Kgb che lo ha spedito in Svezia, in Gran Bretagna, in Africa. E’ stato vicedirettore del Kgb quando Putin era il direttore (19981999). Dismessa la divisa è diventato ministro della Difesa. Questa competenza gli ha permesso di occuparsi dell’ apparato militareindustriale, fucina di giganteschi business e di interessi incrociati con l’ industria privata e l’ export degli armamenti. Come il suo omonimo Viktor Ivanov, 57 anni, nato a Novgorod (vicino a Pietroburgo) che dopo aver lavorato con Putin al Kgb è stato cooptato al Cremlino come assistente del presidente. Lui è presidente del consorzio AlmazAntej (armamenti), un’ altra pedina fondamentale nello scacchiere delle forniture militari rilanciate dopo il deterioramento delle relazioni UsaRussia e NatoRussia. Non solo: Viktor Ivanov è l’ occhio dello Stato in Aeroflot, la compagnia di bandiera che è stata rinnovata ed è ormai competitiva a livello europeo, al punto che di lei si è parlato per l’ acquisto di Alitalia. Gli uomini della Kremlin Spa, fossero quotati come i calciatori, varrebbero decine di miliardi di dollari. Quanto le società che controllano. Per esempio, parliamo di un personaggio che non appare quasi mai sulle pagine dei giornali: Igor Secin. Il vicecapo dell’ amministrazione presidenziale. Considerato l’ eminenza grigia del potere occulto. Nato indovinate dove? A Pietroburgo, nel 1960. Quale mestiere ha intrapreso? Quello della spia nel Kgb. E dopo? Funzionario al comune di Pietroburgo, con Putin. Risultato: diventa presidente della Rosneft, la seconda compagnia petrolifera. Le carriere dei pitertsy, "gli uomini del clan di Pietroburgo", sembrano fatte con lo stampino. Hanno un comune denominatore: l’ opacità. E la stessa finalità: l’ occupazione quasi militaresca del potere economico, legittimato da quello politico. La Kremlin spa, infatti, funziona in tandem con Russia Unita, formazione all’ inizio del 2000 per dare a Putin una piattaforma elettorale. In Russia lo chiamano il "partito degli amministratori". Un coacervo di interessi locali, regionali, federali. Dove si intrecciano burocrazia, nomenklatura e oligarchi. E dove si accompagna alla Duma, in Parlamento, con adeguata "produzione" di leggi, l’ implacabile azione di Putin&soci. Il ritorno ai monopoli viene favorito da questo capitalismo "reale e burocratico" che ha per fulcro la figura del presidente. Si racconta che quando Putin guidava il comitato cittadino per i rapporti internazionali del municipio di Pietroburgo, scegliesse i propri collaboratori in base alle indicazioni fornitegli dai colleghi dei servizi. Putin ha ripetuto lo stesso meccanismo a Mosca. Con determinazione, centralizzando tutto. Utilizzando le armi del consenso di massa quindi rastrellando o facendo rastrellare giornali ed emittenti tv; rendendo inoffensiva l’ opposizione e i centri indipendenti di formazione dell’ opinione pubblica. Avviando una riforma sostanziale della finanza (varando nel 2004 il fondo sovrano per sfruttare i proventi del petrolio e delle materie prime): Aleksej Kudrin, il ministro della Finanza, è uno degli artefici di questa iniziativa. Guarda caso, ha lavorato con Putin sempre in quel municipio di Pietroburgo fucina del potere futuro. Oggi Kudrin è in difficoltà, per via dell’ arresto di Sergej Storchak, il suo vice, accusato di aver tentato una frode lucrando sul debito estero dell’ ex Urss. C’ è chi ha visto in quest’ arresto eccellente, una guerra all’ interno del Cremlino fra clan opposti, perché tra pochi mesi Putin dovrà formalmente traslocare. Chi sarà il suo successore? Uno dei fedelissimi, affinchè la macchina messa in moto possa continuare a correre come prima. Viktor Cerkesov, 57 anni, l’ attuale direttore federale per il controllo sul traffico della droga ed ex Kgb, dicono sia il più caro amico di Putin, fin dai tempi della laurea (data nello stesso mese). Sarà Cerkesov a suggerirgli il "delfino" giusto? LEONARDO COEN