Affari & Finanza La Repubblica 10/12/2007, pag.3 MARCELLO DE CECCO, 10 dicembre 2007
Sui tassi vince il modello Buba. Affari & Finanza La Repubblica 10 dicembre 2007. Per le decisioni delle banche centrali, l’ Atlantico continua ad allargarsi, anche se per i sistemi finanziari europeo e americano esso ormai si è ridotto a un laghetto, così come è avvenuto anche al Pacifico
Sui tassi vince il modello Buba. Affari & Finanza La Repubblica 10 dicembre 2007. Per le decisioni delle banche centrali, l’ Atlantico continua ad allargarsi, anche se per i sistemi finanziari europeo e americano esso ormai si è ridotto a un laghetto, così come è avvenuto anche al Pacifico. Il sistema finanziario è ormai uno solo, in tutto il mondo, ma le banche centrali principali e anche alcune meno importanti, come la Banca d’ Inghilterra, continuano a ritenere di poter decidere in completa autonomia le une dalle altre. Così accade che la Bce mantenga i tassi invariati, come ha fatto giovedì, mentre Fed e Banca d’ Inghilterra li riducono, ma comunichi allo stesso tempo di essere preoccupata non della incipiente recessione che in Europa stanno innescando la caduta della domanda di importazioni che proviene dagli Stati Uniti e il permanere del prezzo del petrolio a livelli intollerabili, ma della inflazione che è salita, nella area della moneta unica, al 3% (con l’ Italia che mostra tassi di aumento dei prezzi sotto la media europea, perché parecchio sotto la media è anche la crescita della nostra economia). Il governatore Trichet sembra credere che le condizioni dell’ area dell’ euro siano assai diverse da quelle degli Stati Uniti, mentre forse è vero che solo un leggero sfasamento temporale separa la fase ciclica europea da quella americana. Potrebbe valer la pena per la Bce agire d’ anticipo, antivedendo che l’ effetto sull’ Europa della recessione americana è imminente e sarà pesante. Valga a questo proposito solo ricordare che la Germania esporta negli Stati Uniti il doppio di quanto esporta in Cina. Trichet e i suoi colleghi preferiscono invece aspettare e vedere, forse sperando in una subitanea ripresa o in un affievolimento della pressione dei prezzi. E intanto, aizzato da emissari di vari paesi membri dell’ Unione monetaria, guidati autorevolmente dalla banca centrale tedesca, Trichet lancia ammonimenti gravi e diretti ai sindacati europei, in particolare a quelli di paesi come la Germania dove sono in corso serie controversie di lavoro. Li esorta a comportamenti moderati nel negoziare i salari, a evitare di farsi guidare dal tasso di inflazione presente. Ricorda esplicitamente che la decisione di lasciare i tassi invariati è basata sulla assunzione che non ci siano effetti di spinta sui salari. Se c’ è segno che l’ inflazione passa sui salari dice Trichet le premesse per la stabilità dei tassi vengono a mancare e una decisione di rialzo alla prossima riunione del Consiglio della Bce è del tutto prevedibile. A ulteriore prova della serietà dell’ ammonimento, la Bce rende noto che la decisione di giovedì non è stata presa all’ unanimità. Non lo si dice, ma si intuisce che alcuni dei partecipanti avrebbero preferito un aumento. Eppure, nei giorni precedenti, alcuni componenti del consiglio esecutivo della Bce, come il francese Noyer e lo spagnolo Gonzales Paramo, avevano espresso il timore per un rallentamento della crescita in Europa. Ma di opinione opposta si sono dichiarati altri membri dello stesso consiglio, come il tedesco Axel Weber e l’ austriaco Klaus Liebscher. Sembra dunque che, all’ interno dell’ organo di governo dell’ autorità monetaria europea si siano formati due opposti schieramenti. Per il momento si è raggiunta una tregua, decidendo per l’ immobilità dei tassi, ma nel futuro prossimo solo una decisa virata verso il basso dell’ economia europea potrebbe indurre a più miti consigli i paladini del rispetto del mandato primario della Bce, la lotta ad una inflazione che ha superato il fatidico 2%. Naturalmente, una virata verso l’ alto avrebbe l’ effetto opposto. La divisione all’ interno dell’ organo di governo della Bce significa anche che le autorità monetarie europee non temono per la stabilità del sistema finanziario della zona dell’ euro, né per ragioni interne né per effetto del contagio della instabilità finanziaria americana. Come si poteva facilmente prevedere, appena rese note le decisioni della Bce l’ Euro ha ricominciato a rafforzarsi nei confronti del dollaro. Evidentemente, Trichet e i falchi che fanno parte dell’ organo di governo della Bce non temono per la competitività delle esportazioni europee. E qui Gonzales Paramo sembra essere smentito dal Primo Ministro del suo paese, Zapatero, che a Napoli ha dichiarato di non temere affatto l’ Euro forte, spalleggiato dallo stesso Trichet, che ha a sua volta detto che i paesi in buone condizioni di finanza pubblica e quelli che hanno fatto le famose riforme di struttura (e cioè reso flessibile il mercato del lavoro) saranno premiati nell’ atmosfera darwiniana creata in Europa dall’ euro forte. Ma è veramente così? Quanto dura la forza dei bilanci dei paesi virtuosi europei se una recessione fa rallentare le entrate fiscali? E che accade, se la instabilità del mercato finanziario americano, trasmessa al mercato europeo dai tassi a tre mesi e anche da quelli sui prestiti a più lunga scadenza, mette in difficoltà, ad esempio, il rifinanziamento del debito estero e in generale dell’ indebitamento delle imprese spagnole o spinge in basso le vendite del settore immobiliare nello stesso paese? Il modello Bundesbank, l’ ho già scritto parecchie volte in questi mesi, sembra così prevalere alla Bce, che pure in passato era sembrata capace di sviluppare una propria filosofia e prassi monetaria indipendenti dal modello tedesco. Esso è indubbiamente un modello forte, tornato al successo in una Germania che ha negli ultimi dieci anni profondamente ristrutturato il proprio sistema economico, ma strutturalmente suppone che qualcun altro si occupi di creare una domanda mondiale che assicuri un tasso di crescita decente anche all’ economia europea. Questo lo hanno fatto storicamente gli Stati Uniti, prodighi di deficit gemelli e di debolezza finanziaria sufficiente a creare abbondante liquidità internazionale. Ora però, per lo scatenarsi della crisi della finanza privata americana ben al di là del problema dei mutui "subprime", è in atto negli Stati Uniti un rattrappimento profondo della creazione di liquidità privata, che pare ancora insensibile ai trattamenti consueti a base di iniezioni di moneta della banca centrale e di ben pubblicizzate ma ancora scarsamente efficaci misure eccezionali quali la creazione di un grande fondo di assorbimento dei prestiti illiquidi in cassa agli intermediari finanziari e il congelamento dei tassi sui mutui immobiliari. Forse dietro le decisioni della Bce e le dichiarazioni dei suoi "falchi" c’ è la certezza che in un anno elettorale come quello che è appena iniziato negli Stati Uniti, governo, banca centrale e protagonisti della finanza privata non arretreranno di fronte a nulla pur di disincagliare il sistema finanziario dalle secche sulle quali si è volontariamente spinto. E’ una visione del mondo cinica, ma basata sulla estrapolazione del passato. Si è appena profilato all’ orizzonte, tuttavia, un elemento che potrebbe ostacolare anche i più decisi sforzi dei già ricordati signori: ed è la discesa in campo, a indagare il recente passato della finanza privata, del sistema giudiziario americano, nella persona del procuratore di New York, Andrew Cuomo, spalleggiato da alcune importanti commissioni del Congresso. Il cognome del procuratore, la sua acquisita parentela coi Kennedy, ne fanno un ovvio candidato alla più alta magistratura politica degli Stati Uniti nelle elezioni del 2012. Le probabilità di successo del figlio dello sfortunato governatore di New York possono essere fortemente accresciute da una sapiente regia dell’ azione di indagine giudiziaria sui comportamenti delle banche e degli altri protagonisti della finanza americana negli anni che hanno portato alla crisi attuale. Il precedente di Elliot Spitzer è però istruttivo. Egli scoprì le malefatte delle banche d’ affari nella precedente crisi, ma si limitò a condannarle a multe francamente ridicole vista la portata dei misfatti e la capacità dei loro portafogli. La giustizia fu invece penalmente severa con gli industriali, che i banchieri avevano aiutato a tessere tele criminose. Vedremo che farà il giovane Cuomo, in una situazione nella quale già sul primo giornale degli Stati Uniti una voce autorevole si è levata contro il doppio ruolo, di bracconiere e guardacaccia, della maggiore e più fortunata banca d’ affari del mondo, di cui fu timoniere, fino alla sua discesa in campo pubblico, Hank Paulson, ministro del Tesoro. MARCELLO DE CECCO