Galileo.net, 12 dicembre 2007
Una palla di neve completamente ghiacciata o piuttosto neve e fango, con zone libere dal ghiaccio in corrispondenza dell’equatore? Il dibattito su come si presentasse la Terra nel Neoproterozoico, tra 850 e 635 milioni di anni fa, è decisamente aperto
Una palla di neve completamente ghiacciata o piuttosto neve e fango, con zone libere dal ghiaccio in corrispondenza dell’equatore? Il dibattito su come si presentasse la Terra nel Neoproterozoico, tra 850 e 635 milioni di anni fa, è decisamente aperto. Ma a proporre un nuovo modello paleoclimatico su Nature in favore di questa seconda ipotesi sono oggi i fisici dell’Università di Toronto. Secondo i ricercatori infatti, La ri-mineralizzazione del carbonio, dovuta al raffreddamento rapido delle acque, avrebbe contribuito a mantenere alte le concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica durante le glaciazioni. Sarebbe questo il motivo per cui la Terra non si trasformò in una enorme ’palla di neve’, condizione che avrebbe potuto impedire lo sviluppo del processo della fotosintesi, alla base dei primi organismi unicellulari che comparvero nel Cambriano, qualche centinaia di migliaia di anni più tardi. Gli scienziati canadesi, guidati da Richard Peltier, ritengono che il clima in questo periodo critico sarebbe dipeso da fenomeni chimici piuttosto che geofisici. In condizioni di raffreddamento rapido, l’oceano rilascia maggiori quantità di ossigeno, aumento che contribuisce a una più efficace conversione del carbonio da organico a inorganico. Secondo il modello proposto dagli autori questo processo avrebbe influito sui livelli di anidride carbonica e, di conseguenza, sull’effetto serra, garantendo le condizioni favorevoli allo sviluppo della vita. La reazione chimica di ri-mineralizzazione del carbonio si sarebbe quindi comportata da ’sistema tampone’, evitando il completo congelamento delle acque. Altri studi precedenti sui giacimenti rocciosi e sugli isotopi dell’ossigeno suggeriscono che i ghiacci raggiungessero l’equatore durante il Neoproterozoico, con profondi effetti sullo sviluppo dell’attività fotosintetica. Il fatto però che a questo periodo faccia seguito la comparsa dei primi organismi viventi contribuisce a complicare il quadro. Rimangono dunque molte incertezze e il modello proposto dai geofisici canadesi dovrà essere ulteriormente confermato.