La Repubblica 09/12/2007, pag.33 NELLO AJELLO, 9 dicembre 2007
Le Corbusier viaggio in Italia. La Repubblica 9 dicembre 2007. «Sua Eccellenza il Capo del Governo», informa una nota ufficiale in data 15 gennaio 1934, «si è compiaciuto di dare il proprio assenso perché abbia luogo in Italia il progettato corso di conferenze sulle nuove forme dell´Architettura moderna» ad opera del «noto architetto francese Le Corbusier»
Le Corbusier viaggio in Italia. La Repubblica 9 dicembre 2007. «Sua Eccellenza il Capo del Governo», informa una nota ufficiale in data 15 gennaio 1934, «si è compiaciuto di dare il proprio assenso perché abbia luogo in Italia il progettato corso di conferenze sulle nuove forme dell´Architettura moderna» ad opera del «noto architetto francese Le Corbusier». Di questo soggiorno romano dell´artista, che avrebbe poi avuto luogo nel giugno del ”34, si parlerà dal 13 al 15 dicembre, a Roma, in un convegno intitolato L´Italia di Le Corbusier: 1907-1965, a cura di Marida Talamona. Ma ricostruiamo quel viaggio di settantatré anni fa. All´interessato, il quarantasettenne Charles-Edouard Jeanneret, Le Corbusier appunto, che la aspettava a Parigi, la notizia fu comunicata per lettera da un suo amico italiano, l´ingegner Guido Fiorini, con molta esultanza: «Victoire! Victoire!». Di una vittoria, infatti, si trattava. Da due anni il maestro dell´architettura moderna si adoperava per ottenere il benestare alla sua visita nella capitale italiana. La richiesta aveva appena fatto in tempo ad arrivare a Roma, che intorno ad essa s´erano aggrovigliati pareri discordi. Lo scontro, dopo aver coinvolto i sindacati dei Professionisti e degli Artisti, finì per investire vari ministeri: Esteri, Corporazioni, Interni. Fra le obiezioni al viaggio ne spiccava una: il «proponente» era «straniero» e, forse, «comunista» (diceria, quest´ultima, erronea). Non restava dunque che appellarsi al Duce, come per un affare di Stato. A rimuovere l´iniziale veto di Mussolini intervennero mediazioni significative. Per impulso di Pietro Maria Bardi, attivo difensore dell´architettura "razionalista", si mossero in favore del viaggio Giuseppe Bottai e l´accademico d´Italia Massimo Bontempelli, direttore, insieme con Bardi, della rivista Quadrante. Essi si fecero garanti della correttezza politica di Le Corbusier e riuscirono ad attenuare le riserve del Duce sui problemi interni che poteva suscitare l´arrivo a Roma di un personaggio-simbolo dell´urbanistica moderna. L´assenso finale del dittatore mitigò la contesa. In Italia, "Corbu" era stato già tre volte. A vent´anni, nel 1907, aveva visitato Firenze, Lucca, Siena, Pisa, Ravenna; infine Venezia, che lo abbagliò: «Je prends Venise à témoin», avrebbe spesso ripetuto. Nel 1911, in un viaggio alla scoperta del Mediterraneo era riapprodato a Roma: Massenzio e il Pantheon, il Campidoglio e San Pietro, il Vaticano e Villa Adriana, ma anche una chiesa paleocristiana come Santa Maria in Cosmedin divennero luoghi cari alla sua vocazione di "costruttore". Scopi professionali ebbe una sua trasferta a Roma nel 1921: vi instaurò rapporti di scambio fra L´Esprit nouveau, la rivista da lui diretta, e alcuni periodici, da Valori plastici di Mario Broglio ad Architettura ed Arti Decorative di Gustavo Giovannoni e Marcello Piacentini. Quest´ultimo presentò per la prima volta in Italia, in quelle pagine, la figura e l´opera di Le Corbusier. E adesso, nel 1934? Roma figura, più che mai, nei programmi del grande architetto. un luogo importante per i suoi progetti di lavoro: cioè per la realizzazione della «Ville Radieuse», la città che, come un idolo, occupa la sua immaginazione. Per attuare questo piano ideale occorre appellarsi all´autorità politica, di qualunque colore essa sia: è un concetto che egli diffonde in ogni occasione, utilizzando anche i Ciam, i Congressi internazionali dell´architettura moderna, di cui è gran parte. Con quell´intenzione apolitica, o meglio "omnipolitica", egli ha progettato nella Mosca di Stalin il Centrosoyuz, un grande fabbricato di uffici e sale riunioni. E nella stessa ottica, nell´ottobre del 1931, ha pensato di inviare a Mussolini un Manifesto che lo induca ad appoggiare il suo progetto per la costruzione del Palazzo delle Nazioni a Ginevra. Progetto al quale si propone di associare i rappresentanti della «giovane architettura italiana». Quell´appello non è andato a buon fine, ma ecco giunto il momento di riprovarci con l´Italia. Le tre settimane che Le Corbusier vi trascorre sono annotate dall´artista in un suo carnet: un mucchietto di fogli graffiati da un´ardua scrittura. A interpretarli e trascriverli per la prima volta è stata Marida Talamona, curatrice del convegno romano e docente di storia dell´Architettura a Roma Tre. Ne darà conto in un intervento al convegno, appunto (di quel carnet si offre un assaggio in questa pagina). Nomi, cognomi, schizzi di edifici. Giudizi fulminanti. Ragguagli d´ambiente. Figurano in questo journal gli amici vecchi e nuovi dell´ospite illustre: Pirandello, Bontempelli con la sua giovanissima compagna Paola Masino, Fiorini, Libero De Libero, Bardi, il pittore Corrado Cagli. Sfilano gli industriali che egli ha voluto incontrare - Olivetti, Agnelli, Volpi di Misurata - e sui quali conta per appoggi finanziari in vista di futuri progetti costruttivi, per esempio l´Expo parigina del ”37. Seguono cenni al modo di passare svagatamente le serate. Quella Roma in cui, atteso o temuto, piomba il grande architetto è teatro di polemiche pubbliche, che però lo riguardano da vicino. Ci si divide, in politica, sul peso e il significato da dare all´architettura moderna. I fautori del "nuovo" - Bottai, Bontempelli, Filippo Tommaso Marinetti, Enrico Prampolini, Luigi Figini, Gino Pollini, Luigi Piccinato, Giovanni Michelucci e il gruppo Banfi, Belgioioso, Peressutti e Rogers - sono avversati dai tradizionalisti, di nome oscuro ma risoluti nel considerare i fautori del "razionalismo" una schiera di invasori esterofili. In una zona di mezzo si collocano alcuni notabili illustri, del livello, ad esempio, d´un Piacentini. La presenza di "Corbu" a Roma s´inscrive in questa battaglia. Alla vigilia del suo arrivo, il 26 maggio, c´era stata alla Camera una rumorosa sollevazione contro l´architettura moderna, identificata con Sabaudia e con la nuova stazione di Firenze, in costruzione. I tradizionalisti hanno gridato allo scandalo, ma il 10 giugno Mussolini s´è pronunziato a favore dei giovani "razionalisti" e li ha ricevuti a palazzo Venezia. Così a maggior ragione, per l´ospite, l´esigenza primaria diventa una sola: farsi ricevere dal Duce. Ma non ci riesce (e lo racconta nella lettera alla madre riprodotta in questa pagina). Forse, per Mussolini, concedere udienza a una grande firma dell´architettura straniera significa esporsi troppo. Non gli mancano, comunque, i pretesti per indugiare. Il 14 giugno arriverà in Italia, ed è la prima volta, Adolf Hitler. Il 15 ci sarà una solenne manifestazione a Venezia. Giovedì 20 giugno, l´amico Bardi comunica a Le Corbusier che il Duce potrebbe incontrarlo fra il 27 e il 29. Ma lui decide di ripartire. L´aver atteso l´udienza per diciassette giorni è troppo per il suo orgoglio. Di carattere brusco ed egocentrico, com´è, pensa che si sia abusato della sua pazienza. stata un´occasione perduta? Si può rispondere di sì. Uno degli obiettivi cui il maestro mirava era Pontinia, la terza città fascista da edificare nel basso Lazio dopo Latina e Sabaudia. Ma resta un miraggio incompiuto. E rimane appena schizzata, nel carnet, l´area in cui dovrebbe sorgere il Palazzo del Littorio, al cui progetto concorrono molti architetti italiani. L´edificio che Le Corbusier immagina, per puro estro personale, ha uno scheletro di acciaio e vetro. Non sarà mai realizzato. Né mai vedrà la luce la costruzione di quell´ospedale di Venezia, a San Giobbe, il cui progetto verrà affidato a Le Corbusier assai più tardi e che, dopo averne visto soltanto un plastico preparatorio, Bruno Zevi giudicherà un´opera «grandiosa», forse la «più semplice ed eloquente» del maestro. Il progetto di massima viene presentato a Venezia nell´aprile del 1965. Il 27 agosto Le Corbusier annega, per infarto, nel mare di Cap Martin in Costa Azzurra, dove ha trascorso l´estate in un cabanon di legno che s´è costruito sulla roccia. « morto in un capanno solitario», così lo commemora André Malraux, «l´uomo che aveva concepito delle capitali». NELLO AJELLO