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 2007  dicembre 12 Mercoledì calendario

«Dio è morto, Marx è morto...» attaccava il noto aforisma di Woody Allen. E anche Vattimo, come si sente Gianni Vattimo? Seduto nel salotto della sua casa affacciata sulla sede aulica dell’Università, sulle gambe un enorme gatto rosso che si chiama Pancho (come Pardi, come Villa; ma anche per via della pinguedine) e che naturalmente «è comunista», lo scolarca del pensiero debole sfoglia il primo volume, fresco di stampa - anzi: il primo tomo del primo volume -, delle sue Opere complete: un monumento filosofico, e un cimento imprenditoriale, a cui si è sobbarcato l’editore Meltemi e che (per ora) prevede 42 volumi, più uno introduttivo

«Dio è morto, Marx è morto...» attaccava il noto aforisma di Woody Allen. E anche Vattimo, come si sente Gianni Vattimo? Seduto nel salotto della sua casa affacciata sulla sede aulica dell’Università, sulle gambe un enorme gatto rosso che si chiama Pancho (come Pardi, come Villa; ma anche per via della pinguedine) e che naturalmente «è comunista», lo scolarca del pensiero debole sfoglia il primo volume, fresco di stampa - anzi: il primo tomo del primo volume -, delle sue Opere complete: un monumento filosofico, e un cimento imprenditoriale, a cui si è sobbarcato l’editore Meltemi e che (per ora) prevede 42 volumi, più uno introduttivo. «Non vorrei far fallire una casa editrice. Io li ho messi in guardia...» si preoccupa lui. Ma non è questo il punto. Il punto è, professore, che l’opera «completa» di un autore, in genere, è quella a cui l’autore non può più aggiungere nulla perché... «Lo so, lo so, faccio sempre le corna. vero, l’opera omnia dei grandi filosofi del ”900 è stata pubblicata dopo la loro morte. Con un’eccezione: quella del mio maestro Gadamer, che se l’è fatta da sé ed è campato fino a 102 anni. Io cerco di conservarmi vivo e in salute, e di accompagnare la mia opera il più a lungo possibile. Con la speranza che prosegua anche al di là della mia "defunzione". «Mi rendo conto però che l’idea di opera omnia oggi è un po’ Alte Modische, è fuori moda. Ormai si trova tutto su Internet. Quando vado a fare una conferenza a Cuba e due giorni dopo sono a Lima - si sa com’è: uno non è che si prepari due discorsi completamente differenti - trovo sempre chi mi dice: ma questo c’è già su YouTube. C’è tutto, su YouTube: anche un video dove canto ”O surdato ”nnammurato, con l’aria leggermente ubriaca. «E poi diciamolo: ero geloso del fatto che Adelphi avesse cominciato a pubblicare le Opere (non complete) di Severino. Non so se esistano anche delle Opere di Massimo Cacciari, il che mi farebbe anche più rabbia...». C’è un’altra implicazione, però, nell’idea di opere complete. Completo, in latino perfectum, è ciò a cui nulla può essere tolto, ma neppure aggiunto: significa che non ha più niente da dire? «Se penso ai contenuti, mi sento ancora "sul tiro". Tenderei a dire che a quest’omnia ce ne manca ancora. Del resto l’accordo con Meltemi prevede la pubblicazione anche delle opere nuove. Io mi sono sempre sentito inadeguato all’età, con i miei allievi mi sento in competizione, quindi figuriamoci se mi vedo fuori gioco. A volte sono colpito dal fatto che i più giovani mi considerino da buttare. Non me la prendo, habent sua fata libelli... Ci sono ritmi naturali nella cultura: adesso tutti studiano gli analitici, gli americani; l’ermeneutica è un ferrovecchio. Io mi sforzo di non considerare la mia vecchiaia come vecchiaia del mondo. Non dico: non c’è più religione! Penso che metà è colpa del mondo e metà colpa mia. Faccio quello che Spengler consigliava alla civiltà, ossia espandersi nello spazio. Giro il mondo, ormai mi manca solo l’Antartide». Che cosa vorrebbe ancora scrivere? «Mi interessano sempre la politica e la religione. La filosofia, potremmo dire alla Clausewitz, è la prosecuzione della religione e della politica con altri mezzi. Ho in progetto una Ontologia dell’attualità - il titolo è ricavato da Foucault - in cui intendo combattere la tendenza a fare dell’ontologia una filosofia descrittiva dell’esistente, dove si mescolano il peggio della filosofia analitica e il peggio della fenomenologia. una lettura di destra della fenomenologia, da servo delle classi dominanti, quella che la riduce alla descrizione di come stanno le cose, per fondare delle normatività». Nomi? «Ma lasciamo stare...». Maurizio Ferraris, Roberta De Monticelli...? «Per me l’ontologia è pensiero dell’essere che non si identifica con gli enti. l’orizzonte della trasformabilità. Un orizzonte critico: pensare, a partire dall’attualità, come l’essere dovrebbe darsi. una mia visione recente: solo con la lotta ci si salva. Né farsi povero con i poveri, né fare il ricco che aiuta i poveri, ma lottare con i poveri: come Lenin». Un’osservazione. Diceva Hegel che il filosofare non sistematico è un pensiero frammentario, e che al di fuori del sistema non si dà la verità. Ora, dall’indice delle Opere complete, che non sono ripubblicate secondo un ordine cronologico ma raggruppate per temi, emerge per l’appunto, inevitabilmente, una sorta di «sistema Vattimo». Sembra quasi una nostalgia delle strutture forti: non è in contraddizione con lo spirito del pensiero debole? «La razionalità è connettere le cose in modo che non ci siano salti: una forma di continuità. In quanto ne riconosco la storicità, il mio non è un sistema bloccato, ma esperienza vissuta non lasciata andare in pura frammentarietà. C’è sistematicità anche nel pensiero debole, che è una forte teoria dell’indebolimento come via di emancipazione». Le è venuta bene. «Sono bravo, eh!». Un po’ di vanità? «Io sono così vanitoso che non credo di esserlo. Ma è più esatto parlare di narcisismo. Penso di essere molto bravo, ma penso anche che questo è una stupidaggine. Penso di essere simpatico a tutti, di non avere dei nemici, ma a volte mi accorgo che non è così».  il relativismo, bellezza. «Penso: ma saranno poi nemici, o gente che sbaglia? Non sanno quello che fanno, disse Gesù... Siccome è troppo faticoso giudicare le persone, non le giudico. Mi sono tutti simpatici, e questo è un difetto. Mi faccio tutto con tutti, come san Paolo. Son tant un brav fieul... «Non mi piace avere nemici: in questo forse assomiglio a Berlusconi. Alla fine mi è pure simpatico. La berlusconità è una certa approssimatività salesiana, fatta di angoli arrotondati. Come sanno i protestanti, il cattolicesimo è molto più comodo: c’è tutto un insieme di tolleranze che sono l’opposto della tolleranza zero. Anche il mio amico Eco, che adesso ce l’ha un po’ con me perché dico che vuole assomigliare alla sua monumentalità, ha un tratto in comune con me e Berlusconi: una certà cattolicità. In fondo io, se non facessi tante scenate contro il Papa, potrei benissimo insegnare il catechismo». Che cosa legge, di questi tempi? «In questi giorni, soprattutto Reiner Schürmann, un filosofo morto pochi anni fa, che parla di Heidegger in termini di anarchia. Studio i libri che mi servono per gli ultimi due corsi prima della pensione, tra un anno: saranno su Nietzsche e su Pareyson, il mio maestro, che temo di avere troppo sistematizzato. Poi leggo un po’ di teologia, libri di storia contemporanea, biografie. Mi piacciono i gialli, ma quelli buoni sono sempre di meno. Comunque leggo poco...». Legge poco? «Sono troppo impegnato a scrivere». Stampa Articolo