Pablo Trincia, La Stampa 12/12/2007, 12 dicembre 2007
Una vertebra può arrivare a 30 euro, una spina dorsale a 272, un teschio con tutti i denti fino a 820, un intero scheletro più di 2000
Una vertebra può arrivare a 30 euro, una spina dorsale a 272, un teschio con tutti i denti fino a 820, un intero scheletro più di 2000. Sono i numeri da tariffario del macabro traffico che collega i cimiteri delle città dell’Asia meridionale alle aule delle più prestigiose accademie mediche occidentali: il commercio di ossa umane. Se vi siete mai chiesti di chi fosse lo scheletro esposto dietro la vetrina durante l’ora di anatomia, la risposta vi porterebbe con buone probabilità verso qualche remoto villaggio dell’India. da qui che arriva la maggior parte della popolazione ossuta e silenziosa che si è insediata nei laboratori di tutto il pianeta. Anche se, dietro a quella che sembra un’innocua compravendita di materiale umano, spesso si cela del losco, un business clandestino da centinaia di migliaia di dollari raccontato in un lungo reportage nell’ultimo numero del mensile americano «Wired». A ispirare l’articolo è stato un fatto di cronaca avvenuto in India. Ad aprile di quest’anno, le autorità dello Stato del West Bengal hanno scoperto una fabbrica di ossa umane, dove una banda di sei persone sezionava cadaveri dissotterrati illegalmente per rivenderne gli scheletri. Un paio di mesi dopo, la polizia di frontiera di Jaigon ha bloccato una gang di trafficanti intenti a portare un carico di ossa in Bhutan. Durante l’interrogatorio, gli arrestati hanno spiegato che la merce è particolarmente ricercata nei monasteri buddhisti, dove i femori cavi verrebbero utilizzati per suonare e i teschi per bere durante le cerimonie religiose. E dire che quello delle ossa è stato un commercio legale in India fino alla metà degli Anni 80, quando ospedali e università americane ed europee chiamavano New Delhi o Calcutta per farsi inviare grossi quantitativi di teschi, tibie e colonne vertebrali. Il business era cominciato nel diciannovesimo secolo, dopo l’approvazione nel 1832 dell’Anatomy Act, una legge che nel Regno Unito bandiva il dissotterramento clandestino di cadaveri. Per soddisfare la domanda, le istituzioni mediche britanniche si rivolsero quindi alle colonie, prime fra tutte l’India. Il business si rivelò proficuo. Nel 1984 l’ex colonia esportava 60 mila scheletri all’anno e le fabbriche di ossa di Calcutta (oggi Kolkata) arrivavano a sfiorare il milione di dollari di ricavato. Poi, quando un commerciante fu sorpreso a vendere 1500 scheletri di bambini, il governo intervenne con una legge che vieta l’esportazione di ossa. Un provvedimento che ha fatto aumentare i prezzi. E che ha prodotto uno spostamento del commercio in Cina, che tuttavia, stando agli esperti del settore, «produrrebbe» merce di qualità inferiore. Oggi molti istituti di medicina utilizzano repliche prodotte da società specializzate. La Colonial Medical Assistance Devices, per esempio, offre Mr.Flexible, uno scheletro flessibile, a 769 dollari. Ma i medici sostengono che non sia la stessa cosa. In India, nel frattempo, il traffico di scheletri si trasferiva nei canali sotterranei controllati da organizzazioni malavitose. Squadre di cenciosi profanatori di tombe svuotano i cimiteri, portandosi via cadaveri di gente appena sotterrata. Spesso i corpi vengono rubati nei pressi di importanti città sante indù, come Varanasi, dove ogni giorno centinaia di morti vengono bruciati per poi spargerne le ceneri nel Gange. In un posto del genere, procurarsi un cadavere non è difficile. Infatti i trafficanti si rivolgono ai membri della casta dom, quella che, tradizionalmente, si occupa delle pratiche di cremazione dei corpi. I cadaveri vengono fatti sparire e poi gettati in reti immerse nell’acqua per una settimana, in attesa che pesci e batteri si sbarazzino della carne. Le ossa vengono poi bollite, trattate con idrossido di sodio e «ripassate» con una vernice giallastra, prima di essere lasciate per un’altra settimana alla luce del sole e infine immerse nell’acido idroclorico, che conferisce il colore bianco smaltato. A quel punto, il prodotto è ultimato e pronto a essere spedito in giro per il mondo. Alcuni anni fa, la polizia di Kolkata ricevette la denuncia di alcuni abitanti, che protestavano per «l’odore di morte» proveniente da una fabbrica non lontano dalle loro case. Gli agenti trovarono due stanze piene di scheletri umani e un tetto ricoperto di ossa lasciate essiccare al sole. Negli uffici della società, conosciuta come «Young Brothers», furono trovati svariati ordini da Thailandia, Brasile, Usa ed Europa. Fatturava circa 10 mila euro al mese. Dopo il raid della polizia, la società ha cominciato a dedicarsi alla versione «legale» del commercio, vendendo repliche. Tuttavia trafficanti e collezionisti di ossa restano spesso impuniti e il network del business illegale non ha mai davvero smesso di funzionare. L’India ha ancora troppi scheletri nell’armadio. Stampa Articolo