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 2007  dicembre 12 Mercoledì calendario

Nel celebre film-documentario di Luc Jacquet li abbiamo visti marciare per centinaia di chilometri verso Sud, fino all’estrema punta della costa antartica, e deporre le uova per obbedire alla primordiale legge della sopravvivenza

Nel celebre film-documentario di Luc Jacquet li abbiamo visti marciare per centinaia di chilometri verso Sud, fino all’estrema punta della costa antartica, e deporre le uova per obbedire alla primordiale legge della sopravvivenza. Ora, spiega il Wwf con un rapporto diffuso in tutto il mondo dal summit di Bali, il riscaldamento globale minaccia anche l’epopea dei pinguini: si sciolgono i ghiacci, diminuisce la banchisa - dovranno camminare meno, magra consolazione - ma scompare il krill, gli enormi banchi di minuscoli crostacei che costituiscono per loro e per tante altre specie un indispensabile nutrimento. «I pinguini, veri simboli dell’Antartide – dice Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia – sono costretti a un adattamento forzato: il cambiamento climatico sottrae i terreni per la nidificazione e il krill per l’alimentazione, a un ritmo senza precedenti». Con il rapporto «Pinguini e cambiamenti climatici» l’associazione ambientalista lancia l’allarme non solo per la salvezza del pinguino Imperatore, il più grande e il più bello di tutti, ma anche per il pinguino di Adelia, per quello dell’Antartide e per il pinguino Papua. Il ghiaccio della penisola antartica, dice il Wwf – ovvero di un’area che fa parte della più vasta Antartide - copre oggi un territorio inferiore del 40 per cento a 26 anni fa; l’Oceano meridionale che lambisce la penisola si è scaldato fino a una profondità di 3.000 metri, sottraendo agli animali (comprese foche e balene, non dimentichiamolo) l’habitat nel quale si riproducono e trovano cibo. Negli ultimi cinquant’anni, quindi, le colonie del Pinguino Imperatore si sono dimezzate; gli inverni sempre più miti e i venti sempre più forti hanno costretto gli animali a crescere i piccoli su strati di ghiaccio sottili, che nelle ultime stagioni si rompono troppo presto. Moltissime uova e i piccoli appena nati vengono inghiottiti dall’acqua prima di riuscire a sopravvivere autonomamente. Una strage. Sono a rischio, dice il Wwf, anche il Pinguino dell’Antartide, specie la cui popolazione è diminuita dal 30% al 66% (a seconda delle colonie e della disponibilità di cibo), e i Pinguini Papua, minacciati dal declino degli stock di krill causato dalla pesca intensiva. Nell’Antartide nord-occidentale, dove il riscaldamento si fa ancora più sentire, i pinguini di Adelia sono diminuiti del 65% negli ultimi 25 anni: devono fare i conti con la scarsità di cibo, con l’invasione dei «cugini» Papua Antartide (che preferiscono temperature più miti), con le bufere di neve. Le temperature più alte fanno sì che l’atmosfera trattenga più vapore acqueo, il che accresce le nevicate e mette a rischio la sopravvivenza della specie, bisognosa di terra libera dalla neve per allevare i piccoli. Come se non bastasse, il pinguino di Adelia - e altre specie, ad esempio le foche di Weddell del Mare di Ross - sono minacciate dalle sostanze inquinanti prodotte dalle lavorazioni industriali: circa un anno fa alcuni studi hanno documentato per la prima volta la presenza di residui di vernici e lubrificanti in numerosi esemplari. «I ministri giunti a Bali da tutto il mondo – conclude Bologna – e soprattutto quelli dei Paesi industrializzati devono trovare un accordo per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra e proteggere l’Antartide, che ormai subisce una pressione fortissima a causa del riscaldamento globale". Occorre un impegno preciso che vada al di là delle chiacchiere e delle dichiarazioni edificanti cui siamo abituati. I pinguini rappresentano bene quella «terra di nessuno» politica, economica e ambientale che stiamo attraversando: sono animali favolosi, oceanici, capaci di immergersi fino a 400 metri di profondità e di restare in apnea per venti minuti. Sono una specie «ai confini della vita», che presidia gli ultimi lembi di terra abitata: dopo di loro non c’è più nulla, solo una distesa bianca e venti glaciali che soffiano a 150 chilometri l’ora. Quanto resisteranno? Così le balene e gli orsi polari: il riscaldamento marino rende sempre più difficile ai cetacei, durante le migrazioni, trovare le consuete fonti di alimentazione. Pare un’arca che affonda, insomma: pinguini, balene e orsi sono tutti sulla stessa barca, cioè i ghiacci polari. Ma quella zattera è anche la nostra, e pare si stia sciogliendo. Stampa Articolo