Augusto Minzolini, La Stampa 12/12/2007, 12 dicembre 2007
Nel Palazzo già circolano le voci sulla nuova tegola che potrebbe colpire il governo di Romano Prodi tra Natale e Capodanno
Nel Palazzo già circolano le voci sulla nuova tegola che potrebbe colpire il governo di Romano Prodi tra Natale e Capodanno. Come è già avvenuto per il consigliere Rai, Angelo Maria Petroni, il Tar dovrebbe dare ragione anche al generale Roberto Speciale, cacciato dal vice-ministro Vincenzo Visco dal vertice della Guardia di Finanza. Si conosce a grandi linee anche la sentenza: una montagna di soldi di risarcimento (si parla di tre milioni), ma non sarà possibile il reintegro perché Speciale dimettendosi è rientrato nell’esercito e lì si va in pensione a 64 anni, un’età che lui ha appena compiuto. La sentenza dovrebbe essere depositata, però, proprio durante le feste per evitare che abbia dei contraccolpi sull’esame della legge Finanziaria. Un’altra botta al Professore. Magari il governo perderà altri due punti nell’indice di gradimento. Ma si andrà ancora avanti con questo quadro politico per un altro pezzo di strada in una situazione sempre più confusa. Il governo vivacchia e sulla legge elettorale tutti, da Romano Prodi ai piccoli partiti, da Casini, ai maggiorenti del Pd danno addosso all’alleanza che almeno su questo tema, che è la chiave di tutto, si è creata tra Walter Veltroni e Silvio Berlusconi. Un’alleanza che per il momento tiene. Certo i due indietreggiano, il «Vassallum» è cambiato almeno dal punto di vista nominale, ma la proposta su cui si discuterà in Parlamento presentata da Enzo Bianco è sicuramente più vicina a quella abbozzata dal sindaco di Roma che non a quella che hanno in mente i seguaci del proporzionale alla tedesca. Quindi, almeno per il momento, i due grandi partiti, Pd e Pdl, indietreggiano ma non sbracano. E soprattutto si muovono all’unisono. Spiega il Cavaliere dietro una colonna del tempio di Adriano, dove ha presentato l’ultimo libro di Bruno Vespa su «l’amore e il potere»: «Non vorrei essere frainteso, io non voglio il tedesco, ma una legge che recepisca il più possibile le linee del Vassallum. Su questo marciamo con Veltroni. Ogni cambio di posizione lo concordiamo. Siamo sempre in contatto. Letta e Bettini si sentono tutti i giorni. Per cui, gli altri non si facciano illusioni. Siamo in sintonia perché abbiamo gli stessi interessi. Quando ho incontrato Veltroni gliel’ho detto: ”Guarda che io per voi sono il Messia che vi libererà dai comunisti”. Come pure abbiamo gli stessi motivi per avversare la nascita di un nuovo centro. Un obiettivo che dovrebbe condividere anche Fini. Per questo non capisco come possa accettare il tedesco. E la stessa cosa dovrebbe capirla anche qualcun altro...». Il nome del «qualcun altro» il Cavaliere non lo pronuncia, ma tutti sanno che si tratta di Massimo D’Alema. Sia Veltroni sia Berlusconi sono convinti, infatti, di una cosa: l’uomo che tiene le fila del «partito tedesco» è l’ex-uomo forte dei ds. Per paura di perdere influenza l’attuale ministro degli Esteri si è collocato su una posizione che ha due punti di riferimento: difesa ad oltranza del governo Prodi e una legge sul modello tedesco, per modificare la natura leaderistica del Pd e per aprire la strada ad un’alleanza privilegiata con i centristi di Pezzotta e Casini. In buona parte l’esatto contrario della politica di Veltroni. Per tenere in piedi il governo, D’Alema ha fatto di tutto. Ha parlato con Dini, ha rassicurato Mastella, ha chiesto l’aiuto di Cossiga. Addirittura c’è chi insinua che l’assenza nell’ultimo voto sul decreto sulla sicurezza del senatore di An, Francesco Divella, sia dovuta all’amicizia che unisce il patron dell’omonimo pastificio con baffino. Nella testa di D’Alema, come in quella di Francesco Rutelli, il governo istituzionale non esiste. Nella «lobbying» politica che sta esercitando a favore del «tedesco» poi il ministro degli Esteri si è superato. Continua ad avere un rapporto privilegiato con Casini a cui ha dato questo consiglio: «Più tieni duro sul tedesco e più la legge elettorale si avvicinerà a Berlino». «In questo momento - racconta Clemente Mastella, che è sempre più insofferente - Massimo è innamorato di Casini. Non sapete quello che mi ha raccontato Enzo Bianco delle pressioni che ha ricevuto quando stava elaborando la sua bozza. Da una parte Franceschini e gli uomini di Berlusconi. Dall’altra D’Alema e Rutelli per il tedesco hanno usato parole forti: ”Sono - mi ha confessato Bianco - il classico vaso di coccio”». Così D’Alema è diventato il capo del «partito tedesco» che ha nel mirino Veltroni-Berlusconi. «Una volta - racconta il senatore azzurro Quagliarello - il più puro dei dalemiani, La Torre, era sempre con noi. Di fatto, facevamo parte dello stesso partito. Ora non ci caga più». Osserva Peppino Caldarola, veltroniano convinto: «A Massimo non garba un Veltroni sulla cresta dell’onda che può riuscire dove lui ha fallito. Inoltre ci sono dei dati politici: nel suo ”schema” un centro c’è sempre stato. Per lui il Pd deve mantenere un’aura di sinistra e allearsi con il centro moderato. E’ la politica che persegue da 14 anni. Da quando è convinto che Berlusconi sta per tramontare. Come pure che il leader non è quello che si presenta davanti ai cittadini, ma quello che agisce nell’ombra. Un Togliatti datato che si è mangiato tanti voti». D’Alema o non D’Alema, comunque, per ora Veltroni e Berlusconi vanno avanti. Ieri il leader del Pd ha respinto ai mittenti l’accusa di legge truffa rivolta al Vassallum e ha spiegato che non accetterà dei «veti» né dai piccoli dell’Unione, né da Fini. Ha dalla sua parte Berlusconi e Bertinotti e spera di recuperare il leader di An. Deve temere, però, Prodi e il suo pretoriano di oggi, D’Alema. Già, il premier. A Bobo Craxi ha regalato una riflessione improntata al fatalismo arricchita da una parabola sui rapporti umani: «Se mi voglio affossare mi affosseranno. Non credo però che Napolitano possa aprire la strada ad un governo istituzionale visto che il mio nome è stato indicato dagli elettori. Semmai si va alle elezioni. Certo le solidarietà personali in politica sono quello che sono. Quando si va allo scontro tutti fanno i loro interessi, si fanno i loro conti. E’ la vita». Appunto, pensava di avere accanto Veltroni e si è ritrovato D’Alema. Stampa Articolo