Sandro Viola, la Repubblica 12/12/2007, 12 dicembre 2007
«UN regalo di Natale»: era questa la battuta che circolava ieri negli uffici della City, a Londra, a proposito della designazione di Dmitrij Medvedev come successore di Putin alla presidenza della Russia
«UN regalo di Natale»: era questa la battuta che circolava ieri negli uffici della City, a Londra, a proposito della designazione di Dmitrij Medvedev come successore di Putin alla presidenza della Russia. Il mondo degli affari aveva conosciuto già lunedì, all´annuncio che il mistero sulla successione s´era ormai dissolto – e dissolto nel migliore dei modi, con la quasi certezza che la prossima primavera salirà al Cremlino un economista di tendenze relativamente liberali ”, un momento d´euforia. Le quotazioni alla Borsa di Mosca erano immediatamente salite, infatti, di oltre il 2 per cento. Ma è stato ieri, con i nuovi rialzi degli indici di Borsa russi e i giudizi positivi degli esperti stranieri con sede a Mosca, che negli ambienti finanziari di mezzo mondo ha cominciato a circolare un deciso ottimismo. La candidatura di Medvedev ha rappresentato indubbiamente una sorpresa. Per tutto l´anno Putin aveva attaccato con ogni pretesto gli Stati Uniti e l´Europa, facendo precipitare lo stato dei rapporti tra Russia e Occidente a livelli da quasi Guerra fredda. Ma lunedì, del tutto inatteso, ecco il «regalo di Natale». La designazione, tra tutti i possibili aspiranti alla presidenza di cui s´era parlato nelle ultime settimane, del più moderato, e si può anche dire pro-occidentale, dei delfini di Putin. L´unico a non essere uscito dalle file o dalle vicinanze del Kgb, l´unico dopo Lenin ad essere cresciuto in una famiglia (il padre docente universitario, la madre insegnante) dell´ "intellighentsja" russa. Vedremo più avanti i limiti e i rischi della designazione di Medvedev a successore di Putin. Per ora, proviamo a guardare le cose con gli occhi della «business community» internazionale. Negli ultimi mesi, il mondo industriale e finanziario aveva temuto che il candidato alle elezioni presidenziali di marzo sarebbe stato uno dei «siloviki», gli ex agenti del Kgb o d´altri servizi di sicurezza insediatisi con Putin al Cremlino. Cinquantenni che avevano subìto in modo più lacerante il crollo della potenza sovietica, pervasi da acri umori di rivincita nei confronti dell´Occidente, e in economia partigiani d´una sempre maggiore presenza dello Stato nei grandi gruppi e monopoli che gestiscono le risorse energetiche russe. Industrie e investitori esteri si trovano di fronte, invece, al personaggio che da sempre avevano sperato potesse prendere il posto di Putin. Un uomo di 42 anni che non ha mai avuto un´esperienza di lavoro ai tempi dell´Urss, prima giovanissimo professore di giurisprudenza all´Università di Pietroburgo e poi - sempre al fianco di Putin - un ruolo di consigliere economico e tecnocrate negli anni in cui la Russia s´è man mano risollevata dal disastro della transizione post-sovietica. Il Medvedev presidente del colosso Gazprom, che al convegno di Davos, nel febbraio scorso, aveva incantato gli interlocutori occidentali con le sue dichiarazioni a favore dell´economia di mercato e degli investimenti stranieri in Russia. Come meravigliarsi, quindi, della ventata d´euforia che circola da lunedì sera nel mondo degli affari? Tanto ottimismo va tuttavia, almeno in parte, ridimensionato. Gli osservatori russi, i più addentro negli anditi del regime putiniano, esprimono infatti parecchie riserve sulla candidatura Medvedev. E le più ricorrenti riguardano il rapporto tra Putin e il suo quasi certo successore. Affiorano pettegolezzi, come quelli messi in giro da una signora che nei primi Novanta lavorò al Comune di Pietroburgo con Putin e Medvedev, tale Olga Kurnosova, secondo cui i compiti di Medvedev si limitavano a versare il caffè nella tazza di Putin. Ma ci sono giudizi ben più seri e attendibili, come quelli della sociologa Olga Kryshtanovskaja, secondo cui una cosa dev´essere chiara: il rapporto di Medvedev con il Capo è di riconoscenza e devozione, qualcosa di non molto dissimile da quello d´un figlio adottivo. La sua scelta è dovuta, continua la sociologa, al fatto che politicamente è il più debole tra i papabili, senza un consistente gruppo di sostegno alle spalle, privo o quasi d´idee proprie. E perciò incapace di mettersi di traverso, un domani, sul cammino di Putin. Che cosa sottintendano queste riserve e obbiezioni, è più che chiaro. Medvedev (che Putin chiama col diminutivo di Dmitrij, Dema) sarà un presidente docile, sempre pronto a porre in pratica i suggerimenti del «leader nazionale», poco più d´uno strumento per la sopravvivenza del regime. E un segno in questa direzione (un presidente di facciata, e dietro la struttura di potere creata da Putin negli ultimi otto anni), è venuto ieri quando Medvedev ha dichiarato che chiederà a Putin di ricoprire a marzo 2008, dopo aver lasciato il Cremlino, il posto di primo ministro. Una specie di quadratura del cerchio, il padre e il figlio adottivi ai comandi della grande Russia, e dunque nessuna svolta o novità possibili. Non avrebbe senso, tuttavia, minimizzare il significato della scelta di Medvedev. La sociologa Kryshtanovskaja, ai cui studi sulle nuove «élites» post-sovietiche attingiamo da tempo tutti noi che scriviamo di Russia, dubita persino che il successore designato sia veramente di mentalità e cultura liberali: «Le sue opinioni sono quelle di Putin, la sua immagine di liberale è stata fabbricata al Cremlino». Ma la drasticità di questi giudizi sembra eccessiva. Certo, attese d´una apertura nella vita politica russa, d´una correzione della deriva autoritaria, non sono al momento possibili. Non sarà il cambio al Cremlino a rimettere in carreggiata la pseudo-democrazia della Russia di Putin. Ma resta che se Medvedev sarà il prossimo presidente della Federazione Russa, vorrà dire quanto meno che il campo dei «siloviki» (o meglio, uno dei vari potentati in cui i «siloviki» sono oggi divisi) non è riuscito a vincere la gara per la presidenza. Vorrà dire che con il giurista e tecnocrate Medvedev, Putin intende dare alla Russia una faccia meno tirata e collerica di quella che il paese ha avuto - a causa delle sue sparate contro l´Occidente - lungo l´intero 2007. E questo, in mancanza di altre buone notizie da Mosca, può al momento bastare. Dopo tutto, la nebbia che ha circondato per tanti mesi la successione al Cremlino s´è finalmente diradata. Adesso conosciamo il nome del prossimo presidente russo, e possiamo anche dire che non è il peggio che ci si potesse aspettare.