Massimo Sideri, Corriere della Sera 12/12/2007, 12 dicembre 2007
MILANO
Se «L’Isola dei Famosi » e «Che tempo che fa» vi fanno pensare immediatamente alla Rai, viale Mazzini, Saxa Rubra e alla potenza del servizio pubblico siete fuori strada. Perché è vero che i format sono visibili sulle sue frequenze, ma solo perché ogni anno vengono acquistati programmi, tra fiction e intrattenimento, per 580 milioni di euro. Un mercato, quest’ultimo, ormai saldamente in mano ai privati come sottolineato dal rapporto che la Fondazione Rosselli presenterà questa mattina, in concomitanza proprio con un consiglio di amministrazione delle reti pubbliche presieduto da Claudio Petruccioli.
La fotografia è impietosa: tre sole società controllano oltre l’80% del remunerativo e ormai insostituibile per i grandi broadcaster, mercato dei format di intrattenimento. Solo la società italiana di Endemol, il gruppo olandese rilevata pochi mesi fa dal fondatore John De Mol, Mediaset e Goldman Sachs, da sola controlla il 44,4% del segmento con 20 titoli e oltre 1.500 ore di trasmissioni. Segue, con 9 titoli, 728 ore e il 21,2% delle fiction trasmesse nel 2006, Magnolia, entrata nella galassia De Agostini sempre quest’anno quando la società della famiglia Boroli-Drago è diventata socia del fondatore Giorgio Gori. Solo la Fascino Pgt di Maurizio Costanzo e Maria De Filippi riesce a tenere il passo di questi due giganti con 4 titoli, 559 ore e il 16,3% di quota. Poi iniziano le frazioni: il 3,5% di Grundy Italia, società del gruppo Pearson, noto per la proprietà del quotidiano inglese «Financial Times», il 3,2% di Ballandi Entertainment, posseduta al 75% da Bibi Ballandi, manager di Fiorello e Adriano Celentano e l’1,8% di Film Master Tv, società controllata da soci privati come Giuliano Borsari, Stefano Coffa e Marco Balich che con la K Events hanno seguito la cerimonia di apertura delle Olimpiadi e il recente lancio della Fiat 500.
«I grandi broadcaster hanno perso i punti di eccellenza nella produzione di audiovisivi – spiega Flavia Barca che ha seguito il rapporto per la Fondazione Rosselli – e questo è vero sia per la Rai che per Mediaset. Anche se il gruppo della famiglia Berlusconi sta tentando di tornare indietro su questa strada mentre la Rai che non è sul mercato ha maggiori difficoltà. Un po’ è come se Mediaset tentasse di essere la Time Warner italiana, mentre la Rai stesse ancora tentando di capire cosa fare». L’attenzione di Mediaset verso il settore è tangibile: dopo aver partecipato alla conquista di Endemol, ha appena siglato un accordo per unire la propria casa di distribuzione e produzione cinematografica Medusa film con Taodue, la società emergente di Pietro Valsecchi e Camilla Nesbitt, salita alla ribalta per le sue fiction d’autore, da «Paolo Borsellino» a «Distretto di Polizia». Un vero colpaccio per il Biscione visto che la piccola Taodue, secondo l’analisi dei bilanci pubblicata dal mensile TiVù in edicola questo mese, è seconda nella classifica degli utili: 8,28 milioni subito dopo gli 8,75 della stessa Endemol Italia.
«A confronto con quello dell’intrattenimento – spiega sempre Barca – il mercato delle fiction sembra più diluito con una decina di gruppi che si contendono le quote ». Qui le due grandi, Endemol Italia e Magnolia, occupano «solo» la terza e la quinta posizione. Prima è la Grundy Italia, seguita da Mediavivere. Anche se nel ranking complessivo le prime quattro dell’intrattenimento tornano nelle rispettive posizioni. A ulteriore dimostrazione che il mercato della prima serata su cui c’è una competizione sfrenata e dove si consuma la guerra degli share, è dominato dai format tv. «La presenza di molte società private è sicuramente un fatto positivo – continua Flavia Barca – anche se è un peccato che tendano a riprodurre sostanzialmente successi stranieri piuttosto che sviluppare prodotti nazionali. interessante il lavoro di Magnolia che si finanzia con i format di successo all’estero e investe una parte dei ricavi in prodotti low cost italiani». Anche perché, con una Rai che perde terreno, tutto ciò che è intrattenimento o produzione documentaristica di alto livello, quello che storicamente ha fatto anche Rai Tre, rischia di rimanere schiacciato nella guerra degli share.
Per il servizio pubblico è un dilemma: fiction e intrattenimento sono i generi che garantiscono ascolti e ritorni pubblicitari per le ammiraglie, Rai Uno come Canale 5. Ma il risultato è che il bilancio Rai si morde la coda: per assicurarsi le entrate non deve risparmiare sulle uscite. Se si escludono sport e Sanremo, nel 2006 il primo programma per ascolti, sottolinea il rapporto, è stato acquistato all’esterno: la fiction «Papa Luciani» (Leone Cinematografica) per Rai Uno, «L’Isola dei Famosi 4» (Magnolia) per Rai Due e «Che tempo che fa» (Endemol) per Rai Tre. E dei 580 milioni più di due terzi sono stati spesi in produzioni esterne.