Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2007  dicembre 11 Martedì calendario

La guerra del caffè è cominciata. McDonald’s, il colosso americano del fast food, ha deciso di lanciare un’offensiva su scala planetaria nel settore del «beverage», cioè delle bevande non alcoliche, valore stimato in 12 miliardi di dollari, e di sfidare un altro gigante a stelle e strisce, Starbucks del re dei coffe-shop Howard Schultz

La guerra del caffè è cominciata. McDonald’s, il colosso americano del fast food, ha deciso di lanciare un’offensiva su scala planetaria nel settore del «beverage», cioè delle bevande non alcoliche, valore stimato in 12 miliardi di dollari, e di sfidare un altro gigante a stelle e strisce, Starbucks del re dei coffe-shop Howard Schultz. Un «big business». Secondo esperti offre ampi margini di guadagno e prospettive di crescita, da qui al 2011, soprattutto nel Nord America, del 4-5% l’anno. Interessa anche altri marchi - Dunkin’ Donuts, Caribou Coffee, Tim Hortons, Gevalia - ma è lo scontro tra i due titani ad infiammare il mercato. Questione di portata: il loro campo di battaglia non si ferma agli States, dove agiscono le altre griffe, ma è globale. E questione di potenza: il re dell’hamburgher ha chiuso l’ultimo trimestre (al 30 settembre) con 5,9 miliardi di dollari di fatturato (+7%) e un utile di un miliardo che sale del 27%, ma soprattutto con vendite in crescita (+6,9%) da 54 mesi; Starbucks ha fatturato 2,4 miliardi (+22%), raggiunto un utile di 158 milioni (+6,5%) e vendite in crescita del 4%. In Borsa, però, il titolo dei coffee-shop ha perso di recente il 9% (Nasdaq), a fronte di una revisione delle previsioni 2008 da parte della compagnia, che prevede una crescita del 17-21% anziché del 20-22%. Tanto che gli analisti di Rbc Capital Markets e di Cibe World Markets hanno rivisto al ribasso il prezzo obiettivo, rispettivamente a 26 e 27 dollari (da 32). E’ stato Don Thompson, presidente di McD Usa, a scoprire le carte degli Archi Dorati. «Finora abbiamo considerato il settore delle bevande non alcoliche come secondario, di supporto a quello dei panini e dolci: adesso, vogliamo farlo diventare primario» ha detto agli analisti. Thompson ha, dalla sua, i risultati positivi del test realizzato in 800 ristoranti e la promozione sul campo decretata da Consumer Reports, che ha fatto una ricerca comparativa sui migliori caffè serviti nei coffee-shop americani e ha promosso quello di McDonald’s, per il suo gusto e per il suo costo, nettamente inferiore rispetto ai concorrenti, a cominciare da Starbucks. Da qui, la guerra. Il colosso di Oak Brook è pronto a combatterla con McCafé, una nuova insegna dedicata al caffè in tutte le sue forme: espresso, caffè lungo, caffelatte, cappuccino, caffè aromatizzati. Si tratta di angoli specifici (ampi almeno 10 mq) da ricavare all’interno dei 14 mila ristoranti già presenti nel mondo, attraverso i quali penetrare come un cavallo di Troia nel mercato. Il D-Day è suonato da un pezzo. Anche in Europa, a cominciare da Spagna, Germania, Regno Unito. In Francia apriranno entro la fine dell’anno una cinquantina di McCafé e se i risultati saranno positivi ne seguiranno altri 330 entro il 2010. In Italia ve ne sono già 48 e - secondo il piano aziendale di McD Italia, non ancora pubblicizzato - dovrebbero salire a 90 entro fine 2008, per un investimento annuo di 2,4 milioni. McDonald’s calcola che il caffè (e affini) dovrebbe portare un incremento delle vendite di un miliardo di dollari l’anno, e schiaccia sull’acceleratore. L’unico problema? Convincere i proprietari dei ristoranti (l’80% sono in franchising), che per allestire e lanciare un McCafé devono spendere 100 mila dollari. Per ora fanno resistenza. Stampa Articolo