Andrea Garibaldi, Corriere della Sera 11/12/2007, 11 dicembre 2007
ARTICOLI SULLA ZIA DI DENISE PIPITONE E SUL PENTITO CHE L’ACCUSA
DAL NOSTRO INVIATO
CORRIERE DELLA SERA 11/12/2007
FELICE CAVALLARO
MARSALA (Trapani) – C’è un criminale con due omicidi sulle spalle che svela di avere gettato in mare il cadavere della piccola Denise, la bimba sequestrata a Mazara del Vallo il primo settembre del 2004. l’autoaccusa di un assassino, Giuseppe D’Assaro, che si candida a fare il pentito fra mille smentite. A cominciare da quella dell’indagata numero uno, la sua ex moglie, Rosalba Pulizzi, la zia di Denise, sorella del padre naturale, l’autista Piero Pulizzi. Sarebbe stata lei, secondo la versione accreditata dalla Procura della Repubblica di Marsala, a far sparire la piccola. Imbottendola poi di tranquillanti. Fino a provocarne la morte, per errore.
Il resto del racconto è una galleria degli orrori che per protagonista non ha solo la Pulizzi, forse aiutata nella fase del sequestro dalla nipote Jessica, nata dal fallito matrimonio di quell’autista oggi incredulo. A Palermo l’epilogo drammatico, dopo il trasferimento della bimba a casa di una figlia della Pulizzi, Giovanna. E qui entra in campo D’Assaro, chiamato in soccorso e pronto, secondo i suoi contestatissimi verbali, a completare il lavoro sporco. Insaccando il corpicino senza vita in un borsone e buttando tutto a mare. Come si faceva con i mafiosi, con la tecnica della «lupara bianca».
A gridare che non può essere vero è soprattutto Piera Maggio, la madre di Denise che non è riuscita a trattenere il velo sulla relazione con Piero Pulizzi, da tre anni pronta a correre dagli studi tv al Quirinale, piazzando ovunque manifesti con numeri di cellulari sempre aperti: «Sono atterrita, ma fiduciosa. Lo sento, come madre. Denise è viva. Se ci fosse stato un omicidio accertato quella signora non sarebbe indagata ma in carcere...». E il suo avvocato, Giacomo Frazzitta, che rivela che gli indagati sarebbero almeno cinque, liquida tutto con un termine rivolto a D’Assaro: «Fandonie».
Stando al racconto di questo violento pregiudicato finito in cella dopo avere ucciso un pensionato per 100 mila lire e la sua ex convivente svizzera gettandola ancora viva in un pozzo, Denise sarebbe morta addirittura nel marzo 2007. Cioè due anni e mezzo dopo il sequestro. Altro vistoso buco nero. Sempre prigioniera in casa di Giovanna D’Assaro e del marito Antonio Cinà, anche loro indagati, convocati a Marsala e pronti a smentire una ricostruzione sottoposta ieri a un confronto diretto fra la Pulizzi e l’aspirante pentito.
Il tutto davanti a magistrati che procedono per il reato di sequestro, ma sembra non per quello di omicidio. Forse perché restano spessi i dubbi sulle rivelazioni di D’Assaro che per il delitto della svizzera Sabine Maccarrone, ha indicato come mandante Giovanni Melluso, l’ex pentito napoletano accusatore di Enzo Tortora. Una deposizione confusa che coincide in un punto con una frase sfuggita cinque giorni dopo il sequestro al procuratore della Repubblica Silvio Sciuto: «Denise è viva e vicina». Come è accaduto tre mesi fa per il terzo anniversario: «Adesso conosciamo i complici». Ma già si sapeva delle rivelazioni di D’Assaro e delle sue parentele. Semplice per i cronisti collegare. E capire ieri che la Procura con quell’andirivieni di indagati stava cercando di fare confessare i colpevoli. Un clamore forse sovradimensionato rispetto ai risultati. Tanto da provocare a tarda sera le smentite di Sciuto e dei suoi pm Marco Imperato e Angela Avila, su «informazioni, che peraltro contengono numerose imprecisioni, se non complete falsità».
Forse pure questa una risposta a quella madre catapultatasi al Palazzo di giustizia. Come ha evitato di fare il padre di Denise. Anche lui da anni impegnato ad affiggere manifesti con il visino della sua creatura. Perfino sulle vetrate degli autogrill, quando trasportava turisti al Nord, o sulle baite dell’Etna incrociando la sua pena alle informazioni turistiche. Sempre sospettando di zingari e Rom. Mentre tutto sarebbe maturato in famiglia, nei meandri di una parentela rosa da rancori e odi profondi.
Felice Cavallaro
CORRIERE DELLA SERA 11/12/2007
FIORENZA SARZANINI
ROMA – stato interrogato sette volte e a ogni appuntamento ha fornito una versione diversa. Ha consegnato all’inchiesta dettagli che si sono rivelati palesemente falsi, salvo poi «aggiustare » il racconto. piena di contraddizioni la storia rivelata da Giuseppe D’Assaro il presunto pentito che ammette di aver gettato in mare il corpo di Denise Pipitone. Ma, è questa la convinzione degli investigatori, è costruita utilizzando anche circostanze vere. Perché è nel suo ambito familiare che si è mossa sinora l’indagine per scoprire che fine abbia fatto la bimba scomparsa il 1 settembre 2004 da Mazara del Vallo. Jessica Pulizzi, la sorellastra di Denise che dal 2005 è stata accusata del rapimento, è infatti la nipote di Rosaria Pulizzi che di D’Assaro è la ex moglie.
Il primo verbale risale al 7 agosto scorso, ma la presunta «confessione» si perfeziona soltanto il 20 novembre. In questi tre mesi l’uomo viene smentito in più occasioni anche grazie al lavoro di analisi dei suoi tabulati telefonici – effettuato dagli esperti della polizia e dal consulente del pubblico ministero Gioacchino Genchi – che lo collocano in posti diversi da quelli che lui ha indicato. Secondo D’Assaro, Denise sarebbe morta nel marzo scorso per una dose eccessiva di tranquillanti. «Sino ad allora – dice – è stata tenuta in alcune case di Palermo e gestita dalla mia ex moglie Rosaria Pulizzi. Io l’ho vista il 17 marzo a casa di mia figlia Giovanna, in zona di Bocca di Falco. A Denise sono stati tinti i capelli. Quando l’ho incontrata giocava con mio nipote che ha sei anni». Dice di ricordare la data «perché quel giorno l’altro nipotino compiva un anno ».
Sono queste dichiarazioni a trascinare nell’inchiesta i familiari di D’Assaro che – è questa la sua tesi – avrebbero tenuto in ostaggio la bambina per 2 anni e mezzo. La polizia non sembra credergli perché «i controlli effettuati negli appartamenti che ha indicato hanno dato esito negativo ». Eppure l’uomo insiste e, forse per dar forza al proprio racconto, arriva ad autoaccusarsi di aver fatto sparire il corpo. Ma anche nella ricostruzione dei suoi spostamenti cade in numerose contraddizioni. «Fu la mia ex moglie a chiedermi di aiutarla», spiega. E poi aggiunge: «La bambina era morta da poco e io la misi in una borsa come quella che usano i calciatori. Con una motoape l’ho portata nella zona di Mazara». Il luogo che indica è lo stesso dove il 16 aprile scorso è stato ritrovato in fondo a un pozzo il cadavere di Sabrine Maccarrone, una donna svizzera di 38 anni che sarebbe stata uccisa proprio da D’Assaro. Ma poi l’uomo sostiene che non è quello il posto dov’è sepolta Denise. «Sono tornato a Palermo – riferisce – e per qualche giorno la borsa con il cadavere è stata nascosta nella cella frigorifero di una macelleria». Il proprietario naturalmente smentisce, non vengono trovate tracce utili. Però l’uomo non si arrende: «Soltanto in seguito l’ho caricata su una barca e l’ho buttata in alto mare».
Nell’ordine di perquisizione notificato ieri a Rosaria Pulizzi, i magistrati della procura di Marsala contestano il sequestro di persona «fino al marzo 2007» e scrivono: «Le dichiarazioni rese spontaneamente da D’Assaro hanno consentito di riaprire le indagini sugli ignoti concorrenti di Jessica Pulizzi sviluppando un filone perfettamente coerente e in continuità con quanto accertato sino ad allora». In realtà la «presunta» confessione al momento sembra dare ragione soltanto alle convinzioni del procuratore Silvio Sciuto che per anni ha sempre dichiarato di sapere che «Denise è viva ed è tenuta prigioniera non lontano da qui».
Gli stessi pm affermano nel provvedimento che «le dichiarazioni rese da D’Assaro sono state attentamente vagliate sotto ogni profilo ed è stato riscontrato tutto quello che era possibile verificare senza pericolose "discovery" e si sono svolti gli opportuni approfondimenti», ma sono costretti ad ammettere che «lo studio degli elementi così acquisiti e il loro confronto con il quadro probatorio patrimonio del procedimento, impongono oggi di svolgere tutti i conseguenti approfondimenti investigativi». Tra questi rientrano la perquisizione a casa della Pulizzi e il faccia a faccia tra lei e l’ex marito che si è svolto ieri.
Il resto dovrà farlo l’analisi del traffico telefonico di D’Assaro e la ricostruzione dei suoi spostamenti attraverso i segnali inviati dalle «celle », che è stato affidato a Genchi. Sinora il lavoro del consulente ha permesso di smascherare le numerose bugie raccontate dall’uomo ma anche di carpire elementi che, se trovassero conferma nell’attività investigativa, potrebbero consentire di afferrare il filo giusto per sapere che fine abbia fatto Denise.