Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2007  dicembre 13 Giovedì calendario

Riapriamo il Diario. L’Espresso 13 dicembre 2007. Lo sanno tutte e due, Luca Formenton, l’editore, e Enrico Deaglio, il direttore, che il quindicinale è una periodicità da matti: solo un devotissimo amante va in edicola un sabato sì e uno no in cerca dell’amata rivista

Riapriamo il Diario. L’Espresso 13 dicembre 2007. Lo sanno tutte e due, Luca Formenton, l’editore, e Enrico Deaglio, il direttore, che il quindicinale è una periodicità da matti: solo un devotissimo amante va in edicola un sabato sì e uno no in cerca dell’amata rivista. In Italia si ricordano giusto il lenzuolo avanguardista ’Quindici’, la comunista eretica ’Nuovasocietà’ e gli ’Albi della Rosa’ di Topolino, in Germania ’Brigitte’ di pizzi e budini, "...ma in America, agli esordi, la ’New York Review of books’", chiosa Deaglio, più intrigato che intimorito dalla scommessa. Chiuso come settimanale il 7 settembre scorso dopo 11 anni di onorato servizio ma con una tiratura ridotta a 8 mila copie e un passivo 2007 di quasi 500 mila euro tutti sulle spalle di Formenton, ’Diario’ riapre il 15 gennaio con la nuova periodicità, 25 numeri l’anno più tre o quattro speciali monografici extra e una serie di novità non da poco. Sarà in formato quadrotto, 22 per 26 centimetri, da 120 a 160 pagine, brossurato, in elegante carta da libro, concepito perché il lettore lo conservi in biblioteca anziché cestinarlo a fine lettura. La grafica? "Richiamerà quella dei grandi giornali progressisti americani fra il 1890 e il 1910", si compiace Deaglio. "Diceva Verdi, torniamo all’antico, sarà un progresso", parola di Formenton. Insomma una sciccheria, al costo di euro sette. A ogni numero allegheranno un poster, schema di un argomento "attraverso gli strumenti della cartografia o della pittura": tipo i paginoni dell’’Espresso colore’ anni Settanta che di un fenomeno ti raccontavano visivamente origini storiche, ascendenze culturali e stato presente. Bene, ma dentro le pagine che cosa ci si troverà? "Le inchieste vecchia maniera, di ’sani princìpi’", risponde Deaglio. E siccome questo ha fatto per 11 anni, è la continuità che tiene a rimarcare. " inutile", aggiungono, "rincorrere un’attualità spesso fittizia: la si afferra meglio uscendone, aggirandola, commentandola. O producendola". E citano gli exploit da 70-100 mila copie con quei numeri su memoria, berlusconeide, G8 con foto e cronache dei partecipanti; fino a ’Quando c’era Silvio’, il film autoprodotto dalla Luben production (Luca Beppe Enrico, dove Beppe è il giornalista e documentarista Cremagnani) sui brogli alle ultime politiche, 160 mila copie vendute in quel mare pieno di insidie che è sempre stata per ’Diario’ l’edicola: con l’unico rammarico che il traino sulle vendite del settimanale risultò minimo. Dovesse uscire oggi, Deaglio titolerebbe sul ’dialogo di Veltroni con il Duce vecchio’, ovviamente Berlusconi. Formenton ci metterebbe un pezzo in controtendenza sulla sicurezza: "Siamo proprio certi che sia così scarsa? In Europa la criminalità comune è calata del 35 per cento". O, di nuovo Deaglio, un carnet sulla settimana in cui, "dall’omicidio di Giovanna Reggiani ai decreti antiromeni poi caduti nel dimenticatoio, stavamo ufficialmente per diventare un paese razzista". Con quanti soldi, giornalisti, pubblicità si riparte? "Ci investo un milione di euro in un biennio", risponde Formenton, "per il momento" unico proprietario di Editoriale Diario: se poi le cose andranno bene, magari la porterà nel Gruppo il Saggiatore, che Luca divide con suo fratello Mattia. Il break-even è 10 mila copie di vendita più il recupero dei 4 mila abbonati che aveva il settimanale. Redazione a ranghi ridottissimi: il direttore, Giacomo Papi, Andrea Jacchia, probabilmente altri due, e molti collaboratori, anche giovani. Il bubbone è la pubblicità: "Berlusconi ci ha tagliato le gambe", attacca Deaglio, ma Formenton lo blocca: "Detesto i piagnistei sulla pubblicità". Non resta che esorcizzarlo, il fantasma. A cominciare dai bilanci: "Non la contabilizzeremo preventivamente nei piani finanziari. La raccoglieremo internamente e, dichiarandolo in calce a ogni numero, servirà all’inserzionista per comprare abbonamenti e destinarli a chi vuole: ai suoi clienti, a un gruppo di carcerati, magari ai 2.800 costituendi del Pd". Già, il Partito democratico. Alle primarie Formenton è andato a votare, ma non quella "vecchia pantegana della sinistra" (parole sue) di Deaglio. Un conto, infatti, è la memoria viva: il 15 dicembre in edicola doppio dvd con gli 11 anni di ’Diario’ più i tre film, il 27 gennaio il numero annuale sulla memoria dell’Olocausto e il film di Cremagnani e Deaglio sul recupero dei 50 mila morti ammazzati dalla silenziosa dittatura franchista. Altro conto sono "la retorica, il linguaggio frusto di una sinistra obsoleta, immobile, e per questo assai malconcia". A queste stantìe pantomime, il rinato ’Diario’ non sembra intenzionato a fare sconti. Di Roberto di Caro