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 2007  dicembre 10 Lunedì calendario

Alzheimer, la famiglia è sola. Corriere della Sera 10 dicembre 2007. Un tarlo che mangia il legno. All’esterno tutto sembra in ordine e dentro c’è il vuoto fino allo «sbriciolamento » del mobile, della trave, del tavolino

Alzheimer, la famiglia è sola. Corriere della Sera 10 dicembre 2007. Un tarlo che mangia il legno. All’esterno tutto sembra in ordine e dentro c’è il vuoto fino allo «sbriciolamento » del mobile, della trave, del tavolino. Così è il morbo d’Alzheimer: un tarlo che nell’arco di 3-20 anni dai primi sintomi (non ricordare più dove è stata parcheggiata l’auto, dimenticare i nomi di amici e familiari, saltare un pasto convinti di averlo fatto) «sbriciola» il cervello. Unica differenza: il tarlo del legno è rumoroso, quello del cervello è silenzioso. Lo sentono però i familiari: momento per momento, nell’angoscia di non potere fare nulla. Non c’è cura, non si conosce la causa, difficile è la diagnosi. Unica certezza: la demenza, come quella senile ma che spesso comincia quando la senilità è ben lontana (il tarlo inizia 20-30 anni prima di quando dà segno di sé). Ventisette milioni di malati in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi dove l’aspettativa di vita media ha superato gli 80. Sei milioni e mezzo in Europa (31 Paesi), quasi uno nella sola Italia. Malati di demenza, nell’85% dei casi conseguenza dell’Alzheimer. Tragici gli scenari planetari futuri: 47 milioni di malati nel 2020; 90 milioni nel 2040. Vittime illustri, in un passato non lontano, l’ex inquilino della Casa Bianca Ronald Reagan, la fatale Rita Hayworth, il Ben Hur del cinema Charlton Heston. Insieme a milioni di anonimi signor Rossi. Anzi signore Rossi, perché l’Alzheimer preferisce le donne. Non di molto, ma le preferisce. Il tarlo non lascia scampo, soprattutto la «segatura» che crea (il beta-amiloide) va a danneggiare i neuroni. In particolare quelli che producono l’acetilcolina, il neurotrasmettitore che controlla la comunicazione tra i neuroni adibiti a funzioni complesse, come la memoria e il ragionamento. L’evoluzione del male si sintetizza in quattro «A»: amnesia (perdita di memoria), afasia (incapacità di comprendere e formulare messaggi verbali), agnosia (incapacità di identificare correttamente gli stimoli, riconoscere persone, cose e luoghi), aprassia (incapacità di compiere correttamente movimenti volontari come il vestirsi). Infine, danni al sistema immunitario: quelli fatali (di demenza non si muore). E’ la terza causa di morte in Occidente. Dai tre ai 20 anni di agonia. E il peso di assistenza, cure, paure, angosce ricade tutto, o quasi, sulle famiglie. Il Rapporto europeo «Demenza 2006» conferma che la maggioranza dei malati di Alzheimer è curato in casa (86%) e che solo una piccola minoranza è ricoverata in ospedale (10%) o in residenze specializzate (1%). Il quadro è impressionante: un familiare su 5 dichiara di essere impegnato nell’assistenza del malato per oltre 10 ore al giorno. Vale anche per l’Italia. Chiaro il Rapporto Censis 2007. Altissimo il costo medio annuo In Italia per paziente (comprensivo sia dei costi familiari che di quelli a carico della collettività): circa 60.900 euro e l’assistenza pesa quasi interamente sulle spalle delle famiglie. E aumenta il ricorso alle badanti: il 32,7% dei malati è infatti assistito da badanti straniere (dato del 2006, contro il 7,5% del 1999), nell’89% senza titolo professionale specifico e retribuite (82,3% dei casi) direttamente dalla famiglia (senza aiuti statali). Dice Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia: «La famiglia non deve essere lasciata sola nella gestione dei numerosi problemi della vita di ogni giorno. Un supporto importante può venire da una rete efficiente di servizi territoriali, come i centri diurni e l’assistenza domiciliare integrata». Il ministro della Salute Livia Turco ha, per il momento, aperto un tavolo sulle demenze. E il Censis suggerisce: «E’ necessaria una vera e profonda revisione del modello delle cure, che punti a una rete di servizi, articolata e gratuita su cui poter contare». Insomma il tarlo per ora resta ai familiari. Ma lo sentono anche gli scienziati di tutto il mondo, finora impotenti nonostante i miliardi di euro impegnati nella ricerca. L’Alzheimer resta un mistero. Esistono farmaci ( donepezil, galantamina, rivastigmina, memantine) che non guariscono ma efficaci negli stadi leggeri e medi della malattia per migliorare temporaneamente i sintomi, che quando appaiono è perché sono esaurite le capacità di riserva cerebrale. E la genetica? Sono stati individuati fattori genetici che possono causare o favorire la manifestazione della malattia: sono mutazioni coinvolte nella produzione di beta-amiloide, niente altro. Altri fattori di rischio? L’apolipoproteina E, molecola che trasporta il colesterolo nel sangue: il 10% delle persone che ha una particolare forma di apolipoproteina E, il genotipo E4, ha un rischio maggiore di sviluppare la malattia. Altri fattori di rischio? Traumi cranici e un basso livello di educazione scolastica... Tante ipotesi, tanti studi. Ma il tarlo continua. Mario Pappagallo ****************** «Il gas acceso, i nomi Vent’anni in salita». Corriere della Sera 10/12/2007. MILANO – Per Giuseppina e la sua famiglia la vita è cambiata vent’anni fa. Non te ne accorgi quando comincia. Piccole cose: il gas lasciato acceso, il pane comprato cinque volte nello stesso giorno. I medici parlavano di depressione. Poi ti dimentichi la strada di casa, il lavoro che fai ed è l’Alzheimer. Quando si è ammalata Giuseppina Stucchi aveva 47 anni, tre figli piccoli e un negozio suo: perché l’Alzheimer non è soltanto la malattia «dei vecchi ». Sua figlia Roberta, la più piccola, di anni allora ne aveva dodici e si ricorda di quando al telefono le amiche domandavano alla madre notizie di lei e dei suoi fratelli: «Mamma veniva a chiamarmi perché non sapeva rispondere: non si ricordava più i nostri nomi ». Da vent’anni Roberta Nardella e la sua famiglia si occupano di Giuseppina ventiquattr’ore su ventiquattro. Il tempo per loro ha cambiato significato. «Prima era solo per controllare che non prendesse la porta e uscisse di casa », racconta Roberta. Poi la situazione è peggiorata. Con l’Alzheimer le cose si perdono una ad una: la cognizione del tempo, la capacità di muoversi, di parlare, di vedere. Da otto anni Giuseppina vive dentro un letto, quasi non è più in grado di deglutire e devono alimentarla con le flebo. Suo marito, il padre di Roberta, ha 72 anni. Era direttore di banca, si è messo in pensione presto per starle vicino. Lui e Roberta si danno il cambio, soprattutto le notti: «Ogni tre ore c’è il rischio di una crisi epilettica». Ma Giuseppina ha bisogno di loro per tutto: per lavarsi, per mangiare, ogni tanto devono muoverla per evitare gli emboli e le piaghe da decubito. Da vent’anni la vita gira intorno a lei. Roberta si è sposata da poco, ha lasciato la casa dei suoi ma vive lì vicino, come i suoi due fratelli. Da un po’ di tempo lavora in un’agenzia di viaggi: «Da quando ho un lavoro – racconta – mio padre ha assunto una ragazza per farsi aiutare: mia madre pesa sessanta chili, per sollevarla bisogna essere in due. Tre volte la settimana viene un infermiere per le flebo». Poi ci sono il fisioterapista, le medicine, le visite specialistiche. Tutto a domicilio, perché Giuseppina non si può muovere, neanche in sedia a rotelle. «In un mese arriviamo a spendere duemila euro». E lo Stato? «Ci passa le bombole d’ossigeno, le traverse, i pannoloni, alcune medicine, un sussidio che non arriva a cinquecento euro. Qualche giorno fa per un’ecografia pelvica a domicilio ne abbiamo spesi 550». Roberta non si perde d’animo. Ha scritto a Beppe Grillo tempo fa, per la battuta su Prodi-Alzheimer: «Tanti non sanno, non si rendono conto di che cos’è questa malattia». Roberta e i suoi lo sanno bene e sanno che andrà a peggiorare. A mettere Giuseppina in un istituto «non ci abbiamo mai neanche pensato: è una parte della famiglia. come se vent’anni fa fosse diventata una persona diversa: una seconda moglie e madre». Una madre che può impiegare anche tre ore per riuscire a mangiare un piatto di minestra: «Ci vogliono tempo e pazienza, ma anche soldi. Capisco quelli che non ce la fanno». I Nardella ce la stanno facendo da vent’anni: «Vivere con un malato di Alzheimer è difficile ma si può – spiega Roberta ”. Servirebbe soprattutto una migliore assistenza a domicilio». E affetto, «che non costa nulla ma aiuta molto: credo che se mia madre è sopravvissuta tanto tempo alla malattia sia merito soprattutto di mio padre, che non l’ha mai lasciata un attimo. I malati di Alzheimer lo sentono quando gli stai vicino: mia madre quando sente i nostri passi o se le stringi la mano, gira la testa». Giulia Ziino **************** Alois Alzheimer. Neurologo 1863-1915. Durante la Convenzione psichiatrica di Tubingen del 1906 Alzheimer presentò il caso di una donna di 51 anni affetta da una sconosciuta forma di demenza. Nel 1910 Emil Kraepelin, il più famoso psichiatra di lingua tedesca, definì la nuova forma di demenza chiamandola Alzheimer. I malati celebri e i sintomi premonitori: Maurice Ravel, compositore 1875-1937. Memoria. La dimenticanza frequente o un’inspiegabile confusione mentale, a casa o sul lavoro possono indicare che qualcosa non va. Charles Bronson, attore 1920-2003. Umore. Nel malato di Alzheimer, gli sbalzi d’umore e nel comportamento sono particolarmente repentini e immotivati Perry Como, cantante 1912-2001. Sostituzione. Gli oggetti vengono messi in luoghi sbagliati (l’orologio nella zuccheriera) senza ricordarsi perché sono finiti lì. Henry ford, industriale 1863-1947. Quotidianità. Un malato di Alzheimer può preparare un pasto, dimenticare di servirlo e addirittura scordarsi di averlo fatto. Winston Churchill, politico 1874-1965. Linguaggio. Chi soffre di Alzheimer dimentica parole semplici o le sostituisce con altre improprie diventando difficile da capire. Ronald Regan, politico 1911-2004. Personalità. Chi soffre di questa malattiva può stravolgere il proprio carattere, diventando da tranquillo a irascibile e sospettoso. W. Somerset Maugham, scrittore 1903-1986. Iniziativa. Al di là della stanchezza naturale, l’Alzheimer causa una perdita progressiva di interesse per le proprie attività. Vincent Minnelli, regista 1918-1987. Disorientamento. Oltre al giorno della settimana o alla lista della spesa, il malato dimentica la strada di casa e si perde in luoghi noti. Rita Hayworth, attrice 1918-1987. Giudizio. La capacità di giudicare la realtà diminuisce: un malato di Alzheimer può indossare un accappatoio per uscire di casa. Tiberio Mitri, pugile 1926-2001. Astrazione. Il ricorso al pensiero astratto, come il saper riconoscere i numeri o l’eseguire calcoli, può essere impossibile.