Corriere della Sera 10/12/2007, pag.33 Sergio Romano, 10 dicembre 2007
COREA DEL NORD E DEL SUD: LE SCARPE DELL’UNIFICAZIONE
Corriere della Sera 10 dicembre 2007. La Corea è divisa in due da un muro che separa un popolo con le stesse religioni, le stesse tradizioni, la stessa lingua, la stessa cultura e allontana membri della stessa famiglia in nome di concezioni e visioni politiche diverse. Ritengo che l’unificazione delle due Coree sia auspicabile e possibile al fine di riportare serenità e benessere a un popolo mite e laborioso nel segno della pace e per la distensione dell’intera regione.
Marco Papacci
Caro Papacci,
L’accordo con cui la Corea del Nord sembra avere rinunciato ai programmi per la costruzione di ordigni nucleari ha rilanciato le relazioni fra i «fratelli separati ». Vi è stato un incontro al vertice fra i due capi di Stato a Pyongyang (la capitale del Nord) all’inizio dello scorso ottobre e vi è stato, più recentemente un incontro di lavoro a Seul fra i due Primi ministri: Han Duck-soo per la Corea del Sud e Kim Yong-il per la Corea del Nord. Ma non credo che i due Paesi stiano lavorando per la riunificazione e ho addirittura l’impressione che nessuno dei due, per ragioni diverse, la desideri in questo momento. Il Nord è governato da una oligarchia politico- militare che ha l’appoggio delle forze armate e non intende cedere il potere. Il Sud sa che la fine del regime comunista, al di là del confine, avrebbe per probabile conseguenza una drammatica crisi sociale, e non ha alcuna intenzione di sopportarne le conseguenze politiche, economiche, finanziarie. Dopo quanto è accaduto in Germania con il crollo della Repubblica democratica tedesca, tutti sanno che le riunificazioni sono terribilmente costose. Dopo gli avvenimenti sovietici e jugoslavi dell’inizio degli anni Novanta, tutti sanno che il collasso di un regime comunista può provocare la disintegrazione dello Stato e pericolosi vuoti di potere.
Questa è la ragione per cui i due Primi ministri, nella loro riunione qualche settimana fa, non si sono occupati di riunificazione, ma di affari. Il principale tema dei loro colloqui è stato il distretto industriale nordcoreano di Kaesong, a 160 km da Pyongyang, che fu creato nel 2003 e aspira ora a diventare una sorta di Shenzhen: il villaggio di pescatori nelle vicinanze di Hong Kong, cresciuto in vent’anni sino a essere una delle più dinamiche e avanzate aree tecnologiche della Repubblica popolare cinese. Secondo Stefano Carter, inviato del Sole 24 Ore, nel distretto vi sono oggi 25 imprese con 20.000 addetti. Ma l’ambizioso obiettivo è quello d’installarvi in pochi anni 2.000 imprese e 350.000 lavoratori con una produzione annua di 20 miliardi di dollari. I capitali sono sudcoreani, la manodopera e la disciplina sono nordcoreani e il salario è asiatico, vale a dire 57,5 dollari al mese che diventano, con le assicurazioni e i contributi, 70.
Un successo economico, sostengono gli ottimisti, potrebbe contribuire a migliori rapporti fra i due Paesi e, in una prospettiva di medio termine, favorire il processo di riunificazione. L’iniziativa sembra piacere ai capitali internazionali e ad alcuni gruppi industriali europei, anche se incombe sul distretto una nube politica: l’imprevedibilità di un regime comunista che ha già più volte dimostrato la sua inclinazione a cambiare politica da un giorno all’altro. Un’ultima osservazione, caro Papacci. In una fabbrica del distretto di Kaesong si confezionano scarpe che vengono chiamate «scarpe dell’unificazione ». Serviranno a un cammino che si preannuncia lungo e difficile.
Sergio Romano