Corriere della Sera 09/12/2007, pag.14 Danilo Taino, 9 dicembre 2007
Salario minimo, bufera a Berlino Tiro incrociato sulla Merkel. Corriere della Sera 9 dicembre 2007. BERLINO – Succede qualcosa, in Germania, che potrebbe dare il tono a scelte che si faranno nei prossimi mesi anche in altri Paesi europei
Salario minimo, bufera a Berlino Tiro incrociato sulla Merkel. Corriere della Sera 9 dicembre 2007. BERLINO – Succede qualcosa, in Germania, che potrebbe dare il tono a scelte che si faranno nei prossimi mesi anche in altri Paesi europei. Per ora, si tratta di uno scontro crescente interno alla coalizione di governo a Berlino – socialdemocratici contro cristiano-democratici – e tra la Germania e l’Olanda. La questione è il salario minimo. Infatti, 20 dei 27 Paesi della Ue, compresa la liberista Gran Bretagna, hanno un salario minimo, cioè un pavimento sotto il quale la paga oraria di un lavoratore non può scendere. La Germania, cioè l’economia più potente del continente, non lo ha. Sindacati e Spd, dunque, vorrebbero che fosse introdotto. Chiedono un minimo garantito per tutti di sette euro e mezzo l’ora, 1.250 euro al mese. La Cdu della Cancelliera Angela Merkel sostiene invece che la sua introduzione distruggerebbe posti di lavoro, spingerebbe molte imprese a decentrare le attività fuori dalla Germania: preferisce che la questione venga lasciata alla contrattazione tra lavoratori e datori di lavoro, senza che lo Stato ci metta becco. Anche gli economisti sono divisi. Alcuni ritengono che sia uno scandalo che certi grandi boss delle aziende guadagnino decine di milioni l’anno mentre ci sono lavoratori che non arrivano ai quattro euro l’ora, soprattutto nell’Est del Paese. Altri, al contrario, ritengono che il salario minimo farebbe salire la disoccupazione e invertirebbe la tendenza al calo che è il frutto delle riforme (timide) del mercato del lavoro negli ultimi anni. Alcuni calcolano che farebbe perdere più di un milione di posti di lavoro. Frau Merkel sembra intenzionata a non cedere su un salario minimo generalizzato. Ma ha accettato (era nei patti di coalizione e ora si è arrivati al dunque) di introdurlo per i lavoratori delle Poste e, forse, per un’altra dozzina di settori industriali. la questione dei postali, però, che sta sollevando onde violente. Infatti, dal prossimo primo gennaio, nella Ue, il settore sarà liberalizzato e tutti potranno fare concorrenza totale ai vecchi monopoli. In Germania, parecchi sono pronti ad attaccare Deutsche Post con costi del servizio più bassi. Che, ovviamente, sono resi possibili anche da salari più bassi. Ma se, come ormai ha deciso il governo di Berlino, si introduce un salario minimo obbligatorio, è evidente che la concorrenza a Deutsche Post non è più possibile. Il sospetto (certezza) è che il governo abbia voluto fare un regalo straordinario al vecchio monopolista. Anche perché l’associazione degli imprenditori postali, stradominata da Deutsche Post, ne ha approfittato per firmare con il sindacato di settore un accordo che prevede un salario minimo tra i nove e i 9,80 euro l’ora. La reazione è stata violenta. Il gruppo editoriale Axel-Springer, che controlla un’impresa di recapito postale, Pin, ha detto che sarà costretto a licenziare mille lavoratori come conseguenza della nuova legge. Hermes di Amburgo, altro operatore del settore, ha detto che si ritirerà. Il capo dei liberali tedeschi Guido Westerwelle ha accusato la signora Merkel di essere ormai scivolata a sinistra sotto l’iniziativa della Spd di Kurt Beck. E, soprattutto, la concorrente olandese di Deutsche Post, Tnt Post, ha convinto l’Aja a dichiarare che bloccherà la liberalizzazione del settore per ritorsione contro Berlino. Su tutto è arrivato il presidente della Banca europea, Jean-Claude Trichet, il quale ha affermato che un salario minimo in Germania sarebbe una rigidità pessima per tutta l’economia europea. Pochi euro, ma rischiano di diventare una guerra a tutto campo. Danilo Taino