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 2007  dicembre 09 Domenica calendario

«L’Italia non aiuta le donne che lavorano». Corriere della Sera 9 dicembre 2007. ROMA – Puoi farle l’elenco

«L’Italia non aiuta le donne che lavorano». Corriere della Sera 9 dicembre 2007. ROMA – Puoi farle l’elenco. Dirle: siete poche, c’è lei, Emma Marcegaglia... Ti ferma già lì. «Ma non vale solo per noi. Anzi: vale, soprattutto, dall’operaia in su». Con il che Azzurra Caltagirone ha già chiarito quasi ogni cosa. Non è questione di «donne e potere». questione di «donne e lavoro». Ed è molto più seria: «Provi a cercare un asilo nido nel centro di Roma. difficilissimo. Questo Paese purtroppo non è organizzato per la donna che lavora. Dovremmo rivedere la nostra politica, prendere esempio magari dalla Francia».  l’unico accenno «politico» appunto, che si conceda. Ma non ha niente a che fare con i partiti, è semmai più la spia di una cultura. E di un modo di vivere, naturalmente. Che non a caso va di conseguenza. Mondanità: quasi niente. Salotti: zero. Interviste: ancora meno. E anche a questo punto, arrivati al «perché compare così poco», conferma la norma del non-protagonismo. Sarà pure, cioè è, la «figlia di» (Francesco Gaetano Caltagirone). Sarà anche, anzi è, «la moglie di» (Pier Ferdinando Casini). Ora e qui è però, intanto, l’editrice. Poi sì, è vero anche tutto il resto. Che è molto, molto riservata. Franca. Diretta. Con una determinazione pari almeno alla discrezione. Ma non c’è bisogno di chiederle: «Lei si sente privilegiata?». Di nuovo: anticipa. Conosce le regole del gioco e, per dire, sa che sarà impossibile non accendere riflettori quando in aprile nascerà il suo secondo bambino. Così come non l’ha neppure sfiorata l’idea (che altri avrebbero avuto) di far chiudere Piazza del Campo per il matrimonio senese con Casini. E in fondo, nel suo ufficio al Messaggero – quasi monacale se non fosse per un grande vaso di rose – accanto a due foto della primogenita spicca anche quel che tutto sommato è un omaggio, a quei riflettori: la locandina del Resto del Carlino (bolognese, concorrente, però «me l’hanno regalata degli amici, l’hanno rubata a un’edicola ») che tre anni fa annunciava «è nata in città Caterina». Poi stop, il limite è questo. Non solo perché «almeno la vita privata, la vorremmo il più normale possibile ». che «io faccio altro: e anche comparire è un lavoro». E qui spiazza ancora. Butti là: come dimostrano veline e tronisti? Ma sono due parole che hanno un che di sprezzante e snob, non le piacciono. E dunque, semplicemente: «Non hanno la fortuna che ho io». Il che per Azzurra Caltagirone in Casini comprende l’esser nata ricca, chiaro, ma soprattutto – e lo sottolinea – «in un ambiente di stimoli culturali». La frase porta dritta dritta alla famiglia, al padre che ha creato un impero di cemento, costruzioni, banche e quell’editoria che nella divisione familiare dei compiti è toccata a lei. E lei, che si irrigidisce davanti a una cosa sola – i tentativi di entrare nella privacy oltre i confini della cronaca «dovuta » – davanti a una sola cosa si fa quasi gelida. Lo sa, sicuro, come agli inizi liquidavano anche suo padre (oggi uno degli uomini più «liquidi», e più «discretamente» potenti, d’Italia): un «palazzinaro». Ma non ha bisogno nemmeno di alzare la voce, basta la scelta delle parole: «Gli insulti mi lasciano indifferente. Quel che detesto sono i pregiudizi». Vale naturalmente anche per la politica, il campo del marito. E territorio nel quale, per evidenti ragioni (pure di buon gusto), non sconfina. Certo è facile immaginare come la pensi. Ma chiarissimo diventa se il discorso si sposta sulla scena internazionale e le sue «tre regine». Stima su tutte, «moltissimo», Angela Merkel: « semplice, determinata, preparata e – frase rivelatrice – non fa politica spettacolo: pensa a risolvere i problemi dei tedeschi ». Forse, anzi sicuro, più show-woman è Hillary Clinton, però quella è l’America, e pure alla «senatrice», chapeau: « una donna d’acciaio», senza dubbio «una carta da giocare, per gli Usa». Resta Ségolène Royal. Che la sua, di carta, l’ha già giocata e persa. Probabilmente proprio perché, delle tre, «è il fenomeno più mediatico: brava, ma...». Ma l’immagine non è tutto, è l’ovvio sottinteso. Che non ha niente a che fare (o sì?) con un altro lato della questione: come mai in Italia figure femminili così politicamente forti non ce ne sono, o non emergono? «Non pensa alle quote rosa, spero». No. Ma messaggio ricevuto. Lei per prima, d’altra parte, non sembra farsi sconti. Oggi ha 34 anni, con l’editoria ha iniziato a 23, e chi stava allora nel sindacato del Messaggero racconta: «Parlava poco, ascoltava molto. Non faceva "la figlia di". Dava l’impressione di essere lì per imparare». L’ha fatto. E sì, ammette senza problemi, anzi con orgoglio, l’influenza del padre. Se deve ripensare a un’immagine d’infanzia che poi ha in qualche modo indirizzato il futuro, si rivede con lui e la madre «a 5, 6 anniportata in giro per mostre e musei». Non a forza: le chiedevano cos’avrebbe fatto da grande e lei – che oggi ama Khaled Hosseini ma confessa di «litigare perennemente con i classici», che resta «fedele agli U2» ma al cinema «ormai, con Caterina, mi restano solo Ratatouille e le Winx» – rispondeva «il critico di storia dell’arte». Qualche articolo, per il Tempo, l’ha anche scritto. E da lì in avanti: quanto c’è di scelta sua, e dei suoi fratelli, nell’indirizzarsi verso le diverse attività di famiglia, e quanto di zampino paterno? «Potrei anche dire "tutto". Ma aggiungendo che papà ha fatto ottime scelte. Non saprei fare quello che fanno Francesco e Alessandro. E adoro quello che faccio io: l’editoria, e il giornalismo, sono i lavori più belli del mondo ». Contesta l’idea (lo chiamerebbe, anche questo, «pregiudizio») che loro, i Caltagirone, siano editori «duri». «Intendendo cosa? ». Intendendo attenti solo ai costi. «Intanto, noi facciamo gli editori, ma sappiamo benissimo che il grosso del lavoro è dei giornalisti ». Detto questo: «I giornali per anni sono stati gestiti a prescindere dal conto economico. Noi lo riteniamo invece fondamentale: è assolutamente "la" libertà. Dagli inserzionisti, dalla pubblicità, dalla politica, da tutto». Salta fuori, qui, l’Azzurra che ha lanciato la free press e Internet («...e sì, nominato qualche direttore »). anche quella che più assomiglia al padre. Come riconosce lei stessa: «E come dicono tutti. Ma è vero: sono cocciuta e determinata quanto lui. E ho dei lati non meravigliosi che sono i suoi». Sarebbero? Sorriso. Leggero, finto imbarazzo. Nuovo tentativo con la definizione che di lei ha dato il marito nell’ultimo libro di Bruno Vespa: « la persona più intelligente che abbia mai conosciuto, è molto affettuosa e ha una grande lealtà verso tutti i suoi amici. Ma è permalosa, riflette troppo sulle cose e talvolta ci si incarta, diventando tenebrosa ». lei fino in fondo? L’imbarazzo, finto o no, sparisce: «Assolutamente sì». E assolutamente detto con tenerezza. La grinta non serve. Raffaella Polato