Corriere della Sera 09/12/2007, pag.30, 9 dicembre 2007
Scocca l’ora X della rete telefonica. Corriere della Sera 9 dicembre 2007. Dal 12 dicembre parte finalmente la consultazione degli operatori da parte dell’Autorità delle Comunicazioni sull’analisi dei mercati dell’accesso quale premessa della separazione della rete fissa tuttora integrata in Telecom Italia
Scocca l’ora X della rete telefonica. Corriere della Sera 9 dicembre 2007. Dal 12 dicembre parte finalmente la consultazione degli operatori da parte dell’Autorità delle Comunicazioni sull’analisi dei mercati dell’accesso quale premessa della separazione della rete fissa tuttora integrata in Telecom Italia. L’Agcom intende aumentare la concorrenza mettendo l’infrastruttura in monopolio naturale a disposizione di tutti a parità di condizioni. Ma questa manovra, richiesta in forma funzionale anche dalla Commissione Ue, dovrà fare i conti con i divergenti interessi di Telecom e dei suoi rivali, e con il contrasto prospettico tra chi dà per scontato il passaggio di Telecom in mani estere e chi non vuol rinunciare a una presa nazionale, se non sull’azienda intera, almeno sulla rete dalla quale dipende uno degli standard tecnologici del Paese. Per non farsi abbagliare da questi conflitti, conviene partire da un fatto: nessuno oggi, tranne Telecom, conosce i numeri. La contabilità regolatoria non rappresenta in tempo utile l’andamento dell’«azienda rete», ma ne ricostruisce ex post costi e ricavi in coerenza prestabilita con le tariffe fissate dall’Agcom. L’ultima rilevazione certificata è vecchia di tre anni. Ricorderemo per mera curiosità che stabilisce in 10 miliardi il valore del capitale investito nell’infrastruttura per l’accesso e il trasporto e dà un rendimento medio lordo del 17% rispetto al 13,5% fissato dall’Agcom. La quale ha nel frattempo ridotto questo rendimento al 10,2%. D’altra parte, la stessa contabilità ordinaria talvolta sorprende. Gli amministratori, di nomina in gran parte Pirelli, hanno appena aumentato la vita utile della rete, così da ridurre gli ammortamenti e sostenere l’utile e il valore dell’oggetto, quando la stessa rete, ancora in larghissima parte in rame, dovrà recuperare le manutenzioni non fatte ed essere gradualmente sostituita con la fibra ottica. Trasparenza, dunque. Ma a 360 gradi. Facciamo un esempio. Se ottenesse un’alta remunerazione del capitale investito nella rete, Telecom potrebbe perfino trovar conveniente essere più realista del re e attribuire la rete non già a una divisione (separazione funzionale) ma a una società (separazione strutturale), le cui azioni potrebbero essere vendute in parte a terzi come hanno fatto Eni ed Enel con Snam Rete Gas e con Terna. Telecom, così, esalterebbe l’incasso dal collocamento e otterrebbe di che abbattere il suo debito, ma conserverebbe pure il meno virtuoso vantaggio di controllare la società che eroga il servizio di rete a un prezzo ambivalente: pieno per i concorrenti e ridotto, in quanto parzialmente partita di giro, per se stessa. Alla fine avremmo più trasparenza e forse più opere, ma avremo anche più mercato? Basterà l’occhio della Ue? In verità, la trasparenza serve se perseguita da subito, da quando l’Agcom inizierà a disegnare la rete separanda: perimetro, personale, remunerazione del capitale a composizione definita tra equity e debiti in relazione agli investimenti. su questa base che, nella consultazione e dopo, italiani, spagnoli, britannici, svizzeri, cinesi, fautori del liberismo assoluto e del patriottismo economico, potranno giocare senza barare.