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 2007  dicembre 10 Lunedì calendario

LUTTAZZI VARI



Corriere della Sera 09/12/2007 pag.43
ALDO GRASSO
Forse il martirio mediatico dà alla testa. Che triste vicenda, questa di Daniele Luttazzi. Sono dispiaciuto come se un amico mi avesse tradito: certe cose non si dicono, soprattutto in nome della libertà d’espressione; certe cose non si fanno, se si è intelligenti come intelligente è Luttazzi.
L’idea che mi sono fatto è che il martirio mediatico dà alla testa. Stiamo naturalmente parlando del martirio all’italiana, con gli stipendi che continuano a correre, con i conduttori che diventano deputati, con gli approfittatori che salgono sul carro degli eroi. Ho sempre ritenuto Luttazzi uno dei pochi comici intelligenti della nostra tv. Fin dai tempi di Magazine 3, il programma con Gloria De Antoni e Oreste De Fornari, si sapeva che il nostro andava «contenuto», che spesso amava épater lo spettatore con un frasario pesantemente ginecologico. Così con i Gialappa’s, il suo periodo migliore. Lui esagerava con il macabro, loro limavano e la risata era sicura, e devastante. Poi c’è stato l’episodio di Satyricon dove Luttazzi ha pensato bene di darsi alla politica, che non è nelle sue corde. Il resto l’hanno fatto l’esilio, la schiera delle tricoteuses
che affolla i teatri, i Santoro e tanti altri.
L’attacco a Giuliano Ferrara, gratuito e a freddo, greve e non grottesco, è prima di tutto un colpo basso al direttore de La 7. Antonio Campo Dall’Orto, chiamando Luttazzi, aveva dimostrato coraggio e soprattutto aveva voluto palesare che la sua rete è diversa da Rai e Mediaset. Quando un direttore ti dice che puoi scrivere o dire quello che vuoi, ti devi sentire responsabilizzato due volte: uno per quello che scrivi o dici, due per dimostrare di meritare tanta fiducia. A questo poi si aggiunge un vizio tipicamente italiano, da basso impero, la mancanza di etica aziendale, di spirito di appartenenza: non si attaccano le persone con cui si lavora. Non prima almeno di aver dato le dimissioni. Così adesso ci sono quelli che hanno buon gioco a dire: allora Berlusconi aveva ragione quando parlava di «uso criminoso del mezzo», e il martire rischia di apparire solo un insolente. Ecco, sono triste perché per una battuta infelice, Daniele Luttazzi mette a repentaglio quanto di buon ha fatto sinora: i libri, gli spettacoli, le battute fulminanti. Odia Ferrara? Trovi un modo più elegante per infilzarlo.
Perché adesso non ci sarà più nessuna rete che lo chiamerà e non si può per tutta la vita fare i professionisti del martirio.



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La Repubblica 9 dicembre 2007.
LEANDRO PALESTINI
"Cacciato perché la satira è vietata" ma La7 accusa Luttazzi: troppe offese. ROMA - «In Italia non è possibile fare satira libera», grida Daniele Luttazzi mentre La7 chiude il suo Decameron per le offese a Giuliano Ferrara, volto storico della stessa tv. L´autore si dice «sbalordito», definisce una «scusa» la drastica decisione presa dal direttore Antonio Campo Dall´Orto: « rimasto colpito da un monologo satirico grottesco che lui ritiene un insulto, ma che oggettivamente non lo è». Ma Campo Dall´Orto non ci sta a farlo passare per martire. «Non ho licenziato Luttazzi con un Sms, come dice lui. stata una decisione sofferta. Gli ho parlato, gli ho spiegato che ciò che è accaduto non riguarda la libertà di satira, ma un uso improprio della tv. Gli avevamo dato carta bianca, ma lui ha usato male la libertà. Offendendo Ferrara». Per chi non avesse visto la puntata, nel monologo incriminato Ferrara veniva descritto in «una vasca da bagno con Berlusconi e Dell´Utri che gli p... addosso, Previti che gli c... in bocca e la Santanché in completo sadomaso che li frusta tutti». Come si difende Luttazzi? «Si trattava di un´immagine in una articolata pagina di satira che si lega lega alla tradizione del Ruzzante e che era collegata ad Abu Ghraib. Un monologo a cui ho lavorato un anno e mezzo». La7 minaccia di adire per vie legali ma Luttazzi spera di «lavorare per la prossima puntata».
C´è chi sostiene che il Decameron sarebbe stato bloccato da La7 per altri motivi: nella puntata di ieri Luttazzi avrebbe affrontato un tema spinoso, l´enciclica di Benedetto XVI. Campo Dall´Orto era al corrente? «Sapevo dell´enciclica. L´autore è libero, però c´è sempre una persona che mi comunica l´argomento. Ma basta vedere le ultime cinque puntate del Decameron, spesso di satira dura, per dimostrare che Luttazzi non ha avuto limiti, avrebbe potuto parlare benissimo di religione. D´altronde Crozza ha potuto imitare il Papa», spiega il responsabile de La7. Rispondendo anche alle critiche di Giuseppe Giulietti (Articolo 21), per il quale «anche se non si condividono le battute pronunciate dal comico» è sempre sbagliato «sopprimere un format tv di satira o di informazione». Per nulla pentito, Campo Dall´Orto rivendica il suo ruolo, non teme che l´immagine de La 7 venga offuscata da questo episodio. «Nessuno può dire che nella mia tv ci sia la censura. Parla il modo stesso in cui ho messo su questa tv: La 7 si fonda sulla libertà di espressione. L´impopolarità? Non mi importa, nelle scelte che faccio metto tutta la mia credibilità. Io vado fiero della scelta che ho fatto di riportare in tv Daniele Luttazzi, che credo sia tra i più bravi nel campo della satira, rivendico la necessità di bloccare un programma che offende». C´è anche un piccolo mistero sui tempi della sospensione del Decameron. Trasmesso in prima battuta sabato primo dicembre, non aveva avuto critiche dall´azienda, mentre dopo la replica di giovedì si è scatenato l´inferno. Qualcuno degli offesi ha telefonato a La7 chiedendo la testa di Luttazzi? «No, garantisco che Berlusconi, Dell´Ultri, Santanché e Ferrara non hanno telefonato. Sono stato io che, rivedendo con più calma il monologo, ho pensato che Luttazzi non stava facendo più satira». Al caso-Luttazzi si collega un altro episodio interno a La7. Il Tg dell´emittente venerdì sera ha ignorato la notizia della chiusura del Decameron. Sarà stato un caso? Per il comitato di redazione della testata l´azienda avrebbe «escluso» di proposito la notizia: «Un fatto gravissimo, che ostacola il dovere di completa informazione del telegiornale di La7». Ma il direttore Antonello Piroso ha respinto al mittente le accuse, definendo «surreale» il solo sospetto di atti censori. In sintonia con Campo Dall´Orto, che sorridendo dichiara: «Tutta colpa mia. Ho dato la notizia della sospensione di Luttazzi prima alle agenzie che al Tg di La7. Forse per non intromettermi».



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LA REPUBBLICA 10/12/2007
LEANDRO PALESTINI
Il comico: "La censura? Ho criticato l´Enciclica". ROMA. « una situazione grottesca. Cancellano il Decameron senza motivo, Giuliano Ferrara non ha subìto insulti e difatti non protesta, con la censura La 7 ha un danno di immagine e di sabato si priva del 4 per cento dell´ascolto e di due milioni e mezzo di contatti». Daniele Luttazzi non riesce a darsi pace. Via mail l´azienda gli ha comunicato la risoluzione del rapporto («coinvolti anche la regista Franza Di Rosa e una cinquantina di talenti»), ma sulle ragioni vere del gesto di Antonio Campo Dall´Orto il comico nutre dei dubbi, «perché chiudere un programma satirico non è come chiudere il meteo di una televisione».
Luttazzi, l´hanno bloccata dopo la registrazione della puntata su "Spe Salvi", l´enciclica del Papa. il vero motivo del licenziamento?
« un motivo plausibile. Perché l´altro motivo non regge. Ma nel mio monologo (di venti minuti) non prendevo in giro il Papa, lui è un sant´uomo. Mi interessava il tema: confrontavo i punti principali dell´enciclica di Ratzinger con argomenti satirici. Ho un punto di vista eterodosso, certo sconfesso la sua visione del Purgatorio, ma le mie battute su temi seri divertivano. Contestavo la visione dolorifica del mondo contenuta nell´enciclica e il plagio di massa delle religioni. La satira non è una burletta, la satira è una cosa seria».
Per ridere di Ferrara lei è andato giù pesante. Le risulta che abbia minacciato le dimissioni per i suoi "insulti"?
«Campo Dall´Orto mi ha assicurato che Giuliano non è intervenuto. La mia satira? Ferrara è stato uno dei più spietati propagandisti della guerra in Iraq, così l´ho inserito in un quadretto grottesco che attinge alla tradizione satirica (quella di Rabelais), che in Italia va dal Ruzante a Dario Fo. Nel monologo su Ferrara, da una parte mostravo gli eccessi sessuali e dall´altra gli eccessi della guerra: dal Napalm a Falluja alle torture di Abu Ghraib. Come diceva Lenny Bruce, non è il sesso ad essere pornografico, bensì la guerra».
Visto che Ferrara non è il mandante del suo licenziamento, andrebbe a parlare dei limiti della satira a "Otto e mezzo"?
«Ferrara è intelligente. il primo che si diverte con la satira. Questo però raddoppia le sue responsabilità: lui ha fatto in Italia quello che l´Iraq Group di Carl Rowe ha fatto con gli americani. Ma io non vado ad aumentare l´audience di un programma altrui, soprattutto nella tv che ha cancellato il Decameron. Non sono la scimmietta di nessuno. Col c... che vado a Otto e mezzo!».
Eppure sabato sembrava che la rottura con La 7 si potesse sanare. Visto che Campo Dall´Orto ripeteva che lei, pur avendo sbagliato, resta il più bravo autore satirico su piazza...
«Anch´io lo speravo dopo il primo sms. Ma ormai è tardi: Telecom Media mi ha anticipato la notifica della risoluzione del contratto. Certo, c´è un controsenso in quello che ha fatto il direttore Campo Dall´Orto, e io glie l´ho detto: stai facendo l´errore più grande della tua carriera, distruggi quello che hai costruito in questi tre anni, l´immagine di La 7 come tv libera. Ma lui, che pure m´ha riportato in tv dopo l´editto bulgaro, ha scelto la via dura. Sabato sera si è creata una situazione "cilena" al montaggio: per motivi legali, io e la regista Franza Di Rosa, stavamo completando al montaggio la sesta puntata (visto che nessuna comunicazione ufficiale della sospensione era ancora arrivata). Verso le 20, dei funzionari di La 7 sono entrati in sala di montaggio per impedire fisicamente che proseguissimo. Hanno occupato la stanza, hanno intimato al tecnico di sospendere... Ho chiamato l´avvocato: stavano commettendo un reato, violenza privata, e potevo chiamare la polizia. Così sono usciti. Poi, quando ho finito uno di loro è entrato per cancellare tutto il girato di Decameron, passato e futuro. E lunedì lo faranno!».



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La Repubblica 10 dicembre
GIULIANO FERRARA.
Quella su di me era satira ma se c´è un limite sono contento. Caro Direttore, quella di Luttazzi su di me era satira, su questo non ci piove. Letta la frase in cui venivo messo oniricamente in una vasca e trattato come una latrina, per tirare fuori una pacifista antiamericana dallo smarrimento di fronte a una espressione per lei crudelmente surreale di Berlusconi («ero contrario alla guerra in Iraq»), in un primo momento ho pensato che fosse una forzatura miserabile per tirarsi d´impaccio in un programma non particolarmente baciato dal successo e dallo scandalo. Ma non è così. La satira è un prodotto di ideologia e cultura, procede dai libri alla strada al palcoscenico in modo circolare. L´immaginario di Luttazzi, come lui dice, è Abu Ghraib e Ruzante, quella è per lui la cornice dello sketch a me dedicato (e anche ai miei compagni di latrina).
D´altra parte non sono forse una specie di Petraeus all´amatriciana? Esiste una satira cruda e coprolalica, che si è espressa e si esprime, con risultati migliori o peggiori, in tutte le lingue, in molte situazioni e in molti regimi politici, antichi e moderni.
Dunque era satira. Lui non sarà Aristofane o Molière, ma era satira.
Perché allora, visto che sono sempre stato difensore della libertà di satira, ho approvato la sospensione del programma di Luttazzi, e in particolare la motivazione del comunicato e delle successive dichiarazioni di Antonio Campo Dall´Orto, il dirigente libertario e frecceriano de La7 che si è sentito tradito dall´uso irresponsabile della libertà concordata anche contrattualmente tra la sua emittente e il comico? Me lo sono spiegato così come segue, e penso sia utile comunicarlo pubblicamente ai lettori o più genericamente al pubblico.
Il fondamento di una democrazia ormai sfasciata e sgangherata come la nostra è questo: Dio è relativo, è un culto privato, invece la libertà assoluta, è l´unico culto pubblico ammesso. E´ noto che non sono d´accordo con questa impostazione e che penso sia vero il contrario. Ci sono criteri di valore e di vita non negoziabili, e pubblici per definizione anche al di là della fede religiosa o civile confessata, e invece la libertà, che prediligo e vorrei la più ampia possibile in ogni situazione della mia esistenza e di quella degli altri, è relativa. Culturalmente non sono spinoziano, sono cattolico romano. E´ dunque naturale che io la pensi così. «Che c´entra?», direte. C´entra, c´entra.
Perché ogni discussione sulle esperienze limite, e l´esercizio crudele della satira è una di queste esperienze, è una discussione sulla libertà e sui termini del suo esercizio. Il comunicato de La7 ha fissato un limite, e la società vive anche di limiti. E´ culturalmente la stessa cosa di un divieto alla produzione sperimentale e assassina di embrioni, ha lo stesso valore linguistico pur trattandosi in questo caso di faccende per fortuna effimere.
Non ho mosso un dito e nemmeno uno straccio di avvocato, non ho nemmeno corsivato alla mia maniera, quanto Luttazzi ha portato in decine di teatri off off Broadway una definizione di «Giulianone» come del «residuo di sperma e cacca lasciato sul lenzuolo dopo un rapporto anale». Se sbiglietti in un teatro e la gente decide di venirti a vedere, lo puoi fare, e se a qualcuno non piacesse essere definito come sopra avrebbe al massimo il diritto di chiedere a un giudice una sanzione, posto che la ottenga, o di schiaffeggiare Luttazzi in pubblico o di denunciarne il linguaggio. Un mio amico americano dice: c´è la libertà di guidare, anche a trecento all´ora in una pista riservata a un pubblico pagante, ma in autostrada esistono limiti. In una tv generalista, insomma, è diverso. C´è per esempio un problema di coesione commerciale.
La tv, come i giornali, è uno spazio in cui gli editori investono, e giornalisti e artisti praticano quello spazio contro pagamento di una mercede e devono praticarlo conoscendone i confini, sapendo, come dico da anni, che la loro libertà è relativa, che sono tecnicamente indipendenti ma sono dipendenti in senso stretto o soggetti, quando lavoratori autonomi, a un rapporto coordinato e continuativo che ammette la possibilità contrattuale di essere sciolto da chi investe e paga e ha il problema, non commerciale ma anche commerciale, di tutelare la propria identità di fronte al pubblico e agli inserzionisti. Questo vale per Luttazzi e per il suo rapporto con La7 e i suoi spettatori, come dovrebbe valere per quei furbetti «de sinistra» e «de provincia» di Santoro & C., i quali danno per ore la caccia al funzionario Rai di turno (Del Noce? Saccà?) sputtanandolo come assassino di Enzo Biagi con i complimenti, i denari, e le marchette apposte alle loro buste paga dalla ditta che inquisiscono. Sgradevole e forse spregevole uso privato, non dirò «criminoso» perché non ho l´autorevolezza televisiva o bulgara di Berlusconi, del mezzo pubblico e televisivo in genere.
Il problema della libertà in Italia, come hanno spesso notato Aldo Grasso e Francesco Merlo, e con ragione, è proprio questo. Vogliono tutti fare Lenny Bruce, ma non vogliono vivere e morire nella gloria dell´outsider emarginato, alcolizzato e cirrotico, vogliono farlo con l´assistenza pubblica e privata del mercato televisivo per famiglie, possibilmente in prima serata, e con l´ulteriore assistenza del mercato della politica, che li fa deputati al primo segno di martirio. Ricchi e potenti perché liberi.
Nel caso del furbissimo Benigni, adesso aspirano anche alla vita eterna con il timbro di Sua Eminenza Reverendissima Tarcisio Cardinal Bertone. In America, che è una democrazia costituzionale under God più autorevole della nostra, non si fa così. Quando sgarri, te ne vai secondo regole di mercato e di etica pubblica convenzionale, e nessuno ti verrà a molestare se eserciti il massimo della libertà a spese tue e del tuo pubblico. Questo tipo di libertà controassicurata, comunque, mi fa un po´ ridere. E´ la sanzione di un paese che non ha establishment, la cui grottesca rovina politica è cominciata nelle procure alla Tonino Di Pietro e alla Forleo, a loro modo eroi di satira televisiva anch´essi, ed è continuata con il clamoroso successo di pistaroli e demagoghi che invece di sbigliettare e faticarsi la libertà relativa di cui tutti godiamo, e facciamo l´uso che crediamo, chiedono e ottengono la libertà assoluta del prime time televisivo a una borghesia e a un sistema politico che non hanno più alcuna autorità, severità, ironia, significanza.
Insomma. Se il mio editore televisivo fissa nella responsabilità televisiva un limite alla libertà di satira io sono contento, mi spiace solo che per farlo si debba ricorrere al canone secondo cui quella di Luttazzi non è satira, il che non è vero anche se in un primo momento ho equivocato leggendo il testo delle sue parole fuori del loro contesto drammaturgico e della loro legittima cornice ideologica (per me, ovviamente, un pochino ributtante). Se la sospensione del programma serve a far discutere di questo, io sono contento. Se Luttazzi torna in onda su La7 dopo che questa discussione si è svolta, e ricomincia, sono contento. Se lui e Campo Dall´Orto volessero venire a parlarne a «8 e mezzo», quando desiderino, sarei contento.
Come vedete, sono molto contento. Sono contento anche della passione che il Manifesto, quotidiano comunista e dunque tribuna satirica fin nella testata, mette nella alta trattazione culturale del caso Ferrara-Luttazzi & Cacca.
Sarei anche molto contento, ancora più contento, se accettasse l´idea che si deve ridere del patriarcalismo autoritario degli islamici o imbastisse nelle sue dense pagine difese così sofisticate della libertà di satira nel caso in cui un comico di destra prendesse Rossana Rossanda, la mettesse in una latrina e la trattasse come sono stato satiricamente trattato io. Non dubito che i colleghi comunisti sarebbero inflessibilmente coerenti con i loro principi.


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IL FOGLIO 12/12/2007
Sofri e Serra? Due censori fascisti
Caro Roberto, ecco la mail che ho appena inviato a Repubblica dopo le due paginate di oggi degli chef del ”buon gusto”.
Al Direttore di Repubblica, è disarmante vedere firme celebri (Adriano Sofri e Michele Serra, ndD) annaspare di fronte alla satira e alla sua natura. Quello della volgarità, da sempre, è il pretesto principe di chi vuole tappare la bocca alla satira. Che sia chiaro una volta per tutte (i furbastri più o meno interessati mi hanno un po’ stufato): la volgarità è la TECNICA della satira. Con questa tecnica, la satira esprime idee e opinioni. Censurare la satira (in nome del cattivo gusto o di altri princìpi volatili e capziosi) è censurare le opinioni. E’ fascismo. Chi si attarda in disquisizioni sul buon gusto è un censore. Punto. L’unico limite lo stabilisce la legge: diffamazione, calunnia. La satira è arte: o è totalmente LIBERA, o non è satira.
Se io parlo del sostegno immondo di Ferrara alla guerra criminale di Bush, Blair e Berlusconi in Iraq, e voi vi scandalizzate dei toni satirici invece che di Abu Grahib o del napalm a Falluja, la vostra scala di valori è corrotta. Era questo il significato di quel monologo. Come volevasi dimostrare.
Daniele Luttazzi
(da Dagospia, 11 dicembre 2007)


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IL FOGLIO 12/12/2007
Al direttore - Ho letto la sua lettera a Repubblica sulla sospensione del programma di Daniele Luttazzi, sulla rete 7 e anche le giustificazioni del comico sul suo tipo di satira. Lei afferma che ”quella di Luttazzi su di me era satira, su questo non ci piove” e poi spiega perché, ciononostante, ha approvato la sospensione del programma perché contravveniva alle regole di mercato di una televisione commerciale e cioè al limite che un editore televisivo fissa alla libertà di satira. In base al buon senso non si può non essere d’accordo con lei. Però a me pare che si è persa un’ottima occasione di chiarire che cosa è diventata oggi la satira, e se sia giusto qualificare come tale l’offesa ai limiti dell’ingiuria. Chiunque abbia seguito il ”Decameron” di Luttazzi si era reso conto che il suo modo di fare satira non si distingueva dall’espressione di quello che comunemente viene considerato un rosario di sconcezze. Quando Luttazzi è stato riproposto dalla 7 ai telespettatori, mi sono compiaciuto di questa iniziativa, perché rimediava a un torto che gli era stato fatto quando, per ragioni politiche, era stato esiliato dalla Rai tv ma lui non ha saputo apprezzare questa opportunità ed è diventato la punta dell’iceberg della satira uguale insulto, un genere che a prescindere da ogni valutazione politica suscita disgusto. Io non so se era giusto ”licenziarlo”, ma sono convinto che il caso Luttazzi era l’opportunità per denunciare la degenerazione della satira soprattutto in televisione. Purtroppo è un’occasione che è stata perduta e dobbiamo quindi rassegnarci a considerare satira gl’insulti conditi con: ”Vaffanculo e Cazzo”, nei programmi televisivi.
Giovanni Russo

Egregio e caro Russo, ci vogliamo bene ma adesso lei è ingeneroso. Come fa a parlare di occasione persa? Dopo che la satira luttazziana, condita da una dose sovrabbondante di bullismo ideologico-scatologico, è stata sanzionata da quel sant’uomo di Antonio Campo Dall’Orto e da un paziente G. Ferrara, per nulla offeso ma freddamente intenzionato a curare il senso del limite nella società del vaffanculo politicamente corretto, è successo questo. Primo. Tre guru del pensiero di sinistra su Repubblica (Sofri, Serra e Corrado Guzzanti) hanno scritto o detto cose ragionevoli e interessanti, che non fanno di loro dei nemici della satira o dei servi del potere, ma il cui senso è: cari martiri, ci avete rotto un po’ i coglioni. Bene, no? Non ricorda le sciocchezze che abbiamo dovuto sentir dire per cinque lunghi anni e il martirologio infinito di un’era anche più lunga? Secondo. Daniele Luttazzi, che torno a invitare a Otto e mezzo e per quanto mi riguarda può riprendere anche domani la sua trasmissione, dopo avere ascoltato le mie ragioni di Grasso Inquisitore e averle metabolizzate (così la cacca viene anche più soda), ha rifiutato di discutere dicendo che non è una scimmietta e non vuole alzare l’odiens degli altri (gli basta il proprio, di odiens). Con questo rifiuto (pensaci, Daniele!) ammette, da vera scimmietta militante, che l’unico pubblico e gli unici interlocutori per lui tollerabili sono i macachi dell’ass. art 21 che lo ospiteranno in un teatrino per farsi la solita gustosa sega collettiva. E ammette altresì che il luogo giusto per la sua satiriasi è il teatrino off off Broadway, lo zoo giusto per i Lenny Bruce della mutua e dei miei stivali. Terzo. Mi sono tolto lo sfizio di ricordare ai colleghi del Manifesto, eroica cooperativa del lavoro sovietico che prende contributi dello stato (ma anche di Craxi e di Orazio Bagnasco e di Cesare Romiti: Valentino, sei sempre stato un Dio!), contributi purificati dalla sua ideologia anticapitalistica, come dice sempre la zia Norma nelle trasmissioni del servizio pubblico televisivo, che la satira ce l’hanno fin dentro la testata di quotidiano comunista. Sarebbe come se noi fossimo così sprovvisti di sense of humour da mettere sotto alla testata del Foglio un ”quotidiano nazista” o ”quotidiano razzista” o ”quotidiano imperialista”, e questo per rivelare con orgoglio la vera bandiera che come è noto fluttua sulle nostre idee e sul nostro lavoro. E per soprammercato ci siamo detti certi che loro difenderebbero la libertà di satira come libertà assoluta, senza limite alcuno, anche nel caso in cui un comico di destra prendesse la Rossana Rossanda e la mettesse nella vasca e le infliggesse il trattamento satirico inflitto a me. Sarebbero certamente coerenti con i loro principi. Per tutta risposta la direttora, Mariuccia Ciotta, ci ha regalato un autogol da delirio tifoso. Ha detto che Rossana in vasca non farebbe ridere, perché lei non sta dalla parte del potere, è una combattente indomita della lotta generale, e dunque non se ne parla. Quel ”residuo di sperma e cacca depositato sul lenzuolo dopo un rapporto anale”, il ”Giulianone” di Luttazzi, sì; Rossana no. Ora, siccome sono una specie di scimmietta liberale, e dispongo di senso dell’umorismo, accetto volentieri questa confessione: siamo militanti della differenza antropologica, facciamo comizi ai convertiti, a quelli che già sanno che Giulianone è un torturatore di Abu Ghraib e dunque merita la cacca in bocca. Accetto volentieri la divisione del mondo in buoni e cattivi, e mi metto dalla parte dei cattivi, che per fortuna sono in maggioranza, altrimenti con una maggioranza di buoni saremmo in Urss o nel paese dei Talebani: però alla fine i cattivi hanno il diritto di vedere i buoni off off Broadway. Non è che abbiamo stravinto? Ci farà male al pancino?
Giuliano Ferrara