Vanity Fair 13/12/2007, 13 dicembre 2007
1 L’ambasciatore cinese in Italia si chiama Dong Jinyi. L’altro mercoledì ha detto: «Nessuno incontri il Dalai Lama»
1 L’ambasciatore cinese in Italia si chiama Dong Jinyi. L’altro mercoledì ha detto: «Nessuno incontri il Dalai Lama». Il Dalai Lama è arrivato mercoledì 5 dicembre. Non lo ha effettivamente incontrato quasi nessuno. 2 Agenda del Dalai Lama per quanto se n’è saputo finora. Alla Camera dovrebbe essere ricevuto nella Sala Gialla. Escluso che parli in aula. Il sindaco Moratti lo incontrerà, ma insieme ad altre personalità, cioè come per caso (c’è in ballo tra l’altro il voto cinese per l’assegnazione a Milano dell’Expo 2015). Il sindaco Veltroni, niente. La Regione Piemonte ha votato all’unanimità la decisione di incontrarlo ufficialmente e in qualche modo gliela faranno pagare: la Merkel, che ha sfidato Pechino ricevendolo in pompa magna (s’era pure messa la sciarpa bianca ricevuta in dono dal Dalai), s’è poi vista cancellare per rappresaglia qualche miliardo di euro di commesse. A Bush è successo lo stesso. Prodi ha fatto sapere che non sono previsti incontri. Idem il Papa, che però l’ha visto l’anno scorso. 3 La diplomazia cinese aveva fatto sapere alla diplomazia vaticana che un incontro col papa avrebbe potuto «urtare i sentimenti dei cinesi». La Santa Sede s’è affrettata a precisare ufficialmente che «nessun incontro è stato messo in calendario». S’era infatti diffusa la voce, smentita con forza dalle autorità vaticane, che Dalai e Benedetto XVI avessero concordato d’incontrarsi il 13. Si deve sapere che i cattolici in Cina sono fra i 13 e i 15 milioni e che laggiù esistono, addirittura, due chiese cattoliche: quella dove i vescovi sono nominati da Roma e quella dove i vescovi sono nominati da Pechino. A marzo don Wu Qinjing, di 39 anni, a cui lo scorso settembre picchiatori mandati dalle autorità locali avevano spaccato la testa, ha accettato la nomina a vescovo arrivata da Roma. Dopo pochi giorni è sparito dalla circolazione. Le autorità cinesi hanno reso noto che s’aspettano un’autocritica scritta, in cui Wu ammetta di essere un vescovo illegittimo e rinunci al sacerdozio. Il Papa ha diffuso una lettera ai cinesi per ricostruire un rapporto interrotto da 56 anni. La lettera è stata concordata con i leader di Pechino, che hanno fatto sapere di averla molto gradita. Appena è diventata ufficiale, le persecuzioni nei confronti dei cattolici sono aumentate. 4 Il Dalai Lama è il capo religioso e politico del Tibet, e la massima autorità buddista del mondo. Fu costretto all’esilio nel 1959, dopo una rivolta fallita contro l’occupante cinese. Si stabilì a Dharamsala, in India, dove diede vita a un governo provvisorio. Da allora gira il mondo: insegna buddismo, esorta gli occidentali a non convertirsi per moda, e fa propaganda - col sorriso sulle labbra e il candore apparente dell’illuminato - all’insulto che il suo paese ha subito dai cinesi. I cinesi hanno occupato il Tibet nel 1950 e da allora lavorano per far sparire dalla faccia della Terra i tibetani. 5 Il 92,6 per cento dei cinesi appartengono a una sola etnia, quella han. Per esempio: i 2.750 morti delle Twin Towers appartenevano a 80 nazionalità diverse. Gli stessi italiani, se considerati dal punto di vista etnico, sono il risultato di almeno una ventina di etnie mescolate. I cinesi invece non si sono mai mischiati con nessuno e il simbolo della loro purezza è rappresentato dalla Grande Muraglia, lunga come la distanza tra Milano e New York e concepita per tenere lontani i tartari in particolare e gli stranieri in generale. Le comunità cinesi all’estero tendono anche loro a rinchiudersi in tante piccole muraglie e a non aver rapporti con la comunità indigena. Si passano i documenti uno con l’altro. S’industriano ad esser seppelliti in patria e c’è tutto un giro di cadaveri ficcati in container che partono continuamente da Napoli alla volta della Cina. I morti cinesi ufficiali in Italia, dal 2000 a oggi, sono 30, su una comunità ufficiale di 150 mila persone. 6 Poiché non si mischiano, i cinesi tendono a far diventare cinesi di etnia han tutti i popoli che sottomettono. S’è visto bene nel Turkestan Orientale, oggi detto Xinjiang, abitato dagli uiguri. Gli uiguri sono musulmani e turcofoni. Cancellata la Repubblica Indipendente del Turkestan Orientale, Pechino insediò sul posto trecentomila coloni di etnia han, poi vi confinò i condannati politici, quindi riservò dei premi in denaro agli uiguri che sposassero han e stabilì che i figli di queste unioni sarebbero stati considerati han. Seguì una politica di sterilizzazione e aborti forzati per gli uiguri, progressivamente relegati nelle case di periferia, senza acqua, elettricità o gas. Quindi, chiusura delle scuole coraniche, sequestro dei libri scritti in uiguri, chiusura delle relative case editrici. Oggi gli uiguri sono il 50 per cento della popolazione. Il fondamentalismo islamico è diventato di conseguenza molto forte e tende ad estendersi a Kazakistan e Kirghizistan. Ci sono tensioni con la Turchia. 7 In Tibet i cinesi stanno facendo un’operazione ancora più massiccia e di lungo respiro. Si propongono di prolungare fino a Xigaze la ferrovia di Lhasa, portare elettricità, acqua potabile, telefoni, in modo che i tibetani dediti al pascolo di pecore o di yak vedano a un certo punto la televisione cinese. Decine di migliaia di cinesi di etnia rigorosamente han sono stati spediti in Tibet, in modo che i tibetani finiscano per trovarsi in minoranza. 8 Il Tibet è essenziale per i cinesi perché tutti i grandi fiumi che attraversano l’Asia nascono dall’Himalaya e transitano dall’altopiano tibetano. Così lo Yangtze, il Brahmaputra, il Fiume Giallo, il Mekong, l’Indo, il Karnali, il Sutlej. Il Tibet fa dunque le veci di un’enorme cisterna d’acqua, elemento fondamentale per un Paese che tende a distruggere - avvelenandoli di scarichi - i propri tratti dei fiumi. 9 Il vero nome del Dalai Lama è Lhamo Dhondup. nato il 6 luglio del 1935 da una povera famiglia di contadini di Taktser, nel Nordest del Paese. Il giorno stava sorgendo e il padre del bambino, fino a quel momento malato, si levò a un tratto dal letto in buona salute. La madre ha raccontato che il piccolo Lhamo era silenzioso e solitario e non voleva mai uscire. Intorno ai due anni, lo sorprese che stava preparando i bagagli. «Che cosa fai?», gli chiese. «Devo andare a Lhasa. E vi porterò con me». A Lhasa, tremila e passa metri d’altezza, risiede per tradizione il Dalai Lama. Quando Lhamo aveva quattro anni venne riconosciuto come l’incarnazione del 13° Dalai Lama, chiamato Thubten Gyatso e chiuso in monastero. 10 «Non esiste niente di cui possiamo dire: ”Eccolo, è questo”» (il Dalai Lama).