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 2007  dicembre 13 Giovedì calendario

«Ho fatto le scarpe a Benedetto XVI». Gente 13 dicembre 2007. Da bambino Adriano Stefanelli aveva un sogno: fare le scarpe al papa

«Ho fatto le scarpe a Benedetto XVI». Gente 13 dicembre 2007. Da bambino Adriano Stefanelli aveva un sogno: fare le scarpe al papa. Nel senso letterale del termine, cioè confezionare le calzature per il Santo Padre. E ora, a 59 anni, il signor Stefanelli, da Novara, può dire di aver coronato il suo sogno. lui, infatti, il calzolaio del Vaticano, incoronato perfino dal mensile americano Esquire, bibbia in fatto di tendenze nella moda e nella cultura: le scarpe papali sono ”l’accessorio dell’anno”. «Sono un sognatore e sto vedendo realizzati i miei desideri», confessa Stefanelli, che ricorda a Gente i pomeriggi trascorsi nella bottega di papà Antonio, quando, alla fine delle lezioni a scuola, fatti i compiti, il quattordicenne Adriano andava a seguire il lavoro del padre: «Avrei preferito giocare a pallone, ma ero il primo di tre fratelli e toccava a me tramandare la tradizione di famiglia». L’idea di riprendere quell’arte che il padre gli aveva insegnato arrivò sei anni fa. «Stavo seguendo la Via Crucis che papa Giovanni Paolo II recitava al Colosseo. La malattia l’aveva già colpito e sul suo volto si leggevano i segni della sofferenza», racconta. «Sua Santità ebbe un cedimento, si sentì male e io mi chiesi che cosa avrei potuto fare per alleviare in qualche modo la sua sofferenza. La risposta fu naturale: un paio di scarpe». Già, ma quale numero? «Per chi fa il mio mestiere, basta osservare e fare qualche calcolo: il pontefice doveva portare il 44». Si mise all’opera e qualche mese più tardi ecco confezionato un paio di mocassini lisci, senza cuciture, del tipico colore rosso cardinalizio. A quel punto, però, bisognava farle arrivare in Vaticano. «Mi aiutò la polizia di Novara, che inviò la mia richiesta a Roma. Dopo soli due giorni la segreteria vaticana rispose: Adriano Stefanelli avrebbe consegnato personalmente le sue scarpe il 29 settembre 2004. «Wojtyla ricordava che in gioventù non aveva mai avuto scarpe ”belle”. Ripeteva sempre che era dovuto diventare papa prima di riuscire ad avere calzature nuove». Dopo quel primo paio, da Novara arrivarono altri mocassini, «in tutto tre paia, più un quarto simbolico che donai anche al patriarca della Chiesa ortodossa, Alessio II, per simboleggiare l’unione delle due chiese». Sulle pareti del suo laboratorio, Adriano Stefanelli ha incorniciato le lettere di ringraziamento arrivate sia dal Vaticano sia dalla Chiesa ortodossa. E non solo: «Qualche tempo dopo la morte di papa Wojtyla, fui contattato dal suo segretario Stanislao Dziwisz: mi chiese la disponibilità a realizzare anche le scarpe di Benedetto XVI». Joseph Alois Ratzinger porta il numero 42 e oltre al paio ”classico”, nappa e pelle di capretto rossi, suola in cuoio con un piccolo inserto in gomma per non scivolare, riceverà presto un altro modello sulle cui caratteristiche, però, Stefanelli non vuole sbottonarsi. Il calzolaio di Novara non ha comunque dimenticato la sua passione giovanile per il pallone. Così, quando si iniziò a parlare di una Nazionale di calcio del Vaticano promossa dal cardinal Tarcisio Bertone, l’artigiano piemontese decise di confezionare un paio di scarpini anche per il segretario di Stato: «Sul fianco portano il numero 10, quello del regista di una squadra di calcio, seguito dal suo nome. I tacchetti, invece, sono in cuoio, come si usavano una volta», dice orgoglioso Stefanelli. Che ci ha preso gusto a realizzare scarpe da dedicare ai potenti. Certo, si è dovuto ”accontentare”: dopo il pontefice, a ricevere i suoi preziosi doni sono stati, infatti, Lech Walesa, Luca Cordero di Montezemolo e Silvio Berlusconi. «Come tutti, però, ha espresso un rammarico», sorride Stefanelli, «quello di non poterle indossare per non rovinarle ». Francesco Gironi