Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2007  dicembre 06 Giovedì calendario

Bari. Mille e centoquindici giorni per indagare e valutare esattamente l´opportunità di costruire un serbatoio d´acqua, altri mille e novantacinque per sostituire 120 mila contatori arrugginiti "fermi, rotti o illegibili"

Bari. Mille e centoquindici giorni per indagare e valutare esattamente l´opportunità di costruire un serbatoio d´acqua, altri mille e novantacinque per sostituire 120 mila contatori arrugginiti "fermi, rotti o illegibili". La somma fa sei anni. In sei anni l´Europa voleva aiutarci a rifare il Sud da cima a fondo. In questo tempo la Puglia forse riuscirà a far pagare l´acqua a chi la consuma, non garantendo affatto che ci sarà da bere per tutti e per tutte le ventiquattro ore di una giornata, d´inverno come d´estate. L´Europa ci voleva lepre. Noi italiani siamo legati al passo di una tartaruga. Sono serviti 1115 giorni per indagare e valutare esattamente l´opportunità di costruire un serbatoio d´acqua. Serviranno invece 1095 giorni per sostituire 120 mila contatori arrugginiti "fermi, rotti o illegibili". 1115+1095=2210 giorni. Sei anni. In sei anni l´Europa voleva aiutarci a rifare il Sud da cima a fondo. In questo tempo la Puglia forse riuscirà a far pagare l´acqua a chi la consuma, non garantendo affatto che ci sarà da bere per tutti e per tutte le ventiquattro ore di una giornata, d´inverno come d´estate. L´Europa ci voleva lepre. Noi italiani siamo legati al passo di una tartaruga. A Bari l´industria pubblica principale è l´Acquedotto pugliese. L´acqua, che affare! Sedicimila chilometri di rete idrica, condotte gravemente compromesse da una storica incuria, e 240 mila contatori "obsoleti", la cui gara per la sostituzione è andata in appalto soltanto un anno fa, contatori che sono da intendere in aggiunta ai 120mila totalmente defunti che verranno cambiati entro il 2009. L´Acquedotto pugliese si è visto recapitare un assegno europeo - sostenuto da un co-finanziamento italiano - di 835 milioni di euro. Doveva rinascere. Spendere velocemente e correre. Sostituire contatori e condotte, costruire invasi e potabilizzatori. Troppi soldi. Non ce l´ha fatta. I serbatoi si faranno, ma non tutti i potabilizzatori riusciranno a vedere la luce. Anzi è quasi certo che qualcuno cadrà sotto il peso dei veti e delle proteste. Una disperazione che ha portato Nichi Vendola, il presidente della Regione, a sostituire ancora il gruppo di comando dell´azienda, consegnando nelle mani di un manager pesarese dal curriculum lucente e dalla moralità indiscutibile l´ultima straziante richiesta d´aiuto. La burocrazia regionale era così immobile che l´ex amministratore delegato dell´Acquedotto Domenico Scognamiglio in un mirabile documento consegnato ai deputati regionali un anno fa ha avvertito il dovere di elencare il numero dei giorni che sono serviti per trasferire le carte da una scrivania e l´altra, e il numero delle scrivanie utili per autorizzare un solo progetto. Ammesso che riusciate a tenere il conto, eccovi serviti. Proporre, solo proporre, la costruzione di un serbatoio, si prendeva ad esempio il caso del serbatoio di Marzagaglia, è stato affare pubblico e politico investigato per 1115 giorni. I primi centodieci sono serviti per aggiudicare l´appalto, altri 85 giorni per ottenere l´autorizzazione dell´autorità sanitaria, 400 (quattrocento!) per il parere paesaggistico, 278 per la verifica dell´impatto ambientale, 69 per sciogliere il dilemma del vincolo idrogeologico, 93 per ottenere l´autorizzazione allo scarico e altri 80 giorni per il permesso a costruire. E adesso preghiamo che si faccia. Le realizzazioni figlie dei finanziamenti straordinari europei costituiscono un rosario incandescente di occasioni mancate e vuoti di memoria. Si è fatto troppo poco. A volte male. Spesso purtroppo si è sprecato, alcune volte ci si è persino rifugiati nella comicità. «Si prevede un aumento del flusso delle elemosine». Quando l´Europa ha chiesto alla Puglia il risultato atteso per la costruzione di una chiesa, la Puglia ha risposto con una frase che sembra rubata al copione di un film di Totò: «Si prevede un aumento del flusso delle elemosine». «C´è da ridere, ma purtroppo così è scritto», certifica nell´imbarazzo l´assessore pugliese al Bilancio Francesco Saponaro. C´è da ridere, ma forse anche da piangere. Una burocrazia abituata a non far di conto, e un ceto politico determinato a non voler dar conto, hanno realizzato nella stesura delle pezze giustificative che la Bruxelles richiedeva per liquidare la spesa, un mondo di intenzioni ardite da riempire un volume fantasy. D´altronde in Italia l´istituto anglosassone dell´accountability (si potrebbe tradurre della resa del conto: quanto spendo, in quanto tempo e per raggiungere quali risultati) non esiste. La resa del conto non è dovuta. Si può fare o non fare. Fare bene o male. E comunque i soldi spesi oramai non ci sono più. In alcuni casi si è trattato soltanto di documentare lo spreco. Una fatica nella quale i funzionari più creativi hanno dato fondo a tutto il loro talento. Non è stato facile spendere al Sud in poco più di sei anni quasi cinquanta miliardi di euro. E la Puglia da sola aveva sul groppone cinque miliardi da far fuori in una manciata di mesi. Correndo a perdifiato è riuscita a staccare assegni per poco più di tre miliardi di euro (3025 milioni per l´esattezza, conto parziale fotografato al 31 dicembre dello scorso anno). In corso di spesa sono altri 1700 milioni di euro. Il massimo possibile per le forze esauste di una burocrazia lenta, un corpaccione che muove un passo ogni sei mesi. Siamo in Puglia, dove comunque c´è qualcosa da vedere, qualcosa di costruito, di realizzato, di concluso, edificato con l´Alenia. «A Grottaglie è una realtà - ricorda Federico Pirro, docente di Storia dell´industria nel capoluogo pugliese - Lì si costruiscono parti in fibra di carbonio della carlinga del Boeing 787, una commessa enorme e di qualità. I fondi europei hanno contribuito a creare 800 posti di lavoro veri, lavoro che ha una sua consistenza. E´ un frutto isolato ma significativo. E´ poi stata ammodernata con l´oro di Bruxelles tutta la rete dell´ospitalità: trulli, alberghi di campagna. Forse la spesa è andata in direzione di microprogetti, ma il loro numero è elevato, visibile. Il patrimonio architettonico in decine di piccoli comuni è stato riqualificato. E´ un patrimonio minore, e qui si può dibattere, ma non negare l´evidenza che un qualche interesse lo abbia e sia stato un bene preservarlo dal tempo». Si è fatto dove si è potuto e come si è potuto. Se il turismo può considerarsi, nella catena degli investimenti, un buco riempito, altrove ci sono voragini ancora non colmate. Il buco nero che raccoglie tutto l´ingegno criminoso è la formazione professionale. Con questo termine la politica ha gestito la rete più lunga di clientele, si è sostenuta elettoralmente e finanziariamente. Disoccupati, precari, giovani e sbandati: a chiunque un corso spesso in cambio di un voto. Pasticciere, tornitore, muratore, imbianchino, tecnico dei computer (in Campania disponibile anche un master da velina televisiva). Formazione a la carte. Nella realtà era un sussidio di disoccupazione o solo un´elemosina. Un gancio per raggiungere elettori distratti e lontani o anche e solo un modo per tenerli in pugno. «Ho passato più tempo in procura a fornire carte che seduto sulla sedia all´assessorato - racconta Marco Barbieri, professore di Diritto del lavoro cui è stata affidata la gestione della Formazione, grana raccolta all´inizio della legislatura - Ho fatto un´indigestione di reati penali. Ho visto cose che non si possono descrivere: regalie, imbrogli, veri e propri misfatti. Quando però il troppo è stato davvero troppo, pur di troncare con il sistema che avevo ereditato sono andato a Bruxelles e ho rinunciato. Non datemi quei soldi, non li voglio. Ho rinunciato a 50 milioni di euro e mi hanno preso per pazzo. Ma adesso le cose stanno migliorando. Si spende, e spero che sia una spesa più seria». Nella catalogazione della spesa, oltre quella utile, e l´altra inutile, c´è da includere una terza: la spesa dannosa. Con i fondi europei sono stati distrutti quindicimila metri quadrati del bosco di Castel del Monte, un sito Unesco. I proprietari di un fondo, utilizzando le risorse Ue per l´agricoltura, hanno tagliato mille alberi del bosco di Roverella, nel cuore del Parco dell´Alta Murgia. Avevano dichiarato di voler piantare ciliegie con i soldi di Bruxelles. Con i soldi di Bruxelles, hanno accertato i carabinieri, si è troppo spesso realizzata una truffa. L´intento vero era di "spietrare" i terreni, liberarli dalla loro radice ambientale e magari renderli affascinanti per qualche altra destinazione. Pochi chilometri più a sud cinquecento ettari, con i soldi di Bruxelles, sono stati "spietrati". Gli autori avevano l´unico intento di raccogliere l´assegno (c´è un bonus per chi trasforma i pascoli in terreni seminativi) e basta. Il danno ambientale è stato enorme. Senza pietre la Murgia perde il suo volto, e i terreni iniziano un lento ma inesorabile processo di inaridimento. Un´economia dopata produce predoni non imprenditori. Sono decine i capannoni fantasma figli della legge di incentivazione industriale: la famigerata 488. Sussidi a pioggia, alla cieca. Questa volta ce ne erano così tanti che alla fine qualche gruzzoletto nemmeno si riuscirà a spenderlo e dovrà essere restituito. In Calabria, malgrado la corsa a una spesa illogica, sconveniente, la cifra supera a stento il tetto del 70 per cento degli impegni presi. In quella regione fino a qualche mese fa non esisteva neanche la figura interna del vigilante, del burocrate che deve sorvegliare la spesa e indirizzarla. Ognuno ha fatto come gli è parso opportuno. Raccogliendo un libro di paradossi. Con una mano, per fare un esempio, la Regione ha finanziato uno studio che valutava la congruità del numero degli aeroporti esistenti. "Tre bastano e avanzano" c´era scritto. Con l´altra mano la Regione Calabria ha finanziato la costruzione del quarto aeroporto, a Sibari. Ma non l´ha finanziato per intero. Solo un regalino, una strenna natalizia: 20 milioni di euro. Qualcosa che serva e non serva. Una mezza pista di decollo, un mezzo parcheggio, ma forse un intero consiglio di amministrazione. Un lotto di un appalto. Un destino da incompiuta. L´unica consolazione è che quasi tutto l´inutile è stato realizzato. Si può solo migliorare. A Bari è stato deciso un giro di vite; a Catanzaro adesso è all´opera un funzionario moralmente inattaccabile e con un curriculum di assoluta eccellenza. Alle viste c´è il un nuovo mega piano di finanziamenti europei per gli anni 2008-2013. «Dottore, dobbiamo capirci però - dice il professor Pirro - Anche se verrà tanta acqua, abbiamo sempre bisogno che il cavallo abbia sete».