Giuseppe Berta, La Stampa 6/12/2007, 6 dicembre 2007
Ripartire dalla fabbrica: questo il senso che si ricava dal programma appena comunicato dalla Fiat di procedere a una radicale riorganizzazione dello stabilimento di Pomigliano d’Arco, luogo di produzione del marchio Alfa Romeo
Ripartire dalla fabbrica: questo il senso che si ricava dal programma appena comunicato dalla Fiat di procedere a una radicale riorganizzazione dello stabilimento di Pomigliano d’Arco, luogo di produzione del marchio Alfa Romeo. Per l’industria italiana, il metodo che verrà seguito istituisce una novità: è originale e innovativa la decisione di sospendere l’attività per i primi due mesi del 2008, così da operare un riassetto radicale del sistema produttivo, investendo nelle tecnologie di processo. Per i lavoratori, non si profila una sospensione compensata col ricorso alla cassa integrazione, ma un periodo - di insolita durata per un’impresa italiana - da occupare mediante la formazione interna, in modo da favorire la riqualificazione dei dipendenti e metterli in grado di affrontare i compiti della ripresa produttiva. Per la Fiat è una scommessa costosa e non facile. Si tratta di imprimere una svolta a una fabbrica che non ha alle spalle una buona storia, nei suoi quattro decenni di vita. L’Alfa Romeo realizzò l’impianto di Pomigliano negli Anni 60, quando l’Iri venne incaricato dell’industrializzazione del Mezzogiorno, secondo uno schema di intervento pubblico che pensava ancora di dover lenire i problemi sociali con i posti di lavoro creati dallo Stato. Nata sotto una stella avversa e ideata secondo criteri progettuali già obsoleti, la fabbrica dell’Alfa doveva attraversare in seguito stagioni difficili, con risultati insoddisfacenti e un’organizzazione messa in scacco da un’alta conflittualità che serviva anche a mascherare un retroterra opaco, in cui tendevano a confondersi comportamenti ed episodi in aperto contrasto con le regole della razionalità industriale. Ora la Fiat si accinge a verificare la possibilità concreta di un nuovo inizio. Pomigliano, come altri importanti impianti automobilistici in Italia, può sopravvivere a condizione di migliorare i propri livelli di funzionalità, efficienza e produttività. Negli ultimi anni, la Fiat ha perseguito il rilancio evitando di ridurre la capacità produttiva, cioè senza pregiudicare la continuità delle sue fabbriche. Ma ciò implica che esse siano sottoposte a un’opera di rinnovamento ininterrotto, perché non si accentui il divario con le strutture più recenti. grazie a quest’azione di riassetto che l’area di Mirafiori permane vitale e attiva nonostante sia stata edificata quasi settant’anni fa. Con il progetto del rilancio di Pomigliano, con i servizi per i dipendenti attivati a Mirafiori e soprattutto con la reattività dimostrata dinanzi ai problemi dei lavoratori, la Fiat di Sergio Marchionne sembra voler comunicare un messaggio che riguarda il destino della grande fabbrica nel nostro Paese. Può diminuire il peso della produzione manifatturiera sul Pil e ridursi il numero dei lavoratori dell’industria, ma la grande fabbrica deve restare come uno dei capisaldi della nostra organizzazione sociale. L’Italia non avrebbe conosciuto un processo di sviluppo così intenso ed esteso, e non soltanto dal punto di vista economico, se non fosse stato ancorato ad alcune corpose realtà di grande impresa, che hanno diffuso e consolidato una moderna cultura del lavoro. Della base di competenze e di professionalità cristallizzatasi nel lavoro industriale non possiamo fare a meno, anche quando la gamma delle nostre attività si sta differenziando, come avviene adesso. Per questo, è bene riscoprire oggi il valore della fabbrica e delle esperienze lavorative che vi sono racchiuse. Un obiettivo che si può raggiungere attraverso la ristrutturazione dei luoghi della produzione, per renderli migliori e anche più accoglienti, restituendo così dignità e significato al lavoro che vi si compie. Ma che richiede altresì una linea di condotta rigorosa, come quella che ha portato a sanzionare col licenziamento alcuni quadri della Fiat Auto e del Comau, accusati di aver trasgredito al codice etico dell’azienda. E che infine attende una svolta anche nella contrattazione collettiva, per togliere ad essa il sovraccarico di ritualità e riportarla più vicino alle esigenze dei lavoratori.