Irene Amodei, La Stampa 6/12/2007, 6 dicembre 2007
Ha un termine tecnico, Termoscud. Un nome commerciale, coprigambe. Ma tutti quelli che usano il motorino la chiamano semplicemente copertina
Ha un termine tecnico, Termoscud. Un nome commerciale, coprigambe. Ma tutti quelli che usano il motorino la chiamano semplicemente copertina. Come abbia fatto questo un telo nero imbottito, anonimo e bruttino, a diventare un accessorio indispensabile per gli inverni delle città non è un mistero, per chi ha guidato una moto sotto la pioggia. Più complicato è cercare di capire perché da accessorio per adulti che temono i primi acciacchi, sia diventato un oggetto di tendenza anche per gli under 30. Nessuno fino a pochi anni fa ne aveva mai sentito l’esigenza, la pioggia e il freddo sono sempre stati da mettere in conto se si voleva abbattere i tempi di spostamento in città. Ma il passaggio logico successivo, («sarebbe bello se ci fosse qualcosa che mi ripari»), l’hanno fatto cinque ragazzi tra i trenta e i quaranta anni dieci anni fa. Lavoravano alla Tucano, società che ancora oggi fa borse per pc; si muovevano in moto tutti i giorni nel traffico, anche d’inverno e senza possibilità di indossare un abbigliamento adeguato, anzi: spesso erano costretti alla giacca e alla cravatta. In Tucano avevano a disposizione tessuti in cordura e macchine da cucire. Hanno sperimentato un prototipo, poi nel 1999 hanno separato il ramo d’azienda e hanno fondato TucanoUrbano. La copertina che all’inizio aveva solo due opzioni, una per la Vespa e una per gli scooter ora è prodotta per 40 modelli diversi. Fino a qualche anno fa, i motociclisti che la utilizzavano erano solo a Milano ora sono sparsi in tutta Italia (Roma soprattutto; ma anche Torino, Napoli, Palermo). Loro da cinque che erano sono diventati 25, il più anziano compie domani 50 anni, l’età media è di trenta anni, lavorano in un capannone alle porte di Milano, producono all’estero e vendono in Europa. Ambiente informale, ping-pong, cucina, cane-mascotte e macchina per fare il pane in ufficio. Pause dedicate a qualche giro in bicicletta o a partite di badminton sul campo costruito in cortile. Nessun soldo da sperperare in pubblicità, all’inizio è stato il passaparola l’arma vincente. Ma, almeno stando a quanto raccontano i forum su internet, l’arma del successo sembra essere un’altra: comprando un coprigambe si acquista automaticamente anche un’assicurazione: in caso di furto, si riceve un’altra copertina. Il passaparola è lento, ma evidentemente redditizio: «Abbiamo avuto una crescita graduale - spiega Francesco Colombo uno dei cinque fondatori - siamo diventati grandi passo dopo passo, senza pensare al grande business». Sembra quasi un insegnamento ai bamboccioni che aspettano la grande idea per fare un mucchio di soldi: «Nessun consiglio. Solo la nostra esperienza: crediamo in quello che facciamo, i prodotti li testiamo noi e nascono da esigenze che viviamo in prima persona». Attraverso le vendite si può ricostruire uno spaccato dei motociclisti italiani: a Milano, circa la metà dei motorini ne sono provvisti, a Roma è una moda, a Genova invece fanno i «fighetti» («Vespa e casco Duraleu», spiegano dalla Tucano urbano), a Firenze sono duri e puri: vanno male anche le vendite del parabrezza. Proprio i duri e puri hanno creato più di un problema all’esordio. Il mondo dei motociclisti è più tradizionalista di quanto si pensi. «All’inizio abbiamo fatto molta fatica - spiega Colombo -. Gli intransigenti non gradivano». Forse perché chi va in moto deve dimostrare di resistere alle intemperie. Fino ad arrivare al boom delle orecchiette con ventosa per personalizzare i caschi. « stata un’idea quasi malsana venuta per caso dopo che il casco era diventato obbligatorio. Per gioco abbiamo pensato a come renderlo ”unico”. Prima abbiamo pensato alle corna di un vichingo, poi a qualcuno è venuto in mente il peluche, abbiamo fatto le prove e ci è scoppiata in mano». Una deviazione dallo standard, non certo una tucanata, il neologismo che «indica qualcosa di banale, cui nessuno aveva pensato ma funzionale». Dopo la copertina sono arrivati i guanti, le giacche, la borse, (tutto rigorosamente anti-pioggia), l’interno casco in vimini per stare freschi d’estate. Nonostante tutto oggi la copertina rappresenta ancora circa la metà dell’intero fatturato, che si aggira attorno ai dieci milioni di euro.