Riccardo Barenghi, Corriere della Sera 6/12/2007, 6 dicembre 2007
RICCARDO BARENGHI
C’è il simbolo, che però forse non sarà quello che troveremo sulla scheda elettorale e che forse però verrà accompagnato dagli altri quattro esistenti. C’è il nome, che forse però verrà sostenuto sempre dagli altri quattro. Ma alla fine la Cosa, o almeno qualcosa di rosso (e di verde, blu, giallo,viola, celeste, arancione...) c’è. Bisognerà vedere se ci sarà, ossia quanto durerà, se riuscirà a presentarsi insieme alle elezioni, se non si spaccherà nel giro di poco. Se insomma questo è solo il primo passo oppure il primo e l’ultimo. Ieri mattina Giordano, Mussi, Pecoraro Scanio e Diliberto si sono riuniti e hanno annunciato la nascita di questa Federazione che si chiama la Sinistra-l’Arcobaleno - non un partito né un unico soggetto politico, ma appunto una federazione. La quale verrà ufficializzata sabato e domenica dai suoi stati generali alla nuova Fiera di Roma. Lì si capirà - forse - quanto siano serie le intenzioni dei promotori, se cioè l’idea sia quella cara a Bertinotti, ovvero di fondare un’unica forza politica nella quale si sciolgano i 4 partiti della sinistra radicale. Se insomma scompariranno per sempre i 4 simboli e i 4 nomi (i due con la falce e martello e l’aggettivo comunista, quello dei Verdi e l’ultimo nato della Sinistra democratica), se verrà eletto un unico leader, magari attraverso le primarie come è stato per Veltroni, se i gruppi parlamentari si fonderanno. Se insomma, magari non subito, magari non in due mesi ma possibilmente in un anno, nascerà appunto un nuovo partito. Esattamente come è stato per il Pd.
Il che significherebbe che i quattro esistenti dovrebbero sciogliersi, niente più sezioni dell’uno e dell’altro, niente più iscritti all’uno o all’altro, niente più dirigenti di questo o di quello. Ma tutti insieme, scontando ovviamente qualche mini-scissione, come quella già annunciata dei trotzkisti del Prc e forse anche quella di Marco Rizzo del Pdci. Le premesse per ora non sembrano portare su questa strada, la Cosa rossa nasce col freno a mano tirato per varie ragioni. La paura di ognuno per l’ignoto, le divisioni politiche che attraversano i soggetti in campo, i timori di rinunciare al proprio simbolo, al nome, insomma alla propria identità. Le gelosie che come in ogni comunità umana non mancano nemmeno qui: chi comanda, chi decide, chi sarà il leader?
E così per ora si decide tutti insieme, quindi non decide nessuno. Anche perché un personaggio che abbia le caratteristiche per essere automaticamente il leader della Sinistra-Arcobaleno al momento non si vede. E’ ovvio che quello naturale sarebbe stato Bertinotti, ma attualmente ha un altro impegno dal quale non può né tantomeno si vuole sottrarre: fa il presidente della Camera e ha intenzione di continuare a farlo. Dunque meglio rinviare il problema, aspettando magari che scenda in campo qualcun altro. Per esempio Nichi Vendola che lo stesso Bertinotti vedrebbe bene in quella postazione, con lui a fargli da sponda come capo carismatico. Ma non sarà facile, già due mesi fa il suo nome provocò un bel fuoco di sbarramento.
In ogni caso si parte e per un po’ si può andare avanti uniti, ma in realtà divisi e anche senza leader. Tanto c’è da vedere prima se la legge elettorale resterà quella di oggi oppure se Veltroni e Berlusconi (e Bertinotti) riusciranno nell’impresa di cambiarla, tornando al sistema proporzionale con sbarramento. Perché se così fosse, allora più della volontà dei singoli, più della necessità politica di costruire qualcosa che faccia da contrappeso al Partito democratico, più degli ideali in comune, sarà proprio lo sbarramento ad obbligare la Cosa rossa a essere tale. Ecco perché, nel caso in cui Prodi dovesse cadere, il presidente della Camera sarebbe pronto a sostenere un governo istituzionale: anche alleandosi con una parte del centrodestra.