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 2007  dicembre 06 Giovedì calendario

TORINO

Non ci sono più dream car da costruire, non ci sono più soldi. E il marchio glorioso della Bertone, uno dei più antichi e prestigiosi nella storia dei carrozzieri-designer di Torino, rischia di scomparire. Questa mattina, il pubblico ministero Giancarlo Avenati Bassi chiederà al tribunale fallimentare di aprire la procedura di fallimento: una decisione grave, che tuttavia la Procura non può non prendere dopo aver esaminato le carte e verificato che la famiglia Bertone (le azioni sono suddivise tra la signora Lilli, vedova di Nuccio, col 60 per cento, la figlia Barbara, direttore generale, e la figlia Marie Jeanne, ciascuna col 7 per cento circa, e la cugina Maria Clara Gracco Lay col resto delle quote) oggi non sarebbe in grado neppure di pagare ai suoi oltre milletrecento dipendenti le liquidazioni dovute in caso di licenziamento. Il tribunale, a sua volta, potrebbe decidere in favore di un’ipotesi meno traumatica, quella dell’amministrazione controllata: la prima udienza, con ogni probabilità, si terrà già il 20 dicembre. Ma a non voler firmare le carte con le quali, ancor prima dell’iniziativa della Procura, la stessa proprietà avrebbe potuto chiedere le procedure previste dalla legge in caso di forti difficoltà economiche è proprio la signora Lilli, tenace e singolare figura di imprenditrice. Vedova di Nuccio, geniale e creativo carrozziere inventore di modelli entrati nel mito come l’Alfa Romeo 2600 Sprint o le due Ferrari 250 GT, scomparso nel 1997, Lilli Bertone non molla e continua, dopo il fallimento delle trattative con la Fiat, a cercare nuovi partner, nel tentativo sempre più difficile di salvare la sua fabbrica. La figlia Barbara, così come i soci di minoranza, non la pensano così, e già nei giorni scorsi non hanno nascosto al pm le loro preoccupazioni. Inutilmente, in una sorta di drammatica dinasty rovesciata, dove l’oggetto del desiderio non sono i gioielli di famiglia ma la salvezza di un nome di e di una storia, la figlia ha cercato di convincere la madre a sottoscrivere lei stessa la richiesta di amministrazione controllata. Da due giorni, gli operai presidiano la fabbrica, e ieri mattina si sono presentati in trecento sotto casa di Lilli, nel cuore di Torino: «Signora, la stimiamo, ma le chiediamo di portare lei stessa i conti in tribunale...». Per loro, tutti specializzati, tutti capaci di costruire da zero un’auto prestigiosa, la strada che il Tribunale fallimentare sceglierà è decisiva: se sarà fallimento, nel futuro ci sono soltanto dodici mesi di cassa integrazione; se scatterà l’amministrazione controllata la cassa potrà durare due anni e, almeno in teoria, l’attività industriale potrà ricominciare.
«La signora Bertone ha fatto il possibile, ma adesso è indispensabile rivolgersi al Tribunale », dice anche Giorgio Airaudo, segretario piemontese della Fiom Cgil.