Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 6/12/2007, 6 dicembre 2007
DAL NOSTRO INVIATO
PERUGIA – Meredith Kercher fu uccisa al termine di una «violenza sessuale di gruppo. Vittima di uno o più aguzzini che senza pietà vinsero i suoi tentativi di resistenza». La sua morte fu causata da «un’azione combinata di più persone» che frequentava, ma ancora «non appare chiaro se lo sfondo sessuale rappresentasse l’obiettivo unico e ultimo dell’impresa». Così i giudici del tribunale del Riesame di Perugia confermano l’impianto dell’accusa e lasciano aperta la strada all’ipotesi dell’omicidio premeditato. Sulla scena del delitto «la cui ferocia lascia stupefatti», collocano tre persone: Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Rudy Hermann Guede. Smontano le loro bugie, «i falsi alibi». E poi sottolineano: «Nonostante la presenza di Rudy, Amanda e Raffaele non ne hanno fatto cenno, a testimonianza di un’intesa particolare che a salvaguardia degli interessi comuni potrebbe condurre a dichiarazioni di comodo ». Un accordo, dunque, che aggrava la loro posizione.
Erano stati Amanda e Raffaele a rivolgersi al tribunale per chiedere di tornare liberi. Ma il giudizio nei loro confronti è durissimo. Definendo la «personalità multiforme» della giovane americana, i magistrati rimarcano «l’elevato decadimento di freni inibitori e dunque la disponibilità effettiva ad assecondare ogni tipo di pulsione, quand’anche destinata a sfociare in condotte violente e incontrollate». E parlando della «personalità assai complessa e per certi versi inquietante » del ragazzo scrivono: «La violenza costituisce per Raffaele una concreta attrattiva. Con la sua condotta e i suoi atteggiamenti, nonché con le sue ondivaghe dichiarazioni spesso allineate alle oniriche versioni dell’ex fidanzata, ha mostrato un temperamento fragile, esposto a pulsioni e condizionamenti di ogni genere. Il quadro psicologico del suo coinvolgimento nella vicenda appare espressione di una volontà di partecipazione a forme sempre più estreme di trasgressione. In questa fase risulta soggetto incline al compimento di gravi delitti implicanti il ricorso a violenza personale ».
I giudici valorizzano i risultati degli esami compiuti dalla polizia Scientifica. «La presenza del Dna della vittima sul coltello rinvenuto a casa di Sollecito – scrivono – costituisce un formidabile riscontro dell’ipotesi accusatoria. Quel coltello va associato all’unico momento nel quale potrebbe essere stato usato a contatto con Meredith, cioè il drammatico momento dell’omicidio». Si dilungano anche sull’orma rilevata nel suo sangue ritenendo che «la rilevata compatibilità» con le scarpe di Sollecito «conferisce concretezza e riscontra l’ipotesi accusatoria sulla sua presenza sulla scena del delitto ». Poi si soffermano sulle «bugie raccontate dal giovane » e ricostruiscono quelli che secondo loro sono stati i suoi spostamenti il giorno del delitto. Lo fanno partendo da un considerazione: «Amanda ha ammesso di essere stata presente al momento dell’omicidio. Lei stessa, nell’intercettazione ambientale del 17 novembre in carcere, dice: " stupido, perché io non posso dire nient’altro, io ero là e non posso mentire su questo, non vi è alcuna ragione per farlo" ».
Meredith, dicono, «fu uccisa intorno alle 22» del primo novembre. «Raffaele, dopo aver tentato di dissociarsi dalla posizione di Amanda dichiarando di essere tornato a casa da solo, ha scelto successivamente di percorrere una strada diversa e più tortuosa». Alle 20.40 – come racconta una testimone – «i due sono insieme a casa». Il giovane ha spiegato di essere rimasto nel suo appartamento, di aver usato il computer, di aver fumato quattro spinelli. Ha giurato di essere andato a dormire verso l’una di notte e di essersi svegliato alle 10 insieme ad Amanda che poi andò a casa a farsi una doccia. «La sua versione è imperdonabilmente inverosimile », afferma il tribunale e così la smonta: «I due ragazzi spengono i loro cellulari poco dopo le 20.40. Nell’orario compreso tra le 21.10 e le 5.32 non risulta alcuna interazione umana con il computer. Raffaele non si coricò alle 24 o all’una, ma dopo una notte assai movimentata riaccese il cellulare alle 6 del 2 novembre, quando ricevette un sms inviato dal padre la sera precedente. Gli indagati hanno condiviso condotte e strategie, risulta impossibile disgiungere le posizioni».
Questa mattina – accompagnato dagli avvocati Maori, Brusco e Berretti – Raffaele sarà interrogato dal pubblico ministero ma potrebbe non rispondere. Alle 13 atterrerà l’aereo che dalla Germania riporterà Rudy in Italia.