Francesco Giavazzi, Corriere della Sera 6/12/2007, 6 dicembre 2007
«Il caro-petrolio spinge le bollette. Gli aumenti di luce e gas potrebbero tradursi in una stangata per le famiglie: 11 euro l’anno in più per la luce, oltre 30 per il gas»
«Il caro-petrolio spinge le bollette. Gli aumenti di luce e gas potrebbero tradursi in una stangata per le famiglie: 11 euro l’anno in più per la luce, oltre 30 per il gas». Leggendo i giornali di questi giorni ho fatto un conto. Lo scorso anno Alitalia ha perso 380 milioni; nei primi 6 mesi del 2007 altri 211. A fine dicembre l’incomprensibile noncuranza del governo - che da oltre un anno di mese in mese rimanda il problema - avrà accollato ai contribuenti altri 400 milioni di perdite. Sono circa 30 euro per famiglia, più dell’aumento delle bollette della luce, poco meno del rincaro del gas. Lo scorso anno i prezzi (uso come indicatore il deflatore dei consumi e i dati della Commissione europea) sono cresciuti del 2,7%, ma i salari non hanno tenuto il passo e il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti è sceso dello 0,2%. I salari italiani non soltanto sono bassi relativamente a Francia e Germania - come ha notato il Governatore della Banca d’Italia - ma stanno anche perdendo terreno. La riduzione della quota del reddito nazionale che va ai salari non è un fatto solo italiano: è accaduto lo stesso in tutta Europa. Lo spostamento nella distribuzione del reddito avvenuto negli ultimi 25 anni è straordinario: nel 1981 ai salari andava il 71% del reddito nazionale, oggi 9 punti di meno (cito ancora i dati della Commissione europea). In novembre l’inflazione nella zona dell’euro è salita al 3%. Molti ritengono che rimarrà vicino a questo livello per buona parte del prossimo anno: colpa del petrolio e del gas, ma anche della forte crescita di alcuni Paesi emergenti, India, Cina, Brasile, che spingono in su il prezzo di tutte le materie prime. Alcuni prevedono anche che la lunga tregua dei salari presto finirà e che i sindacati cercheranno di riguadagnare un po’ del terreno perduto. Nonostante queste previsioni, la legge finanziaria è stata costruita con un’ipotesi molto più indulgente: un aumento del deflatore dei consumi non superiore al 2%. Che cosa accadrà se l’inflazione sarà più elevata? Lo spiegano Tito Boeri e Pietro Garibaldi sul sito lavoce. info. L’inflazione fa salire il gettito fiscale perché le imposte colpiscono i redditi nominali: nel 2008 un’inflazione del 3%, anziché il 2% che prevede il governo, aumenterebbe le entrate tributarie di 4-5 miliardi di euro, e di altrettanto ridurrebbe il potere d’acquisto delle famiglie. Questa cifra forse non è casuale. Infatti la legge finanziaria peggiora i conti pubblici, rispetto a ciò che sarebbe accaduto in sua assenza, di 4,5 miliardi: 5 in più di spese correnti, 2,5 in meno di investimenti e 2 in meno di entrate per il taglio del-l’Ici. Il risultato è che nel 2008 il deficit salirà dall’ 1,8 al 2,1% del Pil. Forse il ministro dell’Economia in cuor suo spera che un po’ d’inflazione in più gli regalerà un aumento della pressione fiscale e gli consentirà di eliminare quel maggior disavanzo. Se così fosse si sbaglierebbe: in un momento in cui l’euro forte frena le esportazioni, solo i consumi delle famiglie possono sostenere la domanda.