La Stampa 05/12/2007, pag.16 CARLO BASTASIN, 5 dicembre 2007
Merkel, avanti verso il passato. La Stampa 5 Dicembre 2007. La Grande coalizione tedesca non è ancora morta, ma sta esaurendo l’ossigeno
Merkel, avanti verso il passato. La Stampa 5 Dicembre 2007. La Grande coalizione tedesca non è ancora morta, ma sta esaurendo l’ossigeno. La campagna elettorale per le prossime elezioni federali è cominciata infatti con due anni di anticipo lunedì scorso quando la cancelliera Angela Merkel, durante il congresso del partito ad Hannover, ha liberamente applaudito il premier della Bassa Sassonia, Christian Wulff, che difendeva la prospettiva di una futura alleanza di governo dei cristiano-democratici con i liberali anche a livello federale. Tutta l’attesa è ora per gli appuntamenti elettorali in Assia e Bassa Sassonia nel gennaio 2008. Un risultato che punisse nettamente uno dei due partiti di governo, Cdu o Spd, farebbe suonare la campana dell’ultimo giro, un pareggio invece prolungherebbe la vita artificiale della Grande coalizione. Nonostante un discorso insolitamente aggressivo, apertamente polemico nei confronti del partito socialdemocratico, Angela Merkel si è ben guardata dal dichiarare la fine dell’attuale coalizione con l’Spd, e ne ha difeso i risultati. La cancelliera è apparsa tuttavia diversa dalla figura super partes dei primi tempi di governo. Perfino esteticamente, con un tono di voce acceso e una acconciatura meno disciplinata, Merkel ha messo in mostra il suo lato battagliero. Forte di consensi popolari che superano quelli di ogni cancelliere della Repubblica federale, ha rivendicato alla Cdu il centro della politica tedesca, invaso il campo dell’attuale alleato, inseguendolo e confinandolo a sinistra, e sfruttato in tal modo gli spazi lasciati dalla scelta dell’Spd di un «socialismo democratico» che tenga a bada, a sua volta, la sfida della sinistra radicale guidata da Oskar Lafontaine e dagli ex comunisti orientali. Le scelte politiche della Cdu sono attese da tutti gli analisti politici europei come il test-chiave della risposta politica europea alla globalizzazione dopo il notevole recupero di efficienza delle economie: continuerà il processo di riforma del modello sociale europeo oppure si fermerà? La risposta emersa da Hannover è che le riforme si fermeranno durante la vita restante della Grande Coalizione ed eventualmente riprenderanno quando si saranno ridefiniti i campi tradizionali di destra e sinistra. L’ex cancelliere Schroeder, in una dichiarazione raccolta dal settimanale «Der Spiegel», aveva rivelato con amarezza di dare per certa una prossima alleanza del partito socialdemocratico con la sinistra estrema. Ieri i premier cristiano-democratici dei Laender hanno quasi tutti dichiarato il loro interesse a un’alleanza omogenea con i liberali. Attualmente, secondo i sondaggi, nessuna delle due coalizioni potrebbe essere certa di ottenere la maggioranza. Così i toni del confronto politico si sono radicalizzati. Durante il congresso di Hannover, è riapparsa sorprendentemente la formula dialettica dei conservatori degli Anni 70, il momento più duro dello scontro ideologico: «Libertà anziché socialismo», ieri rilanciata anche dalla Csu bavarese. Una distinzione che era sembrata stingere insieme alla fine delle ideologie e che ora ritorna, seppur funzionale alla sola dialettica bipolare. La parola «riforme» è invece praticamente scomparsa dal discorso della cancelliera al congresso di partito ed è stata sostituita dalla formula «mantenere la navigazione». Di fronte al desiderio dei socialdemocratici di limitare la portata delle riforme recenti di impronta liberale - età di pensionamento a 67 anni, minor durata dei sussidi di disoccupazione - o di proporre nuove protezioni del lavoro con l’introduzione del salario minimo, la Merkel ha ribadito che non ci saranno arretramenti. Secondo indiscrezioni raccolte da un quotidiano di Francoforte, il segretario generale della Cdu Pofalla avrebbe ordinato ai funzionari di partito di non usare più in pubblico la parola «riforme», sebbene nel programma di partito, presentato lunedì, sia scritto che la Germania ha bisogne di «riforme fondamentali». L’effetto-Lafontaine sulla politica tedesca è arrivato a contagiare dunque anche la Cdu. Lafontaine è piombato come un peso massimo sull’asse della politica tedesca in equilibrio tra destra e sinistra, spostandone il baricentro verso la sinistra. Nel suo discorso Merkel, pur di schiacciare l’Spd a sinistra, ha denunciato gli altissimi guadagni di manager, come testimonianza di una sperequazione dei redditi che attira le critiche della grande maggioranza dei cittadini: «Quando il fallimento dei vertici aziendali viene ricoperto d’oro con cifre fantastiche, si affossa la fiducia nell’equilibrio sociale del nostro paese». La Cdu ha presentato l’atteso programma fondamentale di partito con la nuova etichetta di «Partito popolare del Centro». Si tratta della terza definizione della Cdu dopo quelle del ’78 e del ’94. Dalle linee del programma, che ha la stravagante ambizione di durare vent’anni, il profilo è quello del partito conservatore che difende la «cultura guida» della società tedesca. Sono invece abbandonati diversi riferimenti della tradizione confessionale, a cominciare dalla definizione di famiglia. Mentre si torna a puntare sull’energia nucleare, abbandonata dal governo rosso-verde di Schroeder. Nel programma economico figurano vaghi progetti di privatizzazione, ma ben più precisi piani di «protezione del capitale tedesco». Non compaiono radicali mutamenti del sistema di sicurezza sociale e il problema della sperequazione dei redditi viene affrontato con un antico cavallo di battaglia della Cdu: la premialità del lavoro attraverso la partecipazione al capitale d’impresa. Nel programma viene richiesta una «economia sociale di mercato internazionale» che consenta di dare una cornice ordinata alla globalizzazione con «una regolazione intelligente e standard sociali globali». La tentazione del protezionismo si fa sentire nel programma di politica industriale, esposto ieri al congresso, che prevede l’introduzione di sostanziali ostacoli agli investitori pubblici extraeuropei, che vogliono assumere il controllo delle imprese tedesche. La Cdu propone al governo di adottare un diritto di veto all’ingresso dei fondi statali stranieri in imprese tedesche con quote di almeno il 25% del capitale. I settori interessati verrebbero concordati insieme alle associazioni industriali con il paravento della «protezione della sicurezza pubblica» o «delle infrastrutture strategiche». L’obiettivo della Cdu è di adottare una norma uniforme in tutta l’Unione europea. CARLO BASTASIN