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 2007  dicembre 05 Mercoledì calendario

3 ARTICOLI:


Sì a espulsioni più facili. La Stampa 5 Dicembre 2007. ROMA. Smussare ma non troppo, usare il pugno duro ma con moderazione. Difficile impresa quella del ministro dell’Interno Giuliano Amato, impegnato ieri in Senato a rendere il decreto legge sulle espulsioni degli immigrati comunitari accettabile sia per la sinistra sia per i «ribelli» centristi, da Lamberto Dini a Willer Bordon. «Un decreto - ha spiegato Amato - che colpisce quei cittadini comunitari che non lavorano ma hanno la Mercedes, e che è nato per evitare una reazione xenofoba che investiva la comunità europea dopo l’uccisione di Giovanna Reggiani». E il responsabile del Viminale ne ha riferito al premier, ieri sera, in una cena a Palazzo Chigi che Amato e Prodi definiscono come «prevista da tempo».
Il governo, dopo aver recepito i correttivi di Rifondazione Comunista, ha apportato altre modifiche che sembrano in qualche modo ispirarsi ad alcuni emendamenti del centrodestra, condivisi dai liberaldemocratici di Dini e dai senatori Bordon e Manzione. Con il consenso della maggioranza sono passati pure tre ordini del giorno del centrodestra: quelli del leghista Calderoli sulle risorse finanziarie per le attività delle forze dell’ordine, di Antonio Del Pennino (repubblicani-Fi) sulla possibilità per il cittadino comunitario condannato di espiare la pena nel Paese d’origine nel caso ammetta il reato, e del centrodestra che impegna il governo a promuovere in sede europea una normativa che consenta di determinare con certezza la data d’ingresso dell’immigrato in un Paese dell’Unione.
Ma la vera novità sta nelle ulteriori modifiche del dl che sarà votato oggi, con esito incerto. La prima riguarda il limite dei tre mesi di permanenza in Italia imposto al cittadino comunitario privo di mezzi di sussistenza per sè e la famiglia. Come accertare se sia stato superato, quel periodo, visto che nessuna direttiva europea obbliga l’immigrato a registrarsi all’ingresso in un Paese dell’Unione? Se An chiede la registrazione obbligatoria, il governo presenta un emendamento che sa di mediazione: «In ragione della prevista durata del suo soggiorno, il cittadino dell’Unione può presentarsi a un ufficio di polizia per dichiarare la propria presenza... In caso contrario si presume, salvo prova contraria, che il soggiorno si sia protratto da oltre tre mesi». In altri termini, sarà l’immigrato che per qualche motivo è oggetto di accertamenti a dover dimostrare di trovarsi in Italia da meno di 90 giorni.
Si allunga anche la durata del divieto di reingresso nel Paese: 10 anni invece che 3, se il provvedimento è per motivi di ordine pubblico; 5 anni e non più 3, se l’espulsione è stata decretata per problemi di pubblica sicurezza. L’allontanamento, inoltre, potrà essere adottato «tenendo conto anche delle segnalazioni motivate del sindaco» del Comune in cui l’immigrato soggiorna. Un altro emendamento riformula con maggiore precisione i motivi di pubblica sicurezza che consentono al prefetto di decretare l’allontanamento. E’ quanto avevano chiesto i senatori della sinistra.
Si ricompatterà la maggioranza sul decreto? Fonti vicine al ministro Amato sostengono di sì, anche se il senatore Bordon non nasconde di avere ancora riserve su alcuni punti del dl. L’ottimismo del governo sembra però un po’ più rafforzato da una dichiarazione fatta ieri dal diniano Giuseppe Scalera, che sostanzialmente ha annunciato il voto favorevole dei liberaldemocratici.
Sembrano meno bellicosi anche i senatori della sinistra, nonostante un piccolo incidente di percorso che ieri mattina ha tenuto per un po’ la maggioranza con il fiato sospeso. Paola Binetti, senatrice teodem del Pd, avrebbe infatti espresso critiche all’emendamento proposto dalla sinistra sulle pene da infliggere contro «chiunque compia atti di discriminazione razziale, etnica, religiosa o fondati sull’orientamento sessuale». Alla Binetti quelle ultime due parole, «orientamento sessuale», non sarebbero piaciute affatto.
FULVIO MILONE


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Treviso, attacco choc della Lega ”Metodi nazisti per gli immigrati”. La Stampa 5 Dicembre 2007. TREVISO. Il consigliere comunale con la passione per il rally e il fazzoletto verde nel taschino, docente di professione, ingrana la marcia e supera tutti: macché Massimo Bitonci, che a Cittadella vuole il reddito garantito per gli stranieri che ambiscono alla residenza; macché Luca Claudio, che a Montegrotto Terme, sempre provincia di Padova, invita i concittadini a emigrare altrove perché la loro terra è ormai irrimediabilmente guastata dallo straniero. Il consigliere Giorgio Bettio, dagli scranni del Palazzo dei Trecento a Treviso dove ha vissuto fino a oggi in modo piuttosto oscuro la sua avventura politica, ha trovato la soluzione e la urla in piena seduta: «Con gli immigrati dobbiamo usare lo stesso metodo delle SS, punirne dieci per ogni torto fatto a un nostro cittadino». Accade lunedì, quando è ormai sera tarda e in consiglio comunale la soglia dell’attenzione è già scemata; talmente scemata che nessuno batte ciglio. Solo il sindaco Gian Paolo Gobbo, leghista già firmatario dell’ordinanza Bitonci, annuisce.
Confuso il pretesto che muove il vendicativo Bettio: una cosa da assemblea condominiale più che da consiglio comunale, perché pare che il cittadino che ha subito «il torto» lo abbia patito sulle scale del palazzo dove abita. «Non è possibile che gli immigrati vengano a vivere nei nostri condomini - protesta Bettio - e poi si comportino da ras del quartiere». Da qui l’idea di andare a ripescare nella storia quel che la storia dovrebbe aver insegnato a cancellare per sempre: punirne dieci per ogni torto subito.
L’onda lunga della notizia arriva a Roma, e quel «come i nazisti» non può passare sotto silenzio. In serata arrivano le reazioni ed è condanna unanime. Il vice presidente della Camera Pierluigi Castagnetti, del Pd, invita i vertici della Lega a condannare le affermazioni di Bettio, poiché’ «alimentare odio e disprezzo è ginnastica fin troppo facile ma sempre irresponsabile». Per il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero, «la Lega ha detto finalmente quello che davvero pensa, gli immigrati sono il capro espiatorio sociale su cui far cadere i problemi di un’epoca, così come è stato per gli ebrei da parte dei nazisti». Per la senatrice, ed ex partigiana, Lidia Menapace sono «parole agghiaccianti».
Dalla Lega stigmatizzano: per il segretario piemontese Roberto Cota sono «frasi un po’ forzate», dovute «all’esasperazione che ci sta dietro», mentre l’eurodeputato Mario Borghezio sia augura sia «solo una battuta, altrimenti sarebbe un’espressione inaccettabile».
ANNA SANDRI


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Ronde, anatemi e sparate a Nord-Est è un contagio. La Stampa 5 Dicembre 2007. Padova. Si può partire da Mogliano, che sta sul Terraglio, lo stradone da Mestre a Treviso, dove il sindaco leghista ha messo in mezzo ai cartelli della segnaletica stradale il disegnino che dovrebbe rappresentare una peripatetica, insomma «pericolo puttane». Magari pure lì si muoverà qualche magistrato e si aprirà una bella inchiesta: contro il sindaco, ovviamente. E si può continuare, sorvolando sulle ultime boiate di un consigliere leghista di Treviso, dove il prosecco abbonda, con la Provincia di Padova che sta per chiedere la revisione del Trattato di Schengen. O sui vigili di cinque paesoni della Bassa che diventeranno vigilantes.
Non è successo niente, ma a mettere assieme ordinanze, proposte e cronache dal Nord-Est pare sia successo di tutto. Un sindaco, quello di Teolo, Lino Ravazzolo, An, ha deciso di consegnare il decreto di concessione della cittadinanza italiana a sua discrezione: «Non me la sento di concedere la cittadinanza a chi non riesce a pronunciare correttamente in italiano il giuramento sulla nostra bandiera». Dice che la sua «è una questione di principio». Potrebbe, più semplicemente, citare la Svizzera, dove per ottenere la cittadinanza è obbligatorio - domandare a Mina - superare un esame di storia e cultura dei Quattro Cantoni.
C’è una strana frenesia da Verona a Rovigo. Su «Il Corriere del Veneto» il filosofo Umberto Curi l’ha definita «La grottesca corsa a spararla più grossa». Forse sono le elezioni amministrative in arrivo, fissate a primavera. Forse, nel Veneto delle partite Iva e delle giunte tutte (o quasi) di centrodestra, sono gli effetti del malessere nella CdL. Ma la corsa, o la rincorsa, si sente, si vede e si legge. Da Noventa Padovana: «Nel 2007 su 220 nuovi residenti 180 sono stranieri, il 75% non parla italiano». Il «Gazzettino» aggiunge un titolo da un paese che si chiama Rubano: «Le anatre del laghetto Bosco fanno gola agli extracomunitari». Le mangiano.
Se è una corsa il primo a partire è stato Massimo Bitonci, 42 anni, commercialista, rugbista, maratoneta e sindaco leghista di Cittadella. Dietro di lui, il gruppone dei sindaci. Quello di Montegrotto, Luca Claudio, leghista, che mette sul display del Comune la scritta «Vivrete meglio da immigrati in un’altro Paese che da cittadini nel vostro Paese!», e però scivola su quell’apostrofo di troppo. Quella di Romano d’Ezzelino, Rossella Olivo, Forza Italia, che nega agli extracomunitari le borse di studio, e la delibera l’ha scritta l’assessore Michele Sella, insegnante di catechismo in parrocchia. Avanti i prossimi.
Nella sua maratona il sindaco Bitonci continua a tenere la testa. Oggi sarà perfino a Roma, in Senato, presente tra il pubblico quando il capogruppo Roberto Castelli prenderà la parola nel dibattito sul decreto sicurezza. Il testimonial dei sindaci fai da te, dell’arte veneta di arrangiarsi tra leggi e regolamenti, codici e ordinanze. A Cittadella, il suo paese, niente case agli extracomunitari con reddito inferiore ai cinquemila euro all’anno, e pazienza se la Procura della Repubblica di Padova l’ha messo sotto accusa. E’ una medaglia, per il maratoneta. E le tv della chiacchiera ora se lo litigano.
«In Veneto almeno 50 sindaci hanno già annunciato che adotteranno la mia ordinanza - dice -. In Provincia di Milano stanno raccogliendo le adesioni. Qualcosa di grosso si sta muovendo, finalmente. Però bisogna stare attenti a non sbagliare». Ecco, a non spararla sempre più grossa. Come a Belluno, dove il vicesindaco leghista è stato dimissionato dal sindaco Antonio Prade, Forza Italia, «perché qui il problema non esiste». O come il sindaco di Romano d’Ezzelino: «Cosa c’entra? - dice Bitonci - Io le borse di studio agli immigrati caso mai le raddoppierei. Qui si parla di delinquenti, non di razza o religione».
Il rischio, e il sindaco commercialista ha già fatto i suoi conti, è proprio quello, il solito, l’accusa di razzismo. «Io sono stato attentissimo ad evitarlo, anche perché proprio non c’entra. E poi mica li scrivo io i giornali, mica sono io a mettere in fila le notizie che riguardano la nostra sicurezza, o meglio la nostra insicurezza». Bitonci è un leghista dai toni pacati e dalle parole dure: «Come sindaco debbo dire che siamo di fronte ad una sconfitta dello Stato. A Cittadella, per tutelare gli abitanti, abbiamo dovuto organizzare le ronde notturne con 50 volontari. E’ facile far la morale stando in tv o in qualche salotto di città».
Pagina del «Giornale di Vicenza», cronaca di Bassano del Grappa, quattro titoli: «Ottica Ponticello ancora svuotata. E’ il terzo assalto»; «Entrano in casa mentre tutti dormono»; «Rubati alla TecnoItalia computer e contante»; «Case e ditte nel mirino, i ladri si sono scatenati». Non si legge di extracomunitari, o clandestini, o romeni. Ma non importa, anche se non fosse vero la sicurezza e l’insicurezza ormai fanno rima con loro. «Cosa dobbiamo fare, cosa possiamo fare? - continua Bitonci - Arrangiarci da soli. Abbiamo avuto un incontro con il Prefetto di Padova e ci siamo sentiti dire "Prendetevi dei vigilantes"».
Il «Gazzettino» di Venezia comunica, nella pagina di Mestre, una novità. Nella zona del Cavalcavia, nel fine settimana, extracomunitari e clandestini vanno a dormire negli uffici. Un avvocato, passato dallo studio domenica mattina, ha trovato un’ucraina e uno slovacco. Però continua a colpire la «Banda del Cilindretto», anche se a Nunzio Tocchetto, il sindaco di Vigonza, è andata bene: si è svegliato quando la serratura è finita sul pavimento, sono scappati. Ultimissime dai sindaci: a Zanè, nel vicentino, Alberto Busin ha deciso di multare con 500 euro i mendicanti. Come Flavio Tosi, il sindaco leghista di Verona.
«E’ vero - conclude e parte per Roma Massimo Bitonci -. In questi giorni non è successo nulla di particolare, ma l’insicurezza è diventata insopportabile. Quando a Gorgo al Manticano, in agosto, un romeno e due albanesi hanno ammazzato i custodi di una villa, da Roma hanno mandato rinforzi per le Forze dell’ordine: passato un mese sono spariti. Invece, a Roma, un romeno uccide una signora e il governo fa il decreto d’urgenza. A Roma si fa in un modo e qui, nel Nord-Est che lavora, veniamo trattati in modo ben diverso. Dobbiamo arrangiarci da soli? Va bene, lo Stato non c’è e ai cittadini rispondiamo noi. Ma chissà stanotte cosa è successo...».
GIOVANNI CERRUTI