Varie, 5 dicembre 2007
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Vlasic Blanka
• Spalato (Croazia) 8 novembre 1983. Saltatrice in alto. Oro ai Mondiali di Osaka 2007 e Berlino 2009, argento a quelli di Daegu (2011) e alle Olimpiadi di Pechino (2008) • «[...] Quando la bulgara Stefka Kostadinova rullava sulla pista di decollo, Roma 30 agosto 1987, Blanka aveva appena quattro anni (“Infatti, anche per la vicinanza con l’Italia, ho sempre ammirato Sara Simeoni”), passava le giornate a bordo pista in adorazione del padre Josko, ex decathleta, e si rallegrava di non essere stata chiamata Casablanka in onore della città in cui papà si fece notare ai Giochi del Mediterraneo ’83. “Mi è andata bene perché la nonna si oppose con tutte le sue forze — racconta lei oggi spalancando due occhi verdi e trasparenti —. Da bambina odiavo il nome Blanka, avrei voluto essere un’Ana o una Maja qualunque. Oggi lo amo per le stesse ragioni per cui lo detestavo». Calza bene, in effetti, una kappa di 193 centimetri alla pennellona di Spalato che ha guardato la guerra alla tv (“Ricordo le sirene in piena notte, ma per fortuna non ho vissuto i bombardamenti”), predestinata all’atletica (“Ero sempre con mio padre, lo stadio mi ha fatto da babysitter”), disciplina tecnica e individuale (“Voglio vincere o perdere da sola”), primo salto e primo pianto a 13 anni (“Ero tesissima, saltai 20 cm sotto le mie possibilità, mi infilai in un cespuglio e mi disperai. Da allora, nulla è cambiato: se non do il meglio, è dramma! Saltare male, per me, è un lutto”), scrittrice di poesie, la donna nuova dell’atletica esplosa a Osaka per durare, orgoglio croato (“C’è ancora gente che mi chiede: ma dov’è sul mappamondo il tuo Paese? Sono fiera, attraverso lo sport, di farlo conoscere”) e radici profonde, che scendono giù attraversando il pallone (“Che gioia la Croazia che espugna Wembley eliminando l’Inghilterra dall’Europeo”) e il tennis, vedi alla voce Ivanisevic: “Goran che conquista Wimbledon è un ricordo ancora vivo, da noi. Ecco, io ho sempre sognato di scatenare nel pubblico le stesse emozioni”. La Blanka-dance, quell’adorabile balletto improvvisato in Giappone e scaricatissimo su Internet, è ormai, insieme alla classe di un fosbury armonico come pochi, il suo marchio di fabbrica: “Non amo le facce di pietra, le persone che si trattengono. A Osaka non mi bastava gridare: volevo danzare, perché la danza è gioia”. A Sydney 2000 era giovanissima (16 anni), ad Atene 2004 era malata [...]» (Gaia Piccardi, “Corriere della Sera” 5/12/2007).