Emiliano Guanella, La Stampa 4/12/2007, 4 dicembre 2007
Nemmeno il tifo sfegatato di Luiz Inacio Lula da Silva è servito per evitare al Corinthians l’onta della retrocessione in serie B
Nemmeno il tifo sfegatato di Luiz Inacio Lula da Silva è servito per evitare al Corinthians l’onta della retrocessione in serie B. Il presidente brasiliano era andato a votare domenica nelle elezioni interne del suo Partito dei Lavoratori con una casacca bianconera, i colori del Timao, lo «squadrone» che è secondo per numero di tifosi, tentatre milioni contro quarantacinque, dietro al Flamengo. Terz’ultimi nella classifica del «Brasilerao» i paulisti sono andati a giocare a Porto Alegre contro il Gremio con la vittoria come unico risultato utile. Il pareggio uno a uno al termine di una partita tesa e bruttina li ha catapultati verso il temutissimo «rebaixamento», per la prima volta in quasi cent’anni di storia. Un tonfo clamoroso alla fine di una stagione pessima dal punto di vista tecnico ma che arriva dopo una gestione amministrativa disastrosa da parte del presidente dimissionato Alberto Dualib, invischiato in una relazione di affari e bustarelle con la MSI di Kia Joorabchian, emissario sudamericano del boss russo Abramovich. Tanti soldi spesi per acquisti pesanti come gli argentini Carlos Tevez e Javier Mascherano, bilanci allegri e un buco di cento milioni di reais, oltre trenta milioni di euro in cassa. L’ennesimo capitolo nelle non sempre trasparenti vendite di giocatori sudamericani ai club europei e sul quale si è mossa la magistratura brasiliana, mentre la creazione di una commissione di un’indagine parlamentare ad hoc veniva frenata prudenzialmente per non irritare i vertici Fifa in concomitanza con l’assegnazione dei mondiali 2014 al Brasile. Giochi di potere estranei ai ragazzi allenati dal tecnico Nelsinho Baptista, costretti a scappare di nascosto dalla folla di tifosi inferocita a Porto Alegre prima e a San Paolo poi. «Il Corinthians è del popolo», è la frase che usano gli appassionati del club, ricordando le origini umili e il seguito straordinario tra i moltissimi immigrati del Nordest che dagli anni Sessanta in poi si sono spostati nella metropoli che cresceva a dismisura, spinta dallo sviluppo industriale, fino ad arrivare ai 18 milioni di abitanti di oggi. Figli del Brasile povero, come Lula da Silva, che sceglievano il «Timao» in contrapposizione alla Palestra Italia, poi Palmeiras, il club degli italiani o il più snob Sao Paolo Futebol Club. Una storia che inizia nel 1910, i fondatori sono cinque operai, e che ha portato quattro scudetti, l’ultimo due anni fa, un mondiale per club (2000) e ben 25 campionati dello Stato di San Paolo, spesso più sentiti del titolo nazionale. Furono proprio i giocatori del Corinthians, agli inizi degli Anni ”80, in piena dittatura militare, a marcare un pezzo di storia del Brasile con la stagione della «democrazia corinthiana»: guidati dal tecnico Atilson Montero Alves e dal grande Socrates presero in autogestione la società, decidendo in assemblea premi, trasferte e calendari. Divennero testimonial amatissimi della lotta per la fine del regime e l’apertura a libere elezioni. In maglia bianconera sono passati campioni come Casagrande, Luizinho, Rivelinho, Ronaldo Soares, Gilmar, Dida. Nel 2008 sarà serie B, massacrante per le lunghe distanze da percorrere, spesso i autobus verso città che non hanno nemmeno un aeroporto. Competizione tosta dove sono già passate altre grandi come il Palmeiras, il Botafogo e il Gremio. I dirigenti del Flamengo hanno espresso la loro solidarietà al club. «Nello sport si vince e si perde. Siamo vicini a quello che rimarrà sempre una grande società. Nei momenti difficili si vedono gli amici». A Brasilia Lula si è intristito molto ma ha subito promesso, da tifoso doc, che farà di tutto per seguire il club anche nella seconda divisione. Stampa Articolo