Hugo Dixon, la Repubblica 4/12/2007, 4 dicembre 2007
Per Hillary Clinton non sarà facile centrare entrambi gli obiettivi di diventare presidente degli Stati Uniti e di risollevare l´economia di un paese in cui i voti si ottengono assumendo atteggiamenti xenofobici, particolarmente nelle regioni centrali in cui la candidata democratica non è molto popolare
Per Hillary Clinton non sarà facile centrare entrambi gli obiettivi di diventare presidente degli Stati Uniti e di risollevare l´economia di un paese in cui i voti si ottengono assumendo atteggiamenti xenofobici, particolarmente nelle regioni centrali in cui la candidata democratica non è molto popolare. Non stupisce quindi l´intervista in cui la Clinton cita l´economista Paul Samuelson criticando la teoria secondo la quale il libero scambio sarebbe sempre vantaggioso per tutti e affermando che è ora di rivedere i trattati commerciali e di essere "vigilanti" con i fondi d´investimento esteri. Ma gli Stati Uniti non sono una nazione bisognosa di protezionismo, bensì un paese ricco con un passivo commerciale pari a un terzo della produzione industriale. Con un tasso di risparmio nazionale intorno allo zero, il ritorno al protezionismo potrebbe quindi finire per favorire il mantenimento delle cattive abitudini anziché il loro miglioramento. Per quanto riguarda i fondi d´investimento esteri, la liquidità che controllano è stata creata dal deficit commerciale degli Usa, che hanno bisogno di circa 750 miliardi di investimenti esteri all´anno per compensare il passivo. Se gli stranieri vogliono essere pagati in azioni anziché in buoni del tesoro, gli Stati Uniti non possono lamentarsi. Sarebbe stato più logico impedire la dilatazione del debito estero, ma ora gli USA dipendono troppo dal resto del mondo per voltargli le spalle. Eventuali provvedimenti restrittivi debiliterebbero ancora di più il dollaro già malconcio e impedirebbero al paese di usufruire dei prodotti d´importazione. una posizione difficile per qualsiasi presidente; se Hillary sarà eletta, dovrà capire che, data la situazione, dovrà abbassare le pretese. Edward Hadas [banche ai minimi] I titoli bancari quest´anno sono crollati, in un clima che vede alcune banche, come JPMorgan e Wachovia, essere scambiate appena al di sopra del valore di carico, e altre, come National City Corp e Regions Financial, appena al di sotto di questo valore. Nonostante il recupero degli ultimi giorni, un coinvolgimento degli investitori potrebbe essere prematuro. Certo, nessuno vuole essere tagliato fuori da un eventuale rimbalzo, considerando che, di norma, a fissare la base di partenza del valore di mercato della ripresa è proprio il valore di carico delle società finanziarie. Va detto però che le svalutazioni legate ai mutui subprime e alle obbligazioni garantite hanno eroso i valori di carico, che appaiono ancora vulnerabili, in parte a seguito del perdurare dei declassamenti dei rating creditizi. Alcuni gruppi, tra cui Citigroup e Freddie Mac, sono stati costretti a reperire nuovi capitali. Una dinamica che fa eco ai più gravi problemi che caratterizzarono i primi anni ´90. vero che a differenza di allora questa volta soltanto le società che si trovano nell´occhio del ciclone dei subprime, sembrano destinate a forti sconti rispetto al valore di carico, ma è altrettanto vero che i primi sintomi del collasso creditizio iniziano a manifestarsi anche in altri comparti, come i finanziamenti auto e le carte di credito. Sebbene l´economia europea appaia solida, questi segnali stanno alimentando il timore di una recessione negli Usa. Un ulteriore rallentamento dell´economia potrebbe penalizzare i titoli bancari. Alcuni operatori sono meglio attrezzati di altri, grazie alla presenza di solidi ammortizzatori in termini di capitale, ma in un contesto bancario che non ha ancora toccato il fondo nessuno è al sicuro.